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La nuova UE alla prova del genere

La nuova UE alla prova del genere

EUROPEE, COME E PERCHÈ /4 - Un modello sociale e democratico da riaffermare per superare una crisi che non è solo economica

Bartolini Tiziana Lunedi, 05/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014

 "Le donne sono state protagoniste della costruzione dell'Europa, che nei Trattati e nelle Carte fondanti afferma la parità di genere e la necessità di superare le discriminazioni. L'Europa ha fatto promesse che deve mantenere”. Livia Turco, a margine del convegno organizzato dalla Fondazione Nilde Iotti, di cui è Presidente, “Uno sguardo di genere per una nuova Europa’ (Roma, 11 aprile) sottolinea il focus dell’iniziativa. “Oggi va costruita una democrazia partecipata, per cambiare le istituzioni e rilanciare il modello sociale. Va alimentato un dibattito pubblico che faccia crescere una società civile europea perché di UE occorre parlare nella dimensione quotidiana”. Tra le numerose relazioni, Anna Loretoni, docente di Filosofia Politica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha sottolineato quanto la nostra sia stata “una cultura politica europeista molto fragile, spesso retorica o di facciata” ma al contempo come “in questi anni l’Europa abbia dato molto alle donne in termini di diritti sostanziali, di un’uguaglianza non formale anche perché ha fatto da traino per superare ritardi nelle politiche nazionali”. È oggi, quindi, “occorre spiegare l’Europa che vogliamo anche in termini di valori e di diritti civili e sociali”.



Gli interventi sono stati attraversati dalla piena consapevolezza della criticità del momento che vive l’UE accanto alla preoccupazione sulla tenuta dell’idea di comunità complessa ma indispensabile. La crisi economica sta mettendo in crisi il modello che l’Unione si è dato e un’inversione di tendenza sostanziale è stata invocata, a partire da un’affermazione delle forze politiche progressiste alle prossime elezioni europee e in misura tale che possa garantire la possibilità di realizzare i cambiamenti. “Con questa crisi economica, finanziaria, sociale e di sistema il rischio serio è di andare verso una società europea più polarizzata, divisa e depressa - ha dichiarato Francesca Marinaro - mentre occorre creare consenso intorno ad un’idea di cambiamento che punti ad un’Europa democratica e sociale più vicina ai cittadini e alle cittadine”. Lo scenario che si auspica è di una guida politica che possa prevalere sulla visione finanziaria, burocratica ed economica di questi anni. Marinaro ