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La politica del fare

La politica del fare

Florence Kelley - Una protagonista del movimento riformista di Chicago impegnata per la collettività

Providenti Giovanna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006

Conoscere in che modo donne del passato hanno scelto di entrare in politica può esserci di aiuto, oggi, in vista delle elezioni, per chiarirci le idee sul perchè scegliamo di votare donna e sul che cosa vogliamo chiedere alle donne che scegliamo di votare.
Per Florence Kelley (1859 – 1932), protagonista del movimento riformista di Chicago, prioritaria, in politica, è la chiarezza riguardo al contenuto e agli strumenti dei propri obiettivi politici: che devono essere pratiche concrete, fatti attualizzabili, non chimere. E poi c’era la sua persuasione profonda, una sorta di dono della natura, che capita di incontrare, ancora oggi, più nelle donne che negli uomini. Chi conobbe Florence personalmente racconta come fosse impossibile, dopo una chiacchierata con lei, non venirne fuori completamente persuasi (e magari anche direttamente coinvolti) dell’urgenza di contrastare lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici e di impedire che minori al di sotto dei quattordici anni fossero ammessi a lavorare nelle industrie, o della impellente necessità di sostenere una qualche protesta, organizzata dagli operai e/o dalle donne, per i loro diritti. E non solo di battaglie era fatto il suo quotidiano politico, ma anche di scommesse vinte. Come quando ottenne, prima ed unica donna nel 1895, l’incarico di “Chief Factory Inspector”, un ruolo importante nei “posti decisionali”, da cui potere agire per comprendere e trasformare il che cosa su cui fin dall’inizio aveva deciso di impegnarsi. Non solo Florence Kelley eseguiva il suo incarico in maniera talmente diligente da avere fatto tremare non pochi industriali, ma è anche grazie a donne come lei che lo Stato dell’Illinois è stato tra i primi ad avere una legislazione che ponesse della regole contro lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici. L’impegno di questa donna per la promulgazione di leggi a garanzia della tutela dei lavoratori, per il controllo del rispetto delle leggi una volta promulgate e per la garanzia dei diritti della popolazione più debole economicamente (è stata per trenta anni a capo della National Consumers’ League, ed ha vissuto più di metà della sua vita come “social settlers”, prima a Chicago e poi a New York) non va distinto dall’instancabile sforzo personale di seguire i dettami della propria coscienza, vivendo una vita coerente ai suoi ideali socialisti che non ha mai rinnegato nonostante sia stata estromessa dal partito socialista americano e nonostante emergano alcune percettibili differenze di posizione dall’interessante carteggio con Friedrich Engels, del quale Kelley è stata traduttrice. Quello che più colpisce, leggendo biografie come quella di Florence Kelley, è il legame tra scelte personali e vita pubblica: la coincidenza tra privato e pubblico. Non solo uno stretto legame tra conduzione quotidiana della propria vita e idee professate, ma anche un instancabile prodigarsi, un mettersi in gioco con tutta se stessa, che non diventava mai fanatismo perchè non mancava la voglia di comprendere accanto a quella di lottare. Non rinunciava Florence Kelley ad affrontare un problema sociale (si trattasse dello sfruttamento dei lavoratori o della mortalità infantile, della mancata scolarizzazione minorile o della condizione di sottoproletariato di donne e neri) in maniera articolata e mai isolata dal contesto economico, storico e politico in cui il problema si era sviluppato. L’estremo prodigarsi e la capacità di vedere i problemi in maniera interconnessa trova di certo una ragione nella motivazione personale e nell’abitudine, coltivata fin dall’infanzia, ad agire seguendo gli interessi della collettività e ascoltando i bisogni della coscienza più che quelli della tasca. Sull’esempio della zia Sarah, suffragista, antischiavista e pacifista, che quando Florence bambina le aveva chiesto se davvero non vestendo abiti di cotone e non mangiando zucchero credeva di liberare la condizione dei neri schiavizzati per la raccolta del cotone e della barbabietola, le aveva risposto: “Cara bambina non lo posso mai sapere se riesco ad aiutare anche uno solo degli schiavi neri; ma io ho da vivere con la mia propria coscienza”.
Florence era consapevole di appartenere ad una classe sociale privilegiata (suo padre, proveniente da una famiglia di gioiellieri, era un avvocato ed un esponente del partito democratico), ma era anche una profonda conoscitrice delle idee socialiste e marxiste e delle problematiche sociali della maggioranza della popolazione. Ecco cosa scriveva nel 1887 in The Need of Theoretical Preparation for Philanthropic Work: “Nel nostro sistema industriale i mezzi di produzione sono monopolio di una classe irresponsabile e i lavoratori si trovano costretti a competere l’un l’altro... Nella lotta per l’esistenza che scaturisce da questa competizione il debole finisce al muro, diviene il relitto di cui si occupano i filantropi. In quanto membri leali della classe dominante il nostro lavoro non può che essere meramente palliativo. Perchè una cura radicale delle malattie sociali può essere data solo dalla fine del sistema di sfruttamento dei lavoratori. Ma fermare tale sfruttamento sarebbe anche un suicidio per la classe in cui noi siamo nate e cresciute, e di cui noi ‘college-bred women’ formiamo parte integrante”. La politica è stato il luogo in cui Florence ha scelto di continuare il suo percorso esistenziale: in esso, ha scelto di non fare spazio a comodi compromessi e i molti ostacoli incontrati sono stati per lo più occasione per imparare ad affrontarli: talvolta limitandosi a riconoscerli come limiti, come nel caso della propria appartenenza alla classe dominante, oppure superandoli, come nel caso della difterite che la costrinse per anni a letto, o del divieto (in quanto donna) di iscriversi alla facoltà di legge di Philadelphia, da lei aggirato trasferendosi in Europa e frequentando le università di Heidelberg e di Zurigo, in cui le donne erano da poco ammesse. Pur non avendo concluso i suoi studi, parlava correttamente inglese, tedesco e francese e capiva l’italiano e il russo. Dal matrimonio disastroso col compagno di studi Lazare Wischnewetzky ha avuto tre figli, della cui educazione si è occupata personalmente accanto al suo instancabile impegno politico. Florence Kelley è una delle figure femminili, appartenenti alla storia sociale degli Stati Uniti d’America, che hanno dato inizio al vasto movimento civile e pacifista da cui, ancora oggi, molte donne emergono (vedi Cindy Sheehan) per la chiarezza dei loro desideri e obiettivi politici: nessun ostacolo, o limite, era sufficiente a fermare il desiderio di Florence di essere uno strumento vivente del miglioramento della società, avendo chiaro che il fine del cambiamento non è uno spostamento dell’esercizio del potere da una all’altra parte politica, ma il sopravvenire di nuove condizioni che rispondano alle reali esigenze della maggioranza della popolazione.
(31 marzo 2006)

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