Sempre più costante è ritrovare sui media un'interpretazione errata del ruolo e degli obiettivi del femminismo in Italia.
Venerdi, 26/08/2016 - Meraviglia oltremodo che sui quotidiani nazionali si rincorrano tesi sui movimenti femministi nostrani, con argomentazioni che poco rispecchiano le loro discussioni teoriche e le conseguenti azioni messe in campo a favore delle aspettative e dei bisogni delle donne italiane. Già nel mese di luglio si era vista riproposta su L’Unità la consueta presa di posizione contro il femminismo storico e le sue rappresentanti, ree di appartenere ad un movimento “asfittico, schiacciato spesso in un vittimismo cupo, moraleggiante e, quel che è peggio, che fa figlie e figliastre, alla faccia della sorellanza” (Alessandra Serra). Strano un giudizio del genere, soprattutto alla luce della circostanza che invece le femministe reclamano a viva voce interventi celeri e efficaci al riguardo di un migliore contrasto alla violenza di genere, maggiori garanzie a tutela dei diritti delle donne, un welfare capace di consentirle una più congrua conciliazione tra la famiglia ed il lavoro, una più idonea applicazione della 194 mortificata dall'obiezione di coscienza, solo per indicare alcune tematiche su cui non sono per nulla asfittiche.
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