Martedi, 13/10/2015 - Fin dall’antichità,Oriente ed Occidente sono agli antipodi politici,religiosi e culturali(sociali ed economici)
Sono i poli opposti per eccellenza,che si attraggono in fondo e si respingono in superficie.
Tra queste due parti di mondo,non esistono soltanto confini fatti di mari,monti e frontiere militari. Le barriere che allontanano la cultura occidentale da quella orientale(e viceversa)sono cementificate da molti stereotipi,fatti di burqa e botulini,tratte di esseri umani e anime vendute al dio danaro,di bimbi che saltano in aria per le mine frutto di antiche ostilità e governi costituiti da libertà illusoria,che si spacciano per democrazie in grado di esportare e procreare altre (false) democrazie.
Sulla strada di Damasco, si trova la donna con il velo,casta,devota impudicamente al maschio dominante, ma che disvela l’incoerenza della femmina con la minigonna. Pensaci, per le strade di Roma puoi andare in giro vestita da prostituta,senza essere davvero libera di poterti chiamare “donna”,poiché quando si va oltre l’aspetto esteriore,quando vuoi dimostrare il tuo valore come essere umano,la tua femminilità unita alla tua intelligenza,fanno orrore,spaventano,scatenano il lato più meschino del patriarcato. Non puoi essere libera nel modo in cui tu intendi la libertà,puoi esserlo solo se sei anche libertina,se ti svendi per un posto di lavoro o ti ammutolisci davanti ad una molestia verbale,spacciata comunemente per corteggiamento.
Allora cos’è meglio,oltre la macina duale degli stereotipi? cos’è più democratico per una donna,con una dignità uguale di genere:
Poter passeggiare per le strade delle capitali con le gambe nude e il seno che prende aria, o con il vestito da monaca mediorientale? Come vuole essere davvero considerata la donna che vive a Baghdad nella casa di mattoni,o la donna che vive a Milano nel monolocale in centro? Cosa abbiamo in comune?
Forse, la stessa voglia di essere rispettata, in quanto degna di rispetto a prescindere da quale tipo di abito indossiamo . Forse la possibilità di potere coniugare le scelte di lavoro con le scelte della famiglia,trovandosi spesso a dover rinunciare all’uno o all’altro campo di fondamento della vita, in un mondo dove gli ostacoli di schemi misogini, portano spesso(e prima o poi)a compiere la fatidica rinuncia ad uno dei due ambiti. Forse l’esigenza di essere amata,senza sentirti una merce di scambio,solo perché viene mantenuta.
Forse, la volontà di credere in un mondo migliore,procreando la vita nel tempo della morte,ricucendo gli orli strappati delle società,allattando i figli,e i sogni degli uomini, uomini che hanno il diritto di essere nutriti,e il dovere di crescere come esseri desiderosi d’amare,proteggere e restaurare un ancestrale equilibrio,perso nelle sabbie della storia moderna.
Il vento del cambiamento,il vento che sussurra una pace duratura, soffia fecondo nel nostro ventre.
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