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La scomparsa di un disegno di legge

La scomparsa di un disegno di legge

Prostituzione /1 - Storia molto seria di un provvedimento scomodo tra ordine pubblico e lettura globale dei fenomeni; anche sulla prostituzione va di scena l'incomunicabilità

Angelucci Nadia Lunedi, 19/10/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2009

Annunciata con le fanfare nel settembre dello scorso anno, accompagnata da commenti della stessa Ministra Carfagna che ha definito il suo disegno di legge, "Misure contro la prostituzione", come "uno schiaffo durissimo per togliere linfa al mercato della prostituzione", il provvedimento è stato però una delle prime vittime dei comportamenti 'allegri' del Presidente del Consiglio.

L'ultima notizia certa sul ddl n.° 1079 è del 13 maggio 2009 quando, in Commissioni riunite Affari Costituzioni e Giustizia, è stato calendarizzato per l'ultima volta; testimone il resoconto parlamentare in cui appaiono le parole del Presidente Vizzini che dichiara che il "disegno di legge n. 1079, in materia di prostituzione, sarà esaminato, eventualmente, nella seduta di giovedì 21".

A fine maggio scoppia però il caso "Noemi" e a giugno il ciclone Patrizia D'Addario investe il premier; la coniazione dell'espressione 'utilizzatore finale' da parte del fido avvocato Niccolò Ghedini fa il resto. Deve essere sembrato perlomeno poco opportuno, alla maggioranza, proseguire con la discussione di un disegno di legge che criminalizza la prostituzione: prostitute e clienti. Così la discussione in Senato si blocca e la proposta di legge finisce nei meandri del lavoro parlamentare, rinviata probabilmente ad ottobre, a quando la situazione lo permetterà.

Eppure fino a quel momento era stata battaglia dura tra chi, come la maggioranza e la Ministra in testa, considerano la prostituzione un problema di ordine pubblico e dicono di voler combattere gli sfruttatori, e le associazioni, sostenute dall'opposizione, che, volendo combattere sfruttamento e tratta, cercano di dare una lettura del fenomeno a partire dai contesti economici e sociali. Due strategie agli antipodi.

L'attenzione di chi ha criticato l'impostazione proibizionista della Ministra si è focalizzata soprattutto sulla criminalizzazione della prostituta e del cliente (introduzione del reato di esercizio della prostituzione in luoghi pubblici, punibile con l’arresto da cinque a quindici giorni e con una multa da 200 a 3.000 euro, stessa pena prevista per il cliente) e sul rimpatrio forzato dei minori non accompagnati. L'ASGI - Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione - rileva infatti che, se si pone come obiettivo della normativa la lotta alla tratta, la criminalizzazione dell'esercizio della prostituzione in luogo pubblico e di chi ne usufruisce finirà per vanificare proprio la battaglia contro lo sfruttamento. Infatti lo spostamento delle persone che si prostituiscono in luoghi chiusi renderebbe molto più complicato, se non impossibile, l'identificazione delle vittime e il lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura. Sullo stesso tema un documento promosso da enti no profit che lavorano sul campo, e firmato anche da numerosi enti locali, sindacati, direzioni sanitarie, mette in evidenza come vietare la prostituzione in strada e prevedere interventi meramente repressivi nei confronti del fenomeno e dell'immigrazione irregolare sia inefficace, controproducente e rischioso e afferma che il tema dovrebbe essere affrontato in maniera globale mettendo insieme cittadini, istituzioni, associazioni, rappresentanti delle prostitute, unità di strada.

Per quanto riguarda il rimpatrio dei minori poi, ASGI ricorda che una serie di Convenzioni e Accordi sottoscritti in sede internazionale dal nostro paese ci obbliga a tenere in considerazione il 'superiore interesse' del minore; pertanto lo stesso dovrebbe essere rimpatriato solo dopo un'accurata indagine e in modo assistito così da garantirne l'incolumità e il benessere.

Intanto, malgrado il ddl sia fermo, le associazioni denunciano che in virtù dei poteri attribuiti ai sindaci dal 'pacchetto sicurezza' in molte città italiane si è assistito ad una proliferazione di ordinanze contro la prostituzione di strada e hanno deciso di realizzare un monitoraggio che è stato presentato a luglio. Si tratta di una ricognizione fatta dalle Unità di Strada attraverso un questionario, dall'estate 2008 alla primavera 2009. L’effetto predominante delle ordinanze sembra essere stato quello di spostare il fenomeno da un luogo all’altro, a seconda di come vengono effettuati i controlli sulle strade, alla ricerca di aree meno controllate e quindi in qualche modo anche meno sicure. In molti casi poi, la presenza di prostitute non è affatto diminuita, come auspicato nelle ordinanze, e in alcune circostanze, come la prostituzione indoor, è addirittura aumentata. Il fenomeno dello spostamento nelle zone più nascoste ha generato una concentrazione di donne nella stessa area aumentando la concorrenza e riducendo la capacità di contrattazione delle ragazze con i clienti; tale atteggiamento rappresenta un rischio per la salute pubblica in quanto spinge molte ragazze a non rispettare le più elementari norme di protezione durante i rapporti. Altro elemento di forte preoccupazione per gli operatori del settore è, infine, rappresentato dal forte turn-over di donne e al conseguente arrivo nei territori di ragazze molto giovani appena giunte dai paesi di origine con livelli di istruzioni bassi, scarsa conoscenza della lingua italiana e quindi con un alto grado di dipendenza dai loro sfruttatori. Le associazioni hanno altresì denunciato di aver inviato documenti e ricerche, proposte e direzioni di lavoro ma di non essere state ascoltate.

