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LA ROBOTICA: NUOVE POSSIBILITÀ E DILEMMI ETICI

LA ROBOTICA: NUOVE POSSIBILITÀ E DILEMMI ETICI

PARLIAMO DI BIOETICA - I ROBOT HANNO UN CORPO E UNA MENTE / APPLICAZIONI FUTURE: DIDATTICA, SERVIZI E MEDICINA

Fabbri Alessandra Domenica, 27/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

In quale modo i robot da fantastici lontani eroi, buoni o cattivi, sono diventati “compagni delle nostre attività”? Quali sono le possibili applicazioni della robotica?

Vorrei presentare alcuni esempi di utilizzo dei robot per l’ausilio in diverse attività, ricordando La Città della Scienza di Bagnoli a Napoli: Futuro Remoto - un viaggio tra Scienza e Fantascienza - che ha presentato nel 2009 un’edizione sui robot. Basta un’occhiata tra i diversi padiglioni per scoprire il suggestivo, misterioso mondo dei robot: bracci meccanici che lavorano con estrema precisione, apparecchiature sofisticate in grado di sopravvivere su altri pianeti, in profondi abissi o capaci di trovare persone vive sotto le macerie. Il prof. Bruno Siciliano, Ordinario dell’Università Federico II di Napoli e presidente della Società internazionale di Robotica e automazione ha affermato: “Attualmente la gran parte delle applicazioni si ha in campo manifatturiero, ma secondo uno studio giapponese, entro il 2025 i due terzi delle applicazioni saranno nei servizi e nella medicina”.

La manifestazione aperta da Asimo, la star-robot della Honda, ha visto numerosi altri cyber-ospiti che hanno permesso al pubblico di capirne l’utilità: esistono meccanismi autonomi o a controllo remoto in grado di operare un paziente, con estrema precisione ed efficacia, oppure effettuare pratiche di riabilitazione fisica o assistenza (telemedicina), o come ausilio nelle attività quotidiane per persone con disabilità motorie. O come “amico speciale” di persone malate costrette all’immobilità in una lunga degenza ospedaliera. A tal proposito mi sembra opportuno citare “Paro”, il cucciolo di Foca-robot ideato dall’AIST (Advanced Institute of Science and Tecnology) in Giappone e sperimentato in Italia in collaborazione con l’Istituto di Scienze di comunicazione dell’Università degli studi di Siena: questo batuffolo bianco e morbido è nato per sostituire gli animali da pet-therapy dove questi non possono arrivare (pensiamo a un reparto ospedaliero).

Il suo pelo, il naso, le zampe, i baffi nascondono sensori che gli permettono di percepire l’ambiente esterno e di reagire conseguentemente.

Paro ci aiuta anche a comprendere cosa è effettivamente un robot: un aereo, un braccio meccanico, un umanoide, non sono semplici macchinari, perché sono in grado di percepire l’ambiente, creando una “connessione intelligente” tra ciò che percepiscono, le informazioni raccolte e la loro azione conseguente. Uno strumento, se non ha questa forma di autonomia nel raggiungere un compito assegnato, non può dirsi un robot. A questo punto possiamo capire che essi hanno un corpo, comprensivo di sensori, telecamere, motore, alimentazione, gambe, ruote, braccia o quello che sarà necessario per la finalità preposta, nonché una mente composta di circuiti elettronici e software. Grazie a questa i robot sono anche in grado di valutare le ripercussioni delle azioni già intraprese e, se necessario, possono aggiornare la lista di quelle ancora da compiere.” Altro esempio di utilizzo di robot è WandBot - la bacchetta robot: uno strumento didattico e di gioco. Costruiti dei Robot con dei Lego, questi avanzano o meno al tocco della bacchetta cui sono collegati, se c’é la risposta giusta a un quesito sulla lingua inglese. È stato merito soprattutto del costruzionismo di Papert l'aver evidenziato il ruolo dell’interazione attiva con l’ambiente nella costruzione della conoscenza, attraverso la creazione e manipolazione di artefatti tangibili (siano essi castelli di sabbia, programmi di computer, costruzioni lego, ecc.), che rivestano un particolare significato personale e che siano oggetti su cui riflettere. Da alcuni anni, l’Unità di ricerca in “Psicologia Sperimentale e Scienze Cognitive”, attiva presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Palermo, ha avviato numerose ricerche mirate all’esplorazione della robotica applicata all’apprendimento.

In particolare, sono stati avviati laboratori sperimentali di robotica educativa in alcune scuole e università siciliane, utilizzando i robotics construction kits, scatole high tech che contengono tutti gli elementi hardware (mattoncini, ruote) e software (interfaccia di programmazione) per realizzare organismi artificiali capaci di interagire nell’ambiente. Essendo questi robot “smontabili e ispezionabili” permettono, infatti, di “entrare dentro” i meccanismi di costruzione e montaggio fino ad arrivare a quelli di programmazione del comportamento (Ackermann, Chioccariello, Manca, Sarti, 2002). Questo consente di esercitare varie e complesse abilità cognitive. Durante tale processo, la costruzione/de-costruzione/ri-costruzione del robot, nonché la programmazione/de-programmazione/ri-programmazione del suo comportamento, secondo i continui feedback ricevuti dall’ambiente, consentono ai “progettisti” di esercitare e incrementare varie complesse abilità cognitive. In particolare, questi studi hanno evidenziato che l’interazione con i robot favorisce lo sviluppo di abilità visuo-costruttive e di ragionamento (Caci, D’Amico, Cardaci, 2002; Caci, D’Amico, 2002). Le prime sono particolarmente esercitate durante il processo di assemblaggio del robot, che richiede sia la scoperta (discriminazione percettiva) del mattoncino “esatto” (per forma, colore, dimensione) all’interno dell’insieme variegato dei pezzi hardware del kit, sia il suo corretto inserimento nel corpo del robot. Le abilità di ragionamento sono invece coinvolte nella programmazione dei comportamenti del robot, basata sulla realizzazione e sulla continua revisione degli algoritmi in funzione dei feedback (positivi e negativi) forniti dall’interazione robot/ambiente (Turkle e Papert, 1990). L’esperienza con i robot non è tuttavia circoscritta solo ai processi cognitivi, ma mette in atto una forma di “pensiero narrativo” che induce a trattare il robot non come un semplice automa stimolo-risposta, ma come un vero e proprio organismo “vivente”, dotato di una “storia”, di una “personalità”, di “emozioni” e di “stati mentali” (Caci, 2004; Cardaci, Caci, D’Amico, 2003). In tal senso, pensare il robot, si trasforma in un “pensare con il robot”.

È comunque opportuno sottolineare che queste intelligenze artificiali hanno un comportamento sempre determinato dall’essere umano; i robot non hanno emozioni, non hanno quelle diverse sfumature di amore, odio, rabbia, paura. Personalmente ritengo che “l’aver cura” di chi per malattia o disabilità si trova in una posizione asimmetrica sia un processo relazionale, uno scambio di emozioni che può avvenire solo fra due persone, o tra una persona e un animale come nel caso della pet-therapy.

I robot sono l’esempio di un artificiale che potrebbe non sostituire, ma affiancare e sostenere l’uomo. Utilizzo il condizionale perché nelle applicazioni della robotica ci sono alcuni problemi etici da considerare. Quali sono le conseguenze di un’etica dell’interazione umana con i sistemi robotici? La riflessione dovrebbe concentrarsi sull’utilità dei robot in diversi contesti e situazioni. Su queste “macchine speciali” proiettiamo i nostri desideri o meglio il desiderio di superare i nostri limiti, migliorando le potenzialità del corpo, per esempio attraverso l’impianto di dispositivi artificiali. Il dilemma etico non riguarda solo il buono o cattivo utilizzo dei robot, bensì la questione del nostro rapporto con essi, o meglio con il nostro desiderio di migliorare. Per esemplificare: la robotica può essere un ausilio per chi deve sopportare una disabilità, può aiutare a superare la limitazione, consentendo di svolgere alcune attività quotidiane, per esempio con una maggiore mobilità e conseguentemente una migliore qualità della vita, ma la robotica utilizzata solo per avere un corpo “più bello” è questione che pone diversi dilemmi sulla sua liceità. Non intendo considerare questa prospettiva, l’ho richiamata per sottolineare l’importanza della responsabilità, della riflessione sulle conseguenze di ogni nostra azione. In sintesi, è importante capire che cosa si fa, come lo si fa e perché lo si fa, tenendo conto, per quanto possibile, delle conseguenze delle scelte compiute oggi, conseguenze che potrebbero avere ricadute sul futuro.



Luisella Battaglia*

Istituto Italiano di Bioetica

www.istitutobioetica.org



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