Mercoledi, 25/11/2020 - Il 2020 è un anno difficile e complesso per tutti, il primo lockdown insieme a questo attuale ha messo e continua a mettere in crisi non solo, purtroppo, il mercato del lavoro italiano, già poco florido, ma anche i rapporti famigliari e di coppia.
La casa è divenuta sia rifugio dalla pandemia virale sia luogo di reclusione per tutte quelle donne e i loro figli che subiscono o assistono alle minacce, agli abusi e alle vessazioni reiterate da parte del convivente maltrattante.
Da una analisi dell'Istat (“Il numero verde 1522 durante la pandemia”, agosto 2020) tra marzo e giugno le chiamate all'Helpline Violenza e Stalking sono raddoppiate e le segnalazioni via chat sono quintuplicate; mentre, è diminuito il numero di visite presso i centri antiviolenza (per la riduzione delle loro attività) e agli sportelli donna all'interno degli ospedali (sia per la paura del contagio sia perché troppo sovraccaricati dalla gestione dell'emergenza sanitaria).
Se già precedentemente alla pandemia era molto difficile per una donna segnalare una violenza e denunciare, con questa chiusura totale si è rivelato quasi impossibile comunicare con l'esterno (per via delle limitazioni dei contatti con parenti e amici); ed anche per le operatrici antiviolenza e per le FF.OO. si è dimostrato davvero arduo intercettare queste gravi situazioni famigliari.
L'impatto economico del lockdown sulle famiglie non ha fatto altro che far nascere o esacerbare i conflitti tra partner per problemi economici, lavorativi o per difficoltà legate alla condivisione continuativa degli spazi (molto spesso ristretti): donne senza un lavoro hanno sentito ancora più forte la loro dipendenza economica dal compagno maltrattante; uomini violenti, con il sopraggiungere di problemi economici, hanno scaricato la loro rabbia su donne e bambini; per non parlare di tutte quelle donne che si sono sacrificate per la famiglia e hanno lasciato o sospeso la loro attività lavorativa per seguire i loro figli a casa nella didattica a distanza, come fosse un atto dovuto in un contesto ancora patriarcale, come quello italiano.
Ma andiamo per ordine e analizziamo nello specifico quale sia stato l'impatto del Covid sulla violenza di genere, facendo riferimento all'interessante report delle Nazioni Unite dal titolo “Covid-19 and Ending Violence Against Women and Girls”, che già ad aprile 2020 aveva anticipato l'aggravamento delle disuguaglianze di genere in 5 ambiti: ambito economico, della salute, del lavoro di cura non retribuito, della violenza domestica e di genere e in generale nei contesti di fragilità.
Durante l'epidemia, l'esistente pandemia della violenza di genere si è diffusa maggiormente, poiché la sicurezza, la salute e le preoccupazioni legate al denaro hanno creato tensioni, accentuate dalle condizioni di vita anguste e bloccate dal lockdown.
La chiusura ha, a sua volta, causato l'isolamento: le donne vittime di violenza domestica non hanno potuto raggiungere persone esterne a cui avrebbero chiesto aiuto in tempi “normali”, come ad esempio insegnanti, assistenti sociali, sacerdoti. Inoltre, laddove l'accesso ai servizi essenziali è stato ridotto o gestito in maniera diversa a causa del distanziamento (consulenza telefonica, via mail o altre piattaforme) le richieste di aiuto sono calate, soprattutto se pensiamo al cosiddetto divario digitale di genere che purtroppo caratterizza alcune donne di determinati segmenti della popolazione e in specifiche zone geografiche o se ci riferiamo a tutte quelle donne che non possono avere accesso al cellulare o al computer o ad internet perché oggetti “monitorati” per ovvi motivi dall'uomo violento. Invece, nei casi in cui le donne hanno avuto la possibilità di accedere alla tecnologia, la violenza online di genere è aumentata, come si evince dal rapporto dell'Europol di marzo 2020 (“Pandemic profiteering: How criminal exploit the Covid-19 crisis”). Infatti, durante le restrizioni di spostamento, l'uso delle piattaforme online si è intensificato e questa situazione è stato usata come un'ottima opportunità per adescare giovani vittime. Secondo i dati dell'Europol, le attività di coloro che cercano materiale pedopornografico è in aumento. Diverse forme di cyber-violenza (stalking, bullismo, molestie sessuali, revenge porn, sexting, sextortion) si sono diffuse in maniera esponenziale.
Per quanto riguarda l'impatto economico durante la chiusura totale o parziale di aziende e industrie, questo ha comportato una forte pressione finanziaria sulla comunità intera, specialmente su quelle fasce della popolazione già deboli, come le donne impegnate in lavori non regolari, saltuari, precari, poco o male retribuiti, con scarsa o assente sicurezza di un reddito fisso o senza protezione sociale. La perdita del reddito per le donne in situazioni di abuso ha reso ancora più difficoltosa la fuga dalla loro prigionia.
In definitiva, tale epidemia ha indotto e induce tuttora ad un rischio più elevato di violenza domestica (fisica, psicologica, assistita, sessuale ed economica) e acutizza le differenze esistenti, basate sullo status economico sociale, sulle competenze, sull'età e sul genere.
Per concludere, gli effetti finanziari della pandemia da Coronavirus possono arrivare a compromettere anche le azioni di lotta pacifica e mobilitazione messe in campo dalle organizzazioni femminili del territorio per ottenere riforme e fondi contro la violenza di genere.
Per questo, sarà necessario destinare una parte del Recovery Fund alle donne, al potenziamento dei servizi per le donne vittime di violenza (soprattutto nei casi di emergenza come questo), alla riduzione del divario di genere nel mondo del lavoro, all'aumento della loro partecipazione al mercato del lavoro formale, alla parità di retribuzione e alle pari opportunità in ogni ambito, politico e sociale.
Se non si agirà nel più breve tempo possibile, la violenza di genere continuerà a svilupparsi contemporaneamente a disoccupazione, tensioni finanziarie e insicurezza sociale.
A cura di Nicoletta Calizia
Sociologa, Criminologa, esperta in violenza di genere, diritti dei minori e politiche del lavoro
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