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La questione della lingua al Quirinale - di Marilena Menicucci

La questione della lingua al Quirinale - di Marilena Menicucci

Finalmente la questione della lingua italiana è uscita dalle pagine dei manuali scolastici.....

Mercoledi, 23/02/2011 - Finalmente la questione della lingua italiana è uscita dalle pagine dei manuali scolastici, letti distrattamente, come roba d’altri tempi, per diventare argomento di discussione sull’identità nazionale fra alte personalità, nelle sale più rappresentative del nostro paese, quelle del Palazzo del Quirinale, aperte anche ad attenti cittadini, non addetti ai lavori.

Senza retorica, con tante voci esperte e in nome del sapere, infatti, il 21 febbraio, si è svolto, presso il Palazzo del Quirinale, il convegno La lingua italiana, fattore portante dell’identità nazionale,organizzato dal Presidente della Repubblica con l’Accademia dei Lincei, la Crusca, l’Istituto dell’Enciclopedia italiana e la Società Dante Alighieri. Un esempio di come ben celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ha sottolineato a chiusura il Presidente Giorgio Napolitano, un esempio da seguire per le altre celebrazioni di questo particolare anno 2011.

Tutti, proprio tutti, hanno rispettato i tempi, costringendo alla massima sintesi la propria esperta conoscenza, senza indulgere in eccessive elucubrazioni, né in falsi sentimentalismi.

Gianni Letta, portando i saluti del governo, ha tracciato un interessante e asciutto profilo biografico di Francesco De Sanctis, uomo e critico letterario scomodo, che considerava la semplicità e la chiarezza la cartina di tornasole dell’ eleganza di un’opera d’arte e della poesia: educazione di un sentimento capace d’azione.

Il documentario di Giovanni Minoli ha raccontato con immagini per lo più in bianco e nero come gli italiani abbiano imparato la lingua nazionale attraverso la TV, consegnando alcuni dati, fra cui ne ricordiamo uno del 1961: 26 milioni di persone parlavano solo il dialetto. Saranno i teleromanzi, le trasmissioni di Mike Bongiorno e, soprattutto, Non è mai troppo tardi con il maestro Alberto Manzi a permettere a migliaia di analfabeti di prendere la licenza elementare. Alla fine è stato detto che la TV, come coscienza linguistica, continua la sua funzione, ancor oggi, con programmi del tipo Per un pugno di libri.

Giuliano Amato, Presidente del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150°, ha espresso il suo pensiero attraverso il detto di Herder: il genio della lingua coincide con il genio della nazione, facendo notare che già nel ‘600 l’Italiano non solo esisteva, ma era anche codificato nel vocabolario dell’Accademia della Crusca.

Tullio De Mauro, però, ha fatto notare che, se già nel ‘500 si preferiva definire italiana la lingua chiamata fiorentina e toscana nei secoli precedenti, mancava la scuola per insegnarla e lo stesso tre secoli dopo, nel 1800, quando solo il 2,5% della popolazione italiana parlava la lingua nazionale: i problemi di bilancio impedivano i finanziamenti alla scuola. La situazione migliorò col governo Giolitti, per tante concause(emigrazione, nascita del partito socialista e dei movimenti popolari…), che favorirono la spinta all’istruzione, frenata poi dallo scoppio della Grande guerra e dal Fascismo. Nel 1951 solo il 10% della popolazione parlava Italiano e i primi tre anni delle elementari costituivano il livello medio di scolarizzazione. La Costituzione portò a otto anni l’obbligatorietà e dopo la riforma della scuola media unica, nel 1962, gli anni passarono a 12. Oggi il 94% della popolazione parla Italiano, ma la qualità della scolarizzazione è bassa.

Vittorio Sermonti ha invitato a leggere ad alta voce i versi di Dante, perché la sua lingua è più nuova della nostra e ha criticato certe parafrasi, sorpassate nella terminologia: ad esempio, perchè parafrasare l’andar forte con procedere con sollecitudine, quando forte è usato tutti i giorni dai nostri ragazzi?! Che Sermonti sia appassionato di Dante non c’è dubbio, infatti, constatando la maggior diffusione del petrarchismo a livello europeo, ha commentato: il petrarchismo è fatto più con la mollica della letteratura che con la farina della vita(tutta dantesca!).

Luca Serriani ha sostenuto che la diffusione dell’Italiano a livello internazionale fra il ‘500 e il ‘700 sia dovuta alla cultura(poesia, musica, architettura), tanto che Milton scrisse sei sonetti nella nostra lingua. Altri termini come fiorino, ancora in uso in Ungheria o lombardo(mercante che opera usura), invece sono stati imposti dall’economia tardo medioevale. E oggi? La diffusione della lingua italiana è legata alla gastronomia, alla moda e alla chiesa cattolica.

Carlo Ossola ha elencato i libri, che hanno fatto gli italiani: il ricettario dell’Artusi(1891), il prontuario industriale del Gersi, Pinocchio(il monello, la furbizia e la fortuna) e Cuore(il dovere e l’istruzione) e ha chiuso con una frase programmatica di don Milani: appartenere alla massa, possedere la parola.

Nicoletta Maraschio, ricordando che Dante nel De vulgari eloquentia non salva nessun dialetto nemmeno il fiorentino, ha indicato due caratteristiche della lingua nazionale: l’unità e la diversità, importanti per l’Italiano, lingua neolatina, convivente con una miriade di dialetti, influenzata dalle lingue delle potenze occupanti. Nella storia ha rintracciato tre cesure: il 1500, il 1800 e oggi. Prima del ‘500 i dialetti erano valutati alla stessa stregua, dopo con Bembo il fiorentino diventò il modello normativo, nell’ottocento si accese la speranza di una lingua parlata da tutti e oggi, con la rivoluzione tecnologica e la presenza di una superlingua come l’angloamericano, quale futuro si prepara per l’Italiano?

