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La precarietà della pace

La precarietà della pace

- Elda Guerra in "Il Dilemma della pace. Femministe e Pacifiste sulla scena internazionale,1914-1939" (Ed Viella, 2014)

Giancarla Codrignani Giovedi, 02/04/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2015

 Leggere di "dilemmi della pace" in anni avventurosi come quelli che stiamo vivendo è indubbiamente stimolante. Come donne percepiamo sulla pelle la precarietà delle aspettative che stanno dentro la volontà femminista e femminile di cambiare il mondo. Per questo ascoltiamo con qualche preoccupazione, che in qualche momento diventa brivido, una storica che ha verificato la presenza forte di donne che, tra la prima e la seconda guerra mondiale, hanno agito e speso la vita per "fare qualcosa" presentendo i pericoli a cui ignoranza, follia e indifferenza conducevano l'Europa. E sono passate quasi inosservate. L'impressione si fa più tormentata se ci si ricorda che anche nel secolo precedente l'intuizione politica e la proposta alternativa delle donne erano già state realistiche, perfino apprezzate, ma sostanzialmente eluse. Il movimento pacifista dell' Ottocento (a forte presenza femminile) era ben noto e alle convention della Lega per la Pace e la Libertà arrivavano i telegrammi ipocritamente solidali del Re d'Inghilterra e dello Zar di Russia. Nella rivista Les Etats Unis d'Europe (il movimento aveva già scoperto l'importanza dell'Europa per una politica di pace tra le nazioni) del 5 ottobre 1868 Clémence Rouvier aveva scritto "Se scoppierà un conflitto di proporzioni europee, le madri vedranno cadere a centinaia di migliaia i loro figli, colpiti a morte o feriti in che modo! (…) Perché, di fronte ai fatti che si vanno preparando, non è chi non pensi e giudichi come me, che è giunto il tempo di arrestare l'umanità sulla china fatale dove sta precipitando, passiva nelle pastoie e muta sotto il bavaglio, accecata nell'oscurità che si addensa su di lei e sperduta nel suo accecamento e nella sua impotenza". E Bertha von Suttner pubblicava tra il 1892 e il 1899 Die Waffen nieder, ‘Abbasso le armi’; nel 1905 avrebbe ricevuto il Nobel per la pace e ancor maggiore notorietà; ma sconfitta dal nazionalismo e dal revanscismo violento. 


Le donne del Novecento che manifestarono la loro opposizione alla guerra coloniale di Libia contavano su precedenti già oscurati. La prima guerra mondiale, prevista da Clemence cinquant'anni prima, poteva essere evitata, quanto meno dall'Italia. Produsse le "centinaia di migliaia di caduti", ma paradossalmente diede alle donne l'opportunità di entrare nel mercato del lavoro al posto degli uomini al fronte e pose fine agli ingombri di vesti, cappelli, busti e trecce. Che le donne non avrebbero vinto né sul terreno dei propri diritti, né nelle loro assennate profezie era già noto quando il Partito Socialista aveva concesso il voto "universale" a tutti i maschi maggiorenni escludendo le donne.

Gli anni successivi, quelli che Elda Guerra in "Il Dilemma della pace. Femministe e Pacifiste sulla scena internazionale,1914-1939" (Ed Viella, 2014) ha affrontato con rigore di ricerca e di giudizio critico, sono anni drammatici che non sembrano aver bisogno di ulteriori approfondimenti. Ma il nesso tra cultura delle donne e politiche di pace apre un terreno di analisi ben duro: il rifiuto della cooperazione con il movimento delle donne, diciamolo chiaramente, ebbe conseguenze politiche e umane non irrilevanti. Le donne sarebbero state le migliori alleate del partito della pace di fronte alle contraddizioni del nazionalismo e, soprattutto, nel successivo superamento della crisi del dopoguerra e nel contrasto alla violenza del fascismo. Seguire, dunque, passo dopo passo il percorso politico delle donne impegnate a contare nelle organizzazioni della società civile anche internazionalmente prima dell'avvento di fascismo e nazismo porta a constatare l'immensa stupidità del pregiudizio che impone il modello unico maschile. Infatti non sono state solo le donne che hanno pagato il prezzo altissimo della compressione dei propri diritti fino all'umiliazione di essere trattate come fattrici di carne da cannone ed escluse dall'insegnamento della filosofia. Con quelli delle donne sono andati a picco i diritti di tutti. E con le guerre la vita di tutti.





 

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