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La pace possibile, nella reciprocità

La pace possibile, nella reciprocità

Intervista a Luisa Morgantini - "basterebbe ascoltare le voci delle donne e di tutte quelle forze e gruppi interni a Israele che riconoscono il diritto di vivere insieme, ciascuno nel proprio stato"

Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2006

"E’un viaggio nella disperazione e nel dolore, nell’impotenza e nella rabbia". Luisa Morgantini, eurodeputato di Rifondazione Comunista, non trova altre parole per descrivere l’orrore di Gaza, territorio “ai confini del mondo”. Prigione a cielo aperto dove una intera popolazione, più di un milione e mezzo di palestinesi, vive ai limiti della follia. Privata di tutto. Nell’indifferenza della comunità internazionale che continua a tacere sulle violenze e gli abusi. Sull’arroganza dei più forti e sulla violazione dei diritti umani, sistematica, perpetrata dal Governo di Israele. "Hanno chiuso le frontiere, per uomini e merci - dice Luisa Morgantini -, hanno affamato l’economia di un popolo che non può più esportare o importare prodotti". Ma la porta della prigione si apre quando i carcerieri permettono alle merci costosissime, made in Israel, di varcare i ceck point immettendo sul mercato beni di consumo che nessuno può comprare. Una beffa crudele. E non soltanto per quel 60% di palestinesi che ha perso il lavoro ma anche per i giovani che non possono studiare. Scuole e Università chiudono e nei Territori è guerra aperta, unilaterale. Una caccia all’uomo senza confini, un massacro silenzioso che conta i morti nei telegiornali ma non crea scandalo nella politica. Una deprivazione fisica e mentale che non ha più niente di umano. Una vergogna infinita contro una popolazione che ha solo il torto di voler vivere dove è nata. Come sempre il prezzo più alto è quello pagato dai civili. Sono 525 le famiglie che hanno ricevuto l’ordine di lasciare le proprie case. Verranno distrutte. Rase al suolo, per “spianare” ogni possibile resistenza palestinese.

Dal 25 giugno la situazione è precipitata...
Si, da quando è stato rapito il soldato israeliano Shalit, ma in realtà è così da quando Sharon ha deciso con gesto unilaterale il ritiro dei coloni, pur continuando l’assedio di Gaza, è stata una scelta crudele. Un modo di far politica meschino e contraddittorio.

Che atmosfera hai trovato a Gaza?
C’è una implosione di violenza senza precedenti. Lo scontro tra le forze palestinesi dopo le elezioni di Hamas ha tracimato nella società. La violenza è diventata parte della vita quotidiana. Soprattutto in famiglia, dove ancora una volta sono le donne a pagare il prezzo più alto.

Si parla di prigioni a cielo aperto, come vivono i palestinesi?
Io non so come riescano a sopravvivere senza impazzire. Non si può vivere senza libertà né futuro. Soprattutto i giovani, che sono chiusi dentro questa striscia di Gaza da anni senza poter uscire per andare a lavorare, studiare o per raggiungere le famiglie.

C’è ancora spazio per la cultura?
I palestinesi hanno sempre considerato l’istruzione un grimaldello per la riscossa. Il tasso di alfabetizzazione è altissimo e nelle università hanno studiato e si sono laureate moltissime donne. Anche le famiglie più povere riuscivano a mandare i figli a scuola. Oggi la situazione è cambiata e sono troppi i ragazzi che abbandonano la scuola perché non hanno soldi neanche per mangiare.

Scuole chiuse e università deserte...
Gaza è stata completamente sigillata. Hanno bombardato tutti i ponti e distrutto la centrale elettrica. I giovani che erano iscritti nelle università fuori dalla striscia non sono più potuti ritornare a casa, né quelli di Gaza andare a studiare in Cisgiordania dove ci sono ben 643 check point militari. Intere famiglie sono state divise e molti ragazzi vivono in clandestinità. Le Università sono chiuse perché gli studenti non ci possono arrivare. Da poco la paralisi è arrivata anche alle scuole. Gli stipendi pubblici non vengono pagati da otto mesi, la società civile è al collasso.

