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La prostituzione studentesca tra finzione cinematografica e realtà.

La prostituzione studentesca tra finzione cinematografica e realtà.

La cosiddetta "baby prostituzione" è stata analizzata negli ultimi anni in maniera approfondita dalla cinematografia, i cui film sull'argomento mostrano i vari fattori che portano ragazze minorenni e quasi maggiorenni a vendere il loro corpo

Giovedi, 08/05/2014 - Negli ultimi anni le notizie giornalistiche sul problema sociale delle baby prostitute e sulla prostituzione studentesca sono aumentate (non si sa se per una curiosità voyeuristica della stampa e per il bisogno di fare scandalo a tutti i costi al fine di seguire la regola delle tre S - sesso, soldi e sangue - o se per il fatto che i numeri siano davvero cresciuti), ma dati ufficiali e ricerche attendibili in grado di quantificare il fenomeno scarseggiano o sono piuttosto datati. In questo frangente, ci viene in aiuto la cinematografia, che, mostrandosi all’avanguardia e ispirandosi a storie vere, ha sviluppato e sviscerato molto bene i meccanismi sottesi a questo fenomeno così allarmante e soprattutto destabilizzante.

Solo per menzionare alcuni titoli, specialmente il cinema francese ha studiato ed analizzato con un certo realismo la c.d. “baby prostituzione”: si va da “Student Services” del 2011, a “Elles” del 2012 fino ad arrivare al recentissimo film “Bella e giovane” del 2013. Le vicende narrate vengono descritte con precisione sociologica, ma anche con delicatezza psicologica. In questi film l’obiettivo è quello di tentare di comprendere, in un’ottica priva di moralismi e scevra da giudizi, questo mondo femminile in cui il corpo viene mercificato e venduto; varie sono le motivazioni che spingono le giovani protagoniste ad intraprendere questo percorso: per puro e semplice edonismo, per ansia e voglia di trasgredire le regole imposte dagli adulti con i quali sono spesso in conflitto, per avere potere sugli uomini - attraverso la bellezza, la giovane età e l’arte della seduzione - o, materialisticamente parlando, per avere in cambio soldi, status sociale elevato e una falsa indipendenza personale ed economica.

In questi film, infatti, si vede bene lo sdoppiamento messo in atto da queste ragazze, da una parte la “baby squillo”, dall’altro la ragazza normale, studentessa modello e brava figlia.

Quello che ci sorprende è che la finzione cinematografica poco si discosta dalla realtà osservabile in questo periodo in Europa e in Italia: ragazzine che per una ricarica telefonica, per un capo griffato o per un cellulare supertecnologico cedono il proprio corpo a uomini di mezza età benestanti, facendo tutto questo a volte all’oscuro delle loro famiglie, ma talvolta anche con la forzatura e la spinta di genitori senza coscienza e senza natura.

Non c’è da stupirsi se alcune ragazzine usino “volontariamente” il sesso come strumento per ottenere beni materiali, per mantenersi agli studi o per avvalersi di un riscatto sociale. Quella in cui viviamo è una società del consumismo sfrenato, in cui tutto ha un prezzo, in cui si dà importanza al lusso e non alla cultura e in cui le riviste e i programmi televisivi propongono donne in atteggiamenti provocanti - al limite del pornografico - come oggetti sessuali associati a beni di consumo. Col tempo, questi annunci portano a pensare che gioventù, sesso e lusso siano un mix formidabile e che, in fondo, non ci sia niente di grave.

Da questi film molto crudi, che analizzano questo universo giovanile così fragile, ma al tempo stesso così disinvolto e così apparentemente forte da scegliere la strada della prostituzione, emergono tanti aspetti che caratterizzano questo fenomeno, su cui si dovrebbe riflettere: l’inadeguatezza, o ancora peggio, l’assenza delle figure genitoriali, che - così prese dal loro lavoro, dai nuovi mezzi di comunicazione - non riescono più ad instaurare un dialogo di senso e di contenuto con i loro figli e si relazionano solo attraverso il denaro e il soddisfacimento di tutte le richieste; l’inquietudine adolescenziale o pre-adulta; la conoscenza prematura del sesso; la scissione spaventosamente cinica tra sesso e amore; il non valore dato al corpo; la vacuità dei rapporti di coppia duraturi, spesso ridotti all’essenziale, routinari e senza complicità; il clientelismo di uomini adulti over 40 che utilizzano la donna a proprio piacimento solo per l’appagamento dei loro istinti sessuali e dei più biechi desideri, uomini che si sentono soli e che hanno bisogno di parlare con estranee dei loro problemi e della loro vita, uomini che attraverso il sesso pretendono amore, uomini che sono spesso mariti “annoiati”, che non riescono a collocarsi allo stesso livello delle loro mogli, uomini privi di personalità, talmente intimoriti dalle donne mature che cercano la ragazza più giovane perché solo con quest’ultima possono autoaffermarsi e sentirsi superiori e dominanti o proprio perché minorenne riescono a raggiungere il piacere, uomini che solo con la scusa dei soldi e sotto pagamento fanno richiesta di prestazioni sessuali che mai oserebbero chiedere alle loro compagne.

Dal punto di vista psicologico, si viene a creare un capovolgimento dei ruoli, le ragazze sono "adultizzate", ossia adottano atteggiamenti da adulti, mentre gli uomini maturi sono "adultiscenti", per dirla in maniera spicciola, soffrono la sindrome di Peter Pan, non vogliono invecchiare. Dal punto di vista psicoanalitico, infatti, fare sesso con una minorenne dà un senso di immortalità, fa sentire giovani e dà l’illusione di essere in grado di sconfiggere per alcuni minuti la paura della morte. Mentre, in termini criminologici e psicopatologici, si parla di pedofilia.

Nei film citati, ma anche come appare negli ultimi fatti di cronaca, si nota la mancanza di figure centrali per la crescita di una ragazza: i padri sono del tutto assenti. E le madri, dal canto loro, risultano disattente e poco osservatrici.

Sia attraverso la vita sregolata di queste ragazze sia quella remissiva e piena di menzogne di questi uomini, riusciamo ad avere un quadro della nostra società su cui ognuno di noi dovrebbe riflettere. La società odierna dovrebbe farsi le stesse domande che nascano dalla visione di questi film, cercare di giungere ad un cambiamento della cultura, che diventi meno gretta e borghese, ma più empatica e costruttiva; dovrebbe arrivare a capire il motivo di tutti questi comportamenti sia da parte delle donne che degli uomini; ognuno di noi dovrebbe mettere in gioco le proprie responsabilità, dovrebbe tentare di mettere in discussione le proprie certezze ed interrogarsi sulle sue più profonde convinzioni in merito a cosa è una famiglia, al vero significato dell’amore, alla più pura ed aulica funzione del sesso, dovrebbe far comprendere ai propri figli il giusto valore dei soldi e quello del corpo che non può essere assolutamente disgiunto dall’anima, dovrebbe ritornare a spiegare cosa è il pudore e la dignità personale.

Una scelta consapevole e non imposta da fattori endogeni ed esogeni sarà la vera libertà. È responsabilità di ciascuno di noi, perciò, guardare dentro se stesso, autoanalizzarsi e fare in modo che questa scelta sia salvaguardata e protetta da eventuali pericoli e deviazioni. Mentre è compito della società e delle istituzioni fornire le risorse adatte, sia in termini economici che culturali, al raggiungimento di una rieducazione collettiva.





A cura di Nicoletta Calizia

Sociologa e Criminologa

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