Sono già parecchi, e preoccupanti, i segnali della volontà politica di introdurre una cultura militare nelle scuole. Cosa ne pensa il corpo insegnanti?
Il quotidiano Domani nella pagina di analisi (19 maggio 25) ha dato notizia dell’esercitazione militare europea Italian Rais Commando, che simula la risposta italiana a un attacco armato sulle colline della Brianza, tra i boschi della valle del Lambro. Si temono danni ambientali, dato che saranno sul campo mortai, carri armati, elicotteri, armi di assalto; ma la ragione della contestazione è la voce del collocamento della base logistica in una scuola e della presenza in piazza a Monza degli studenti per la conclusione dell’operazione. Compromesso anche il Ministero dell’Istruzione, che non da ora tacitamente promuove l’intrusione della cultura militare nelle scuole. Non si tratta della vecchia circolare che commemorava il 4 novembre celebrativo di una “vittoria” così poco vittoriosa da aver prodotto la crisi che portò al fascismo. Infatti Domani citava il clamoroso Osservatorio contro la militarizzazione nelle scuole e delle università che da qualche anno denuncia la casistica. Il quotidiano Avvenire (3 gennaio 2025) evidenziava le ultime denunce: “Un’intera scolaresca in caserma per una lezione di combattimento corpo a corpo. È uno degli ultimi casi, capitato a Brindisi a inizio dicembre.... Poche settimane dopo, appena prima del fermo natalizio una dirigente scolastica della provincia di Siracusa ha firmato una convenzione per permettere agli studenti del proprio Istituto superiore di svolgere i Pcto, l’ex alternanza scuola-lavoro, presso l’arsenale militare marittimo di Augusta. E ancora: a Messina tre foto di militari in assetto da guerra, equipaggiati con divise mimetiche, caschi e armi sono state trovate persino nella brochure pubblicitaria dell’istituto”. L’Osservatorio informa collezionando testimonianze che mostrano la rafforzata volontà di incentivare nei bambini e nelle bambine - i futuri cittadini - la suggestione delle armi e degli eserciti. sceglieranno la professione militare o l’attività lavorativa in Leonardo?
E’ importante che il paese abbia, secondo il dettato costituzionale, gli impiegati dello Stato che operano nella Difesa, come gli insegnanti nella scuola. Anche la sinistra ha sempre privilegiato l’importanza delle FFAA e tutti condividiamo l’empatia dell’inno nazionale. Tuttavia,oggi, portare il mestiere delle armi nella scuola, NO.
A ricordare la necessità della difesa bastano la squadriglia tricolore e perfino la parata del 2 giugno. Tuttavia viviamo costantemente la presenza degli orrori della guerre e, contestualmente, ci inquietano i casi sempre più frequenti di instabilità reattiva e di violenza nei giovani: la realtà chiede piuttosto alla scuola una pedagogia della nonviolenza.
Purtroppo il governo non rassicura: se Ignazio La Russa, basta guardarlo, manifesta militarismo solo virtuale perché si ricorda di essere la seconda carica dello Stato; ma Salvini ha depositato alla Camera un progetto che prevede sei mesi di leva obbligatoria, anche civile, per i/le ragazzi/e dai 18 ai 26 anni. D’altra parte i tentativi del governo di ricorrere alla disciplina repressiva a tutela dell’ordine pubblico nei rave e nei cortei di protesta, corrispondono alla anche non esplicita cooperazione tra i ministeri della scuola e dell’esercito. Né rassicura l’accordo di Valditara con il Ministro degli Interni per promuovere “la cultura della legalità”. Certo c’è il Siulp, che è un sindacato di polizia molto affidabile, ma non tutti i poliziotti sono esempi di democrazia.
Comunque, per entrare nelle scuole occorre che l’ufficio scolastico regionale (ma anche Comuni, Regioni e Ministeri) controlli la regolarità istituzionale degli interventi estranei.
Soprattutto:che cosa dice la scuola, che cosa dicono gli insegnanti?
Lascia un Commento