Non c'è niente da fare: come abbiamo già potuto sperimentare su altri temi, l'incomunicabilità tra i due schieramenti è quella tra due modelli di pensiero: tra chi, assistendo alla fine del mondo, ravvisa la necessità di interrogarsi sulle cause e di mettersi in gioco e chi sente il bisogno di spostare il più velocemente possibile i detriti per poter salire sulla sua Smart e recarsi all'happy hour.

Resta da augurarsi che la momentanea eclissi del ddl Carfagna, e le contraddizioni emerse sul tema prostituzione, servano a ricondurre i protagonisti a convergere, finalmente, su una mediazione che possa soddisfare almeno parte delle ragioni di tutti/e e ciascuno/a.



I DATI

Secondo un'indagine della Commissione Affari sociali della Camera del 2003, le prostitute sarebbero in Italia dalle 50.000 alle 70.000. Almeno 25.000 immigrate, 2.000 minorenni e più di 2.000 le donne e le ragazze ridotte in schiavitù. Il 94,2% delle prostitute sono donne, il 5% transessuali e lo 0,8% travestiti.



LA PROSTITUZIONE NEGLI ALTRI PAESI

Olanda. E’ legale dal 1815. Dal 2000 sono legali i locali dove esercitarla. Ci sono 11 zone speciali dove lavorare all’aperto ma non è permesso però lavorare fuori pena l’arresto. Le prostitute debbono pagare le tasse.

Belgio. E’ legale dal 1948 ma può essere perseguita se turba l’ordine pubblico. Punito lo sfruttamento. Generalmente esercitata in bar a luci rosse e case private. Le prostitute debbono essere in regola con il fisco come lavoratici autonome e godono di assistenza sociale.

Germania. E’ legale l’attività di circa 400.000 lavoratrici del sesso con garanzie assicurative per malattia, disoccupazione, pensione. Il favoreggiamento non è punibile - sempre che non vi sia sfruttamento - e l’attività dei locali ad hoc è considerata lecita.

Austria. E’ consentita nelle case chiuse ed è obbligatoria una registrazione di esercizio. E’ tollerata all’aperto in alcune aree urbane ed extra-urbane.

Svizzera. E’ legale; nel Cantone Ticino viene anche esercitata in bar-alberghi. La normativa prevede la patente per affittacamere e la registrazione.

Gran Bretagna. Non è illegale ma è vietato l’adescamento e lo sfruttamento. Il lavoro si svolge prevalentemente in locali e abitazioni private, ma anche in strada.

Spagna. Le case chiuse sono illegali dal 1956 anche se si sono trasformate in "club". Dal 1995 la legge non vieta la prostituzione, ma punisce chi ricatta e sfrutta le prostitute.

Francia. Le case di tolleranza sono state chiuse nel 1946 con la legge Marthe Richard che non considera reato la prostituzione in strada. Il meretricio viene definito come un’attività che viola la tranquillità e l’ordine pubblicò e si prevedono sanzioni contro l’adescamento e i clienti.

Grecia. Le prostitute debbono iscriversi in appositi registri e sottoporsi a visite mediche periodiche che autorizzano a svolgere il lavoro in veste quasi ufficiale.

Svezia. E’ uno dei Paesi europei più severi nei confronti del sesso a pagamento. Anche se non è considerato reato, una legge in vigore dal gennaio 1999 ha introdotto maniere forti nei confronti dei clienti. Se colti in flagrante rischiano da sei mesi a un anno di carcere. Non sono punibili le prostitute, ma è sanzionato l’adescamento.

Irlanda. E’ considerata un reato. Niente case chiuse e sono previste multe e l’arresto sia per le prostitute sia per i clienti.

Stati Uniti. Il Nevada è l'unico stato in cui, dal 1972, la prostituzione è legale: le case chiuse sono diffuse nella maggior parte delle contee.

Ungheria. E’ legale, ma sono vietate le case di tolleranza. Nel 2007 alcune prostitute hanno ottenuto lo status di “lavoratore autonomo”.

(19 ottobre 2009)

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