Domenica, 02/06/2013 - LA PAROLA INFUOCATA DI IOLE CHESSA OLIVARES
SULLE VIE DEL FUOCO
Parole da lontano
s’inchiodano nell’anima,
stordiscono prudenze meschine,
scintillano nel vivo
rovesciarsi del mondo.
Poi, a strappi,
sulle vie del fuoco
cenere nella cenere,
silenzio poco a poco
fino al niente dell’oblio.
Iole Chessa Olivares, La buccia del grido, Lepisma, 2008
Il tema dell’andare, del cammino della via – come in questo caso – è molto presente nella poesia di Iole Chessa Olivares (In cammino, per esempio).
Anche la parola è totalizzante – viva e indispensabile - per Iole (La parola screziata, La parola nascente) ed è anch’essa presente in questa lirica. Da dove giunge la parola poetica? Da lontano, dalla bruma (La parola screziata), sibila, sbanda (La parola nascente), inchioda, stordisce, scintilla. Potenza della parola! Una volta bloccata nell’anima non va più via, disorienta, tramortisce, splende. Ecco la parola poetica scardina il mondo, non può non rovesciarlo e ricomporlo.
C’è un netto contrasto, una chiara contrapposizione tra la prima strofa e la seconda: nella prima, si parla di parola, nella seconda di silenzio; nella prima si parla di fuoco, nella seconda di cenere. Perché la parole poi si affievolisce e sulle vie del fuoco, sul sentire bruciante della vita, cenere su cenere, si avvia al silenzio. Ma quella “cenere”- per eccellenza valore residuale, è ciò che resta dopo l’estinzione del fuoco. Dunque, antropocentricamente, è anche il cadavere, residuo del corpo dopo che si è spento il fuoco della vita. Da notare che sia il silenzio sia la cenere sono preludi d’apertura alla rivelazione, aprono un passaggio.
La metafora del fuoco campeggia nella lirica: fuoco purificatore, fuoco della passione, fuoco dello spirito, soffio della conoscenza intuitiva; fuoco purificatore e rigeneratore. L’uomo è fuoco dice San Martino: la sua legge, come quella di tutti i fuochi, è di dissolvere (il suo involucro) e di unirsi alla fonte da cui è separato.
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