Martedi, 12/09/2017 - È scomparsa la sottotenente Renata Rubini, medaglia al valor militare della Resistenza, ovviamente partigiana. Una partigiana fatta a modo suo: non l'ho conosciuta e me ne rammarico, perché le notizie locali che danno conto della sua vita mi hanno sollecitata a cercarne l'immagine su Internet. La foto la mostra ad una manifestazione dell'Anpi, anziana, con i capelli bianchi un po' ribelli al pettine, la persona solida, il volto chiuso, fermo, quasi prepotente. Non mi è stato difficile di pensarla a vent'anni mentre schiaffeggiava un fascista che a San Gabriele di Baricella respingeva brutalmente le donne che nel '44 organizzavano gli scioperi contadini. Renata era una bracciante, una che si era fermata alla quarta elementare, ma laureata dall'esperienza di vita e consapevole di sé e delle sue scelte fino a scegliere la riservatezza e il distacco dagli onori. Infatti, comunista e gappista mantenne la "sua" fedeltà agli antichi principi e non mancò mai alle celebrazioni dell'Anpi; ma era una "strana" che non si metteva mai in prima linea, non aveva sollecitato il riconoscimento attribuitole da Sandro Pertini. C'erano state donne partigiane - più o meno cancellate dalla memoria - che non chiesero il riconoscimento dello status partigiano (le "staffette" furono informate per chiederlo?), non tutte ricevettero i gradi militari non richiesti e le medaglie spesso volute dalla solidarietà di altre donne, in particolare non tutte accettarono l'assegno che accompagnava il riconoscimento. La guerra era una cosa orrenda: le donne avevano dovuto prendervi parte, correre pericoli, combattere, uccidere. Dopo che era finita, ricominciava la vita e quel che si era fatto, apparve chiaro, che si era fatto gratis. Adesso si va avanti.
Foto da: https://www.facebook.com/StorieVecchie/photos/a.719896458154601.1073741828.719666681510912/817037781773801/?type=3&theater
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