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La prossima settimana sapremo in che Europa vivremo

La prossima settimana sapremo in che Europa vivremo

"... il problema principale è il potere e la sua qualità. E il femminismo ha sempre detto che 'questo' potere non era quello vigente: gerarchico, prevaricatore, violento, discriminatore. Maschile..."

Mercoledi, 05/06/2024 -

Per tutte noi che ci pensiamo femministe stanno passando grosse provocazioni. Una solida, almeno per ora, maggioranza di destra governa da padrona, contando sui numeri e la forza di modificare la Costituzione, e si ha l’impressione che corra veloce per incassare il massimo di cambiamenti di sistema. Nessuna forza politica ha preso in considerazione che è donna il 52% dell’elettorato. Anzi governo e opposizione capeggiano le liste elettorali - composte di gente che quasi mai andrà a Bruxelles per qualità delle competenze - favorendo l’elezione di candidati maschi per influenza dell’obbligo dell’alternanza di genere nelle liste.

Ma una provocazione grande per le politiche (femminile de “i politici”) studiose degli effetti che si producono quando le donne hanno posizioni di potere. Intanto in questa situazione sono al comando in Europa più le donne di destra: Le Pen, Meloni, la Commissaria Ursula von der Lein che ha abbastanza spostato la sua posizione liberale, la ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock, dei Verdi, è di sinistra, ma virilmente bellicista. D’altra parte in Italia è possibile studiare da vicino le conseguenze di avere una donna a capo sia del governo, sia dell’opposizione. Vediamo differenze dalla gestione tradizionale, cioè maschile? Non è forse del tutto improprio che in Parlamento venga introdotto a parlare il signor presidente Giorgia Meloni.

Non sarà che il patriarcato verrà rivalutato dal nostro contributo di donne ignare?

Perché il problema principale è il potere e la sua qualità. E il femminismo ha sempre detto che “questo” potere non era quello vigente: gerarchico, prevaricatore, violento, discriminatore. Maschile. Come aneddoto d’antan racconto che quando accettai la candidatura, “entrai in sonno” dall’Associazione Orlando allora rigidamente separatista e non ho fatto parte delle fondatrici perché ero entrata nel campo nemico. E quando per le leggi sull’aborto o contro la violenza sessuale andavo da parlamentare al “Governo Vecchio”, la sede storica del femminismo romano, mi sentivo aggredita. Oggi ci ridiamo, ma l’omologazione è la minaccia grande della perdita di quella differenza che oggi ci fa tornare a parlare di aborto e di diritti delle donne che non significano erogazioni di benefici e “leggine”, ma libertà femminile. 

La premier con la disinvoltura ormai debordante ha detto che non è incollata alla poltrona e che non è il massimo che la sua vita privata consista in un’ora sì e no con sua figlia.

Non sarà signorile per un capo di governo trascendere sul piano dei rapporti politici, ma, dice, capita anche al papa. Solo che a Francesco succede di andare sopra le righe in casa (alle suore gli è venuto “siete madri, non zitellone”, “il chiacchericcio è delle donne”), mentre Giorgia Meloni gira le sue scene esemplari per farsene una propaganda elettorale un po’ sporca.

Il governatore, come il papa, si era lasciato andare a quel “la stronza” che la Presidente del Consiglio è andata a restituirgli in pompa ufficiale, ha dato il via al teatrino napoletano. Teatrino proseguito in recite di autonomia femminile ben condotte anche se così duramente recitate da sembrare dette in camicia nera. Ma in realtà che se a me fu detto da un collega “la Codrignani è uno dei migliori uomini di Montecitorio”, nel caso di Meloni - tenendo conto della personalità dei suoi co-governanti - lei è il miglior uomo della squadra di governo.


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