Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2007
Ci sono aspetti della cronaca che, abituati come siamo a “subire” piuttosto passivamente, tendiamo ad accettare come normali. Anche le donne faticano spesso ad esprimere il loro punto di vista, sarà perchè ci danno pochi spazi, che i pochi li danno a chi ha punti di vista asessuati, ma di “maistreaming di genere” nell’informazione ne vediamo piuttosto poco.
Come spiegarci altrimenti il successo mediatico delle neo-istituite “ruote dei trovatelli”?
Anzi, ricordo il gran parlare, tutto positivo, quando qualche direzione sanitaria di qualche ospedale comunicò con orgoglio di averle introdotte come fenomeno moderno per combattere gli infanticidi, o l’abbandono di neonati. Fenomeni questi, tristissimi, mai indagati nelle origini vere, e verso cui mai si è sentito parlare per prevenirli veramente. Invece, quando qualche settimana fa un bambino, per la prima volta, è stato depositato nella ruota dei trovatelli di un ospedale romano, tutti hanno gridato al miracolo. E allora, tutti i notiziari ci hanno descritto la nuova moderna ruota, tutta tecnologica, piena di sensori e confort. Qualcuno si è stupito perchè il bambino di tre mesi era sano ed evidentemente abituato al latte materno. Ma altro non ci hanno detto. Tutti si sono complimentati con loro stessi per il successo dell’iniziativa.
Credo che molte donne si siano sentite indignate da tutto questo: io sono una di quelle. Ancora alla fine dell’ottocento partorire fuori dal matrimonio era reato penale, e le ruote servivano alle donne per non andare in prigione, è questo che siamo ancora in grado di garantire alle donne?
La maternità è negata ma ci siamo puliti le coscienze aggiungendo un po’ di tecnologia alle ruote?
Del resto siamo in uno dei pochi Paesi del mondo dove non è riconosciuto il diritto naturale di maternità: se si partorisce fuori dal matrimonio il figlio è mio e posso uscire dall’ospedale dopo il parto con lui, solo se lo riconosco davanti all’ufficiale dell’anagrafe. (e ancora in molti ospedali per riconoscerlo occorre materialmente andare all’ufficio anagrafe del Comune dove si è partorito). Senza questo atto il bambino dopo dieci giorni dalla nascita viene dato in adozione automaticamente, senza nessuna menzione della madre. Anni fa venne smascherata una clinica di Roma che, approfittando proprio di questa legislazione, aveva organizzato un traffico di bambini soprattutto ai danni di donne straniere. E questa norma non si riesce a cambiare: chi è contrario sostiene che favorirebbe l’aborto!
Nessuno gridando alla meraviglia della ruota dei trovatelli ha pensato di offrire un aiuto concreto alla mamma che se ne è servita, né a lei né alle prossime. E non parlo di maternità libera e consapevole, nel medioevo presente sono termini fuori luogo. Basta tener pulite le coscienze, del diritto di un bambino di crescere con la madre, e anche con il padre magari, ne parleremo quando ci sarà tempo?
(03 aprile 2007)
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