Giulia Perroni - Precisa musicalità, solennità e potenza di una parola che “esprima un’adesione civile e umana alla verità”
Benassi Luca Martedi, 26/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009
Incontrare Giulia Perroni significa immergersi in un sorriso benevolo, occhi pieni di dolcezza e una voce abituata al dialogo, a scandire i versi con una precisione musicale che sembra sgorgare direttamente dal cuore, una voce educata negli anni di frequentazioni teatrali. È un’incontro che dona serenità, un sentimento che questa poetessa romana, ma nata a Milazzo, riesce a infondere alle serate di poesia che organizza insieme al marito e poeta Luigi Celi all’Associazione Aleph di Trastevere, a Roma, e che sempre fa sentire a casa, fra amici. Eppure a leggere la poesia di Giulia Perroni ci si accorge che dietro quella dolcezza, dietro l’apparente mitezza, si nascondono una forza e un coraggio straordinari, una capacità di forgiare la parola con la fede, la riflessione attenta e matura sulla condizione dell’essere umano su questa terra e il suo rapporto con il divino, la consapevolezza fiera e dolente a un tempo di essere donna e madre. È questa continua riflessione sulla natura femminile e il suo agire nella storia, nel progetto di Dio e in una teologia maschile ed estranea, a costituire la cifra di maggior maturità della poetessa, e che la porta a una continua e profonda indagine filosofica. Si tratta di una poesia capace di muoversi sul doppio filo della denuncia del dolore della condizione femminile e del canto dell’essere madre, dispensatrice di vita e amore, senza mai discostarsi da un principio tonale che regala ai versi musica e colore. I testi della Perroni cercano una musicalità precisa, spesso aggregata intorno alla misura dell’endecasillabo, che mai cede a un lirismo di maniera ma tende invece alla solennità, all’intensità e all’asciuttezza dei Salmi e dei profeti biblici, prendendo da questi la potenza di una parola che esprima un’adesione civile e umana alla verità, non rinunciando tuttavia a un’adamantina sensualità. Questa poesia riesce ad incantare con immagini evocative e cariche di significato, movimenti telluri in grado di scuotere l’io, instaurando un continuo dialogo con una natura scarna ed essenziale, metafora della vita dell’essere umano, della nascita e della fine, del dolore e della speranza: la neve, il cielo, la quercia, il fiore, presenze senza aggettivi che abitano questi versi come espressione dello spirito di Dio.
In un’epoca editoriale dove i libri importanti sopravvivono per meno di due anni, Giulia Perroni è una poetessa dalla quale imparare nel tempo lungo: la mitezza del sorriso, il coraggio della parola, il sorso del verso; una poetessa da leggere e rileggere, meditandola che quella pazienza che sempre più di rado si è disposti a concedere al consumo della lettura.
Giulia Perroni ha pubblicato le raccolte poetiche “La libertà negata” (1986), “Il grido e il canto” (1993), “La musica e il nulla” (1996), “Neve sui tetti” (1999), “La cognizione del sublime” (2001) “Stelle in giardino” (2002), “Dall’immobile canto” (2004) “Lo scoiattolo e l’ermellino” (2009). Da molti anni organizzatrice culturale in campo teatrale e poetica gestisce insieme a Luigi Celi il circolo culturale Aleph.
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