Natalia Maramotti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2006
La separazione personale tra coniugi è un istituto previsto dal codice civile, prodotto dalla Riforma del Diritto di Famiglia. Attraverso la separazione si determina la sospensione di taluni doveri nascenti dal matrimonio, quali l’obbligo di fedeltà , collaborazione e coabitazione. Al contrario rimangono fermi i doveri di assistenza materiale e di rispetto reciproco.
La separazione può essere consensuale o giudiziale, a seconda che esista o meno l’accordo tra i coniugi, non solo sul fatto di separarsi, ma anche sulle modalità della separazione.
In tutti e due i casi i coniugi che intendono separarsi devono rivolgersi al Giudice per ottenere, nel caso della separazione consensuale, la sua omologazione con decreto, nel caso della separazione giudiziale la sua pronuncia con sentenza.
A seguito della Riforma del diritto di famiglia presupposto per arrivare alla separazione giudiziale, ossia quella che prescinde dalla volontà di uno dei coniugi, è semplicemente il verificarsi di fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave danno ai figli.
E’ dunque vero che la colpa non costituisce più un presupposto per arrivare alla separazione giudiziale tuttavia può servire da presupposto rilevante per il c.d. giudizio di addebito della separazione stessa.
Il giudice, quindi, quando uno dei due coniugi ne fa richiesta può, nel pronunciare la separazione, dichiarare che questa è addebitabile a quello tra i due che ha violato i doveri del matrimonio elencati dal codice civile. Ma a chi giova? Ebbene l’addebitabilità della separazione ha come conseguenza l’obbligo del coniuge, al quale la separazione è stata addebitata, di mantenere l’altro. Il c.d. “tradimento” non è però di per se sufficiente a determinare l’addebito.
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