Boicottaggio economico?
Si, ma anche isolamento da parte della comunità internazionale. La verità è che Israele, che raccoglie i dazi doganali per poi riconsegnarli all’Autorità Palestinese, ha trattenuto ma io dico: rubato, ben 60 milioni di dollari!

Perché?
Sia Israele che la comunità internazionale considerano Hamas un gruppo terrorista. I palestinesi, con le elezioni del gennaio 2006, definite democratiche dal mondo intero, hanno eletto liberamente un governo che Israele reputa illegittimo e non vuole riconoscere. Malgrado le parole della comunità internazionale che chiede ci siano due popoli e due stati, nulla è stato fatto per far si che Israele applicasse le Risoluzioni dell’Onu o che rispettasse un minimo di legalità internazionale.

L’immigrazione dei coloni continua?
L’insediamento all’interno dei territori occupati da Israele nel ’67 continuano. I coloni arrivano in quella terra pensando sia loro, per diritto divino, e vorrebbero che i palestinesi se ne andassero nei 22 paesi arabi lasciando tutto. L’obiettivo è evidente: vogliono azzerare la storia e l’identità di un popolo.

Che impressione ti ha fatto il Muro?
La propaganda dice che quel muro è stato costruito per la sicurezza di Israele, in realtà è ancora una volta un mezzo per sottrarre terra ai palestinesi e prendere pozzi e falde acquifere che guarda caso sono ora, nel territorio annesso da Israele, dove ci sono case con piscina e campi irrigati. Mentre dall’altra parte, ai palestinesi, l’acqua se va bene, arriva una volta la settimana.

Qual è la posizione di Hamas?
Hamas ha applicato e continua ad applicare il cessate il fuoco malgrado ogni giorno gli israeliani ammazzino civili e capi palestinesi. Le incursioni nelle città palestinesi non hanno modificato la politica di Hamas che ha riconosciuto lo stato di Israele entro i confini del 1967 mentre Israele non ha mai riconosciuto lo Stato di Palestina. Bisogna ci sia reciprocità e da qui ripartire per un’operazione di pace utile a Israele che diventerebbe finalmente un paese normale all’interno del medioriente. Fermare la politica del governo Olmert significa anche salvare Israele dall’autodistruzione.

Perché l’Unione europea non prende posizione?
I Governi europei vivono nel ricatto permanente. Chiunque critica la politica di Israele viene considerato antisemita. Basterebbe ascoltare le voci degli israeliani pacifisti che rivendicano con forza la pace e il negoziato. Basterebbe ascoltare le voci delle donne e di tutte quelle forze e gruppi interni a Israele che riconoscono il diritto di vivere insieme, ciascuno nel proprio stato.

Unica Italiana premiata dal Parlamento europeo

Si chiama "Mep Aword". E' il prestigioso riconoscimento, che il Parlamento Europeo, attraverso il voto dei suoi membri, conferisce ogni anno a quei parlamentari che si sono particolarmente distinti nei settori di propria competenza. Un tributo alla meritocrazia e all'impegno che quest'anno è
andato a Luisa Morgantini, Presidente della Commissione Sviluppo, impegnata da venti anni nell'azione di pace tra i popoli del Medioriente. Dalla parte delle donne, in Afganistan e Kurdistan, in Palestina e Israele, Luisa Morgantini si è sempre schierata a favore della causa del popolo
palestinese, contro la violazione dei diritti umani e nel rispetto della legalità internazionale. Il premio, consegnatole il 10 ottobre scorso, ha voluto sottolineare il suo impegno nella politica di cooperazione allo sviluppo, in Africa e nel Medioriente.

(10 dicembre 2006)

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