Intervista a Luciana Sbarbati - Abbiamo raccolto le opinioni della segretaria nazionale Movimento Repubblicani Europei
Daniela Ricci Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2006
Una leader politica in Italia è una vera rarità. Com’è che i Repubblicani hanno eletto una donna?
Nei momenti di crisi grave i partiti vedono le donne assumere la responsabilità. I repubblicani hanno creduto in me. Ho portato avanti da sola questa battaglia: legale, politica, culturale. Un’esperienza che mi ha fatto crescere, procurandomi anche sofferenza. Il nostro movimento è stato tra i primi ad avere tre donne al vertice: io come segretaria Nazionale, Milena Mosci come vicesegretaria e Manuela Lenci come tesoriere.
Come dobbiamo chiamarla: Segretaria o Segretario?
Segretaria ci può stare, anche se non credo che questo sia il problema. Quando la parità, in termini culturali prima che politici, di dignità delle persone, di uguaglianza dei diritti civili e politici, è distante, si rimarcano le differenze sessuali nelle funzioni.
Che cos’è per lei la politica?
Essere a disposizione di un progetto complessivo di società democratica, di visione civile nei rapporti missione.
Da donna come vive l’evoluzione del ruolo femminile in politica?
Oggi ritengo che la battaglia per le donne debba essere fatta insieme da uomini e donne, per l’emancipazione di chiunque sia identificato come più debole rispetto alla maggioranza. Ho posto al nostro attuale Premier alcune questioni che ho agitato per tutta la campagna elettorale a favore dell’Ulivo. Dalle regole che i partiti politici devono cominciare a scrivere al loro interno e in Parlamento, all’opportunità di dotare il Ministero delle pari opportunità di un budget funzionale agli obiettivi e al progetto, alla necessità di vedergli affiancata una Commissione parlamentare per la parità e la non discriminazione come quella europea, in grado di censurare qualunque provvedimento - dalle leggi sul lavoro, all’assistenza - che non sia rispettoso dei principi sostenuti. Queste richieste sono state disattese. Non c’è una consapevolezza collettiva rispetto al principio della parità e della non discriminazione, manca un’operazione forte di decondizionamento che parta dalle scuole e dalla cultura.
Quale peso hanno le politiche di genere nei programmi di partito?
L’iniziativa sporadica può essere gratificante, ma diventa una goccia che nel mare si perde. Per incidere su quell’insieme di questioni che riguardano l’educazione, la formazione, i rapporti di lavoro, i rapporti delle comunità, la vita sociale delle città, è necessario un cambiamento radicale, per il quale bisogna disegnare nuove regole che producano una modificazione sia nei comportamenti immediati che negli abiti mentali.
L’impegno del governo Prodi per un governo femminile almeno per un terzo è stato disatteso. Perchè?
Il rimprovero che faccio a Prodi, come ai segretari politici, è di non aver avuto coraggio nel rompere il vecchio schema: il potere agli uomini.
Anche se presenti nelle liste, le donne non superano lo scoglio del voto e non sono elette. Perché?
Se le promesse fossero mantenute, al Governo avremmo più donne con capacità di autonoma decisione. Ma questa è una difficoltà che non si misura nel momento conclusivo, bensì a valle. La legge determina l’elezione di una donna in relazione alla posizione che le viene assegnata in lista e i partiti affidano alle donne ruoli e posizioni spesso secondarie. E’ necessario intervenire sulla legge attuale e sul funzionamento interno dei partiti con proposte di modifica dei regolamenti.
E le quote rosa?
Le ritenevo riduttive e mortificanti. Visto questa chiusura alle donne, è una via che va considerata e sostenuta con altre azioni positive.
Quali sono i punti di svolta?
Le donne devono assumere il ruolo della politica come valore. Perché questo avvenga, anche la politica deve ritrovare la sua dimensione alta, il suo valore etico. Se la politica è scandalo, degenerazione, corruzione, chi vi s’impegna viene assimilato a questi disvalori. E’ un percorso in cui il nostro Paese segna una grande arretratezza. In Europa arrivano dai paesi nordici giovanissime parlamentari europee, noi arriviamo al parlamento Europeo a cinquant’anni. E’ necessario svecchiare la politica, liberarla dalle sovrastrutture partitiche, restituirle il fascino degli ideali.
Che rapporti ha con le altre donne in politica?
Nella passata legislatura era stato avviato un confronto vivace. Ho proposto l’incontro «Donne e politica» con l’intento di dare origine ad una Costituente nazionale trasversale a tutti i partiti, capace di offrire alle donne uno spazio di rappresentanza, di presenza, di decisione, di riflessione, per una effettiva ricaduta di potere e di impegno per il cambiamento delle regole. Nonostante l’alta partecipazione, l’iniziativa ha subito uno stop. Mi auguro che l’attuale Ministra, valutandone l’importanza, la riprenda in mano.
Quanto è difficile gestire un‘attività impegnativa e insieme seguire i figli e la famiglia?
Anche prima di fare politica avevo una vita molto intensa: professione, volontariato, che ho cercato di armonizzare con gli impegni familiari. Di sicuro qualche sbaglio l’ho fatto, ma ho speso tutta me stessa per dare il meglio. Purtroppo i tempi, i luoghi e gli spazi della politica sono ancora difficilmente praticabili per le donne. Occorre che la società e i partiti si diano delle regole capaci di rispettare la donna nella sua dimensione. Va fatto un percorso di valorizzazione della diversità e di complementarietà che vede insieme uomini e donne agire nel rispetto e nel reciproco riconoscimento della comune dignità di persone.
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