Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007
Che occorra una scuola nuova a fronte di una realtà complessa, è opinione sentita dal 35% di coloro che hanno risposto al sondaggio del mese. Ma forse più che in ogni altra occasione, prevale il pessimismo: il livello in generale è peggiorato (23%) o, se è rimasta sempre la stessa, la qualità è dovuta ad insegnanti capaci e volenterosi (19%).
Le scuole non sono tutte uguali, la percezione dei miglioramenti o dei peggioramenti talvolta dipende dalla posizione geografica, dalle disponibilità economiche, dalla qualità del personale insegnante e delle collaboratrici o collaboratori scolastici: “vedo le cose da dentro …ci sono scuole di eccellenza nelle quali si sperimenta, ed i genitori sono collaborativi anche dal punto di vista economico”, mentre altrove, dove le possibilità sono inferiori il tutto “si basa sulla buona volontà degli insegnanti”.
“Si parla di autonomia. Ma che autonomia potrà mai esserci se non ci sono i fondi? Quei pochi che ci sono finiscono sempre nelle stesse tasche .. e se non ci fossero quegli insegnanti volenterosi.. e poi dicono che non abbiamo voglia di lavorare!”.
La scuola è migliorata, affermano diverse risposte: nel “rapporto strutture/alunni e docenti/alunni” e nell’offerta di “figure docenti” nuove e in una “distribuzione più equa delle risorse disponibili tra nord-centro-sud”; presenta un maggior “collegamento tra offerta formativa e mercato del lavoro”, una crescente “attenzione alle problematiche individuali” ed “una maggiore democrazia”. Accoglie meglio e più professionalmente studenti e studentesse, si presta “alla sperimentazione e al lavoro di gruppo”, offre “attività formative complementari”, “l’inglese e l’informatica”.
Ma in prevalenza emergono critiche, sintesi di esperienze diverse come studente o studentessa, come genitore, come docente. “Si è perso il senso della scuola come luogo di cultura” ed è diventato “il luogo di ritrovo per bighellonare”. Quello che manca è “il rispetto degli studenti verso i docenti” e questi ultimi sono spesso schiacciati dal rapporto con genitori “poco obiettivi nel riconoscere gli errori dei propri figli”. Cosa dire poi degli insegnanti “demotivati e poco inclini a farsi rispettare” tanto da “annullare l’autorevolezza” delle figure professionali operanti in tale contesto.
“L’organizzazione è traballante” con “costi elevati, e la possibilità di andare avanti solo per pochi”, “strutture ormai vecchie e metodi di insegnamento sorpassati”. Siamo di fronte ad “un livellamento verso il basso” affermano alcune risposte, la scuola “non è in grado di far passare il messaggio. che non è solo un dovere, bensì una opportunità per crescere e maturare culturalmente e personalmente”.
Dei docenti si teme la scarsa “preparazione dal punto di vista linguistico e pedagogico”, o in “ambito civico” ; poco motivati a superare le proprie carenze, anche a causa delle scarse o inesistenti occasioni di aggiornamento sia in termini di contenuti professionali che metodologici. Si critica altresì la “sostanziale incoerenza dei metodi di valutazione degli studenti e delle studentesse, ridotte a mere formule incomprensibili alle famiglie, che non consentono scelte consapevoli tali da valorizzare capacità e attitudini” ed una “qualità dell’impegno scolastico finalizzata unicamente al conseguimento di un titolo di studio/lasciapassare al livello successivo”.
E la famiglia “troppo spesso opera ingerenze nella didattica, per eccesso di zelo genitoriale per compensare sensi di colpa per il tempo destinato altrove”; o semplicemente perchè si paga (tasse o retta).
E per migliorare la scuola occorre: il rinnovamento dei programmi “anche con una maggiore attenzione al Novecento e alla cultura civica” e “all’integrazione degli studenti stranieri”, produrre linee di indirizzo omogenee per insegnamento, ridurre il precariato e (diverse risposte lo indicano) introdurre regole un “pochino più rigide (senza eccedere) per quanto riguarda l’educazione dei ragazzi e delle ragazze”. E soprattutto: “più ragionevolezza da parte di tutti: famiglie e insegnanti” e “studiare, studiare, studiare tutti, docenti compresi”.
“Andare avanti, progredire vuol dire educare, condurre fuori dall’ignoranza i giovani. Ciò richiede impegno da parte di tutto il sistema. Non si possono chiedere miracoli solo ad insegnanti e famiglie. Occorre inventarsi orari nuovi, metodi e strumenti moderni di comunicazione dei contenuti, avere dirigenti con specifica preparazione, organizzazioni più flessibili, insegnanti qualificati, aiuti ai ragazzi più deboli, nuovi piani di studio, ambienti più accoglienti e meglio strutturati e, da ultimo ma non meno importanti, controlli più efficaci nei confronti delle inefficienze e degli sprechi”.
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