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La pillola che non va giù è un’altra

La pillola che non va giù è un’altra

UDI / intervista a Laura Piretti - Da dicembre la pillola RU486 è ufficialmente in commercio anche in Italia. Tra le polemiche e gli attacchi alla legge 194

Colanicchia Ingrid Lunedi, 15/02/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2010

Dopo anni di ritardi e rallentamenti, da dicembre la pillola RU486 è ufficialmente in commercio anche in Italia. Le resistenze incontrate e la mobilitazione politica scatenata hanno riproposto un dibattito mai sopito nel nostro Paese: quello sulla legge 194, negli ultimi anni nuovamente sotto attacco.

Per approfondire la questione abbiamo intervistato Laura Piretti tra le promotrici del Comitato “Quando decidiamo noi”.



Il burrascoso iter della RU486 cosa cela in realtà a tuo avviso?

Gli ostacoli frapposti alla commercializzazione della RU486 in Italia celano la volontà di ostacolare fino in fondo e con ogni mezzo la legge 194. Infatti essendo una metodica alternativa all'intervento chirurgico, restringe il campo di azione dell'obiezione di coscienza di comodo e militante che abbiamo conosciuto in questi anni. Con la RU486 diminuiscono le figure sanitarie che possono obiettare (anestesisti, infermieri) e si consente alla donna di scegliere. Questo fa gridare all'aborto facile e da qui si capisce che lo scopo ultimo è proprio impedire, ostacolare, rallentare l'applicazione della legge 194 oltre che rendere il più dolorosa e il più difficile possibile alla donna una scelta, quella di abortire, che in realtà si vorrebbe impedire a tutti i costi.



La medicalizzazione della maternità, contro cui il Comitato punta il dito, di quali conseguenze è portatrice?

Dal punto di vista della libertà ed autodeterminazione della donna allontana la possibilità della donna di decidere come vivere la gravidanza, il parto e il puerperio, affidando a protocolli standard quella che dovrebbe essere un'assistenza personalizzata. Saper partorire ed essere libera di farlo diventano molto difficili con gli attuali modelli ospedalieri di assistenza, sui quali anche le eccezioni (regioni che prevedono possibilità di partorire in luoghi e con modalità differenti rispetto al parto medicalizzato) fanno molta fatica ad essere applicate. Anche il dolore del parto viene affrontato in modo medico (anestesia) e non si indagano valide alternative previste invece nel parto non medicalizzato (continuità assistenziale, libertà di assumere posizioni diverse, tempi lunghi consentiti, massaggi, rilassamento ecc.). Dal punto di vista della salute delle donne, poi, i dati statistici internazionali ormai concordano sul fatto che il parto "medicalizzato" ha più conseguenze negative, anche permanenti, rispetto al parto fisiologico.



In ottobre il Comitato nazionale “Quando decidiamo noi” ha tenuto una riunione programmatica su tutte le questioni legate al generare. Quali proposte di azione sono state delineate?

Il Comitato ha messo a fuoco alcuni nodi attorno alla legge 194 (obiezione di coscienza, ritardi sulla RU486, necessità della ricetta medica per la pillola del giorno dopo) su cui intervenire. Sul tappeto vi è anche l'assistenza alla gravidanza, parto e puerperio e la necessità di riportare l'attenzione sulla scelta informata, sulla diversificazione dei luoghi dove partorire e, qualora le condizioni lo consentano, il diritto al parto non medicalizzato. Da porre all'attenzione, infine, la responsabilità di quelle Regioni che non applicano il sostegno all'allattamento, l'assistenza anche a domicilio ed i servizi previsti dalla legge nazionale per la donna che ha appena partorito.







Sulla scia del convegno nazionale “Generare oggi tra precarietà e futuro”, promosso dall'Udi nel 2005, il 31 maggio del 2008 è nato in seno all'associazione, ma con la partecipazione di donne di diversa provenienza, il Comitato “Quando decidiamo noi”. A partire dalla questione della precarietà femminile e della complessità dei temi che ruotano attorno alla maternità, il Comitato promuove riflessioni ed azioni con lo scopo di incidere sull'assetto sociale e la democrazia di questo Paese.











(15 febbraio 2010)



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