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La riforma dei servizi per la prima infanzia in Emilia Romagna

La riforma dei servizi per la prima infanzia in Emilia Romagna

Emilia Romagna - Ci si può chiedere: perché mettere mano a un settore che vede la nostra Regione al primo posto in Italia? Sono 1.223 in Emilia-Romagna i servizi educativi per la prima infanzia, pubblici e privati, per un totale di 39.812 posti che copr

Pariani Anna Domenica, 30/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2012

Ci si può chiedere: perché mettere mano a un settore che vede la nostra Regione al primo posto in Italia? Sono 1.223 in Emilia-Romagna i servizi educativi per la prima infanzia, pubblici e privati, per un totale di 39.812 posti che coprono il 31,6% della popolazione di bambini tra zero e tre anni. I nidi d’infanzia veri e propri offrono quasi 37.000 posti, i restanti 2.800 sono assicurati da servizi integrativi e domiciliari. Il territorio provinciale con la maggiore presenza di Nidi è quello di Bologna, dove sono serviti il 38,4% dei bimbi. Un ultimo dato che ritengo significativo entra nel regime di questi servizi: è pubblico il 63,2% dei Nidi, mentre il 36,8% appartiene al settore privato anche se per il 22,7% convenzionato con il pubblico. Ad esempio sono tutti convenzionati con i Comuni di appartenenza i 20 nidi aziendali e interaziendali attivi oggi in regione, che consentono di estendere e mettere in valore la cultura già maturata nel sistema dei servizi comunali e cooperativi, oltre che di garantire alle aziende la continuità degli accessi e la sostenibilità economica.

Questa è la fotografia aggiornata di un’offerta che copre di fatto gran parte della domanda delle famiglie e mamme emiliano-romagnole rispetto ai servizi 0-3 anni, servizi fondamentali per l’occupazione femminile, la conciliazione dei tempi e la tenuta sociale. Potevamo forse accontentarci, ma non è nostra abitudine farlo, a maggior ragione considerando la fase difficile e incerta che stiamo vivendo. L’impoverimento del welfare a livello nazionale come europeo, i tagli pregressi e quelli imposti dall’attuale governo per superare l’emergenza dei conti pubblici, ci impone di regolare sempre meglio il sistema dei servizi per renderlo sostenibile oggi e domani.

Ecco perché la Regione è intervenuta con la recente legge 6/2012, che ruota attorno ad alcuni principi cardine: sicurezza e qualità del servizio educativo offerto ai bambini e alle loro famiglie; semplificazione dei requisiti strutturali e procedurali e maggiore flessibilità di alcuni requisiti organizzativi; omogeneità dei titoli di studio per accedere ai posti di educatore (ad oggi diploma con indirizzo pedagogico o magistrale e, dal 2015, laurea specifica); uscita dei servizi domiciliari dalla sfera della sperimentalità e una sistemazione delle tipologie nel sistema integrato dei servizi per la prima infanzia; piena valorizzazione del ruolo del coordinatore pedagogico.

Se la flessibilità e l’integrazione con il privato rappresentano una necessità, la normativa di attuazione prevede però una serie di norme comuni per tutti i servizi e per le diverse tipologie, dai nidi d’infanzia (comprensivi di micronidi e sezioni primavera) ai servizi domiciliari (piccolo gruppo educativo fino a 4 oppure 7 bambini), dai servizi integrativi (spazio-bambini e centro per bambini e genitori) ai servizi sperimentali (che devono essere sottoposti a una preventiva valutazione da parte di un nucleo tecnico regionale).

Le novità più rilevanti riguardano i servizi domiciliari o piccoli gruppi educativi, che potranno accogliere un massimo di 7 bambini e che vengono integrati nel sistema regionale dei servizi attraverso la collaborazione con i coordinatori pedagogici, ma obbedendo a requisiti più semplici riguardo a spazi e ambienti. I servizi integrativi affiancano i nidi e sono caratterizzati da una possibilità di frequenza diversificata. Le norme aprono alle sperimentazioni di servizi per l’infanzia, accogliendo così le nuove richieste di flessibilità delle famiglie e dei territori. In questi casi, le proposte devono prevedere un progetto pedagogico, che sarà sottoposto al vaglio del nucleo regionale di valutazione, e personale educativo in possesso del titolo di studio previsto dalla direttiva.

Tra le proposte alle famiglie, si prevede infine che i Comuni predispongano albi di personale al quale possano ricorrere le famiglie per organizzare in autonomia iniziative di conciliazione e l’organizzazione di servizi ricreativi che prevedano una frequenza occasionale di bambini per un massimo di due ore al giorno.

Insomma, aggiorniamo e qualifichiamo ulteriormente un sistema fondamentale per il nostro futuro, tenendo conto di un’evoluzione in atto che riguarda sia la politica nazionale che le esigenze delle persone. Abbiamo scelto farlo assieme e per il territorio, cercando di coniugare qualità e sostenibilità, educazione e conciliazione dei tempi, flessibilità e semplificazione.



di Anna Pariani, vice presidente Gruppo PD


(Redazionale)


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