Umberto Eco ha risposto con una sua originale interpretazione dei fatti storici: non c’è una necessaria continuità tra lingua e nazione, tanto che Cavour comunicò in francese il costituirsi dello stato unitario il 17 marzo 1861 in una lettera a D’Azeglio. La lingua nazionale, invece è necessaria quando il paese è disunito e per quanto riguarda il futuro della nostra lingua ha dichiarato che, se non sono possibili previsioni per le lingue, di una cosa si sente abbastanza sicuro: la lingua nazionale non verrà sostituita dai dialetti, perché questi non sono in grado di dire il gran vento del mondo, capacità posseduta, invece, dalla lingua nazionale.

I brani, tratti dalle opere di Alessandro Manzoni, Benedetto Croce, Antonio Fogazzaro, Carlo Emilio Gadda, Giovanni Verga, Dante Alighieri, Giovanni Pascoli, Carlo Collodi e Mario Luzi, letti da attori bravi, come Toni Servillo, Fabrizio Gifuni, Umberto Orsini, Ottavia Piccolo, Pamela Villoresi e il pezzo d’opera di Wolfang Amadeus Mozart, libretto Lorenzo Da Ponte, cantato da Roberto Abbondanza, al pianoforte Federico Amendola, hanno confermato i nostri punti di riferimento del dire e del sentire, attraverso una lingua nazionale, così ricca da poter raggiungere l’internazionale e l’universale.

Insieme al convegno si è aperta presso la Sala delle Bandiere la mostra: Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana. Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia, promossa dalla Fondazione Francesco De Sanctis, realizzata col sostegno della Regione Lazio, le luci sono di Mario Nanni. Per la prima volta sono raccolti insieme alcuni manoscritti originali dei padri fondatori della lingua e dell’intera cultura italiana: Dante, Petrarca, Boccaccio, Poliziano, Machiavelli, Ariosto, Guicciardini, Tasso, Marino, Galilei, Vico, Goldoni, Parini, Alfieri, Foscolo, Manzoni, Leopardi e De Sanctis. Rimarrà aperta fino al 3 aprile, per dare la possibilità al numero maggiore di persone di omaggiare questi maestri, che ci hanno insegnato le infinite possibilità del pensare, del sentire e dell’agire umano, insieme alla conoscenza della storia, della quotidianità e della realtà, con tutte le sue caratteristiche più o meno alte, a volte liriche, altre dolorose e altre ancora vicine alle bassezza, alla follia e alla malvagità umana, sublimate e trasformate in arte attraverso la lingua italiana. A dimostrazione che, se una lingua è ben studiata, conosciuta e usata, può cambiare la realtà.



Un convegno e una mostra, che con tanto sapere e con la massima cura aiutano a conoscere il passato, stimolano molte riflessioni sul presente e sul futuro e tante domande. Ne sintetizziamo qualcuna.

L’italiano scritto da questi padri della nostra cultura, se era colto, serviva ad esprimere la forza ideale degli adolescenti, sì da spingerli ad agire e a determinare quel periodo di liberazione nazionale, definito Risorgimento. Ed oggi? Eco ha messo in evidenza il taglio basso e al ribasso della lingua dei blog( Bixio è stato letto Biperio da alcuni ragazzi), ma se anche in Italia si formasse e vincesse la generazione dei nerd(occhialuti, imbranati…), tipo Bill Gates, Steve Jobs, Mark Zuckerberg e simili, accadrebbe una rivoluzione non solo linguistica, ma dell’intera società, come stanno dimostrando il Nord Africa e il Medio Oriente.(Storia naturale del nerd, di Benjamin Nugent, Isbn). E’ la scuola italiana in grado di accogliere simili alunni e di formare le loro personalità? E’ questione di bilancio statale, come nel 1861? Perché non adottare metodi, collaudati in altri grandi paesi, per fare pagare le tasse a tutti, così da arricchire le casse dello stato e destinare la somma necessaria alla scuola italiana, per innalzare il livello qualitativo? Perché non aprire la scuola pubblica solo a chi paga le tasse?

Il fatto che oggi l’Italiano nel mondo sia conosciuto per la moda e la gastronomia, meno per la poesia, la musica, l’architettura e le altre scienze ed arti, può essere letto come un segno di declino del nostro paese, oppure potrebbe costituire la dimostrazione della raggiunta dignità scientifica di certe attività, nel passato relegate alla sola manualità, lontano dalla ricerca scientifica e dalla cultura.

Fra i protagonisti della giornata sono mancati i nomi delle madri della nostra lingua, eppure nella storia del nostro sapere esistono scienziate ed artiste, che hanno dato un grande contributo alla cultura; sarebbe troppo lungo elencarle tutte e, per trovare il nome di alcune contemporanee, si rimanda ad una recentissima pubblicazione di Ritanna Armeni, Parola di donna, Ponte delle Grazie. Per il prossimo compleanno dell’Italia l’augurio al nostro paese è questo: incontrarci ad un convegno al Palazzo del Quirinale, sulla questione della lingua italiana, dedicato ai cambiamenti linguistici, operati dai nerd nazionali e dalle donne italiane. Un modo per riconoscere il contributo alla storia e alla lingua nazionale delle nuove generazioni e di tutte le madri del sapere(mamme, maestre, scienziate, artiste), senza le quali ci sarebbe il silenzio e l’ignoranza. Da loro, a cominciare dalle ninnananne, dalle prime canzoni, dai disegni e dai segni, dai si e dai no, ognuno di noi, come Dante, Manzoni, i grandi e la gente comune del Risorgimento, ha appreso la lingua e il suo valore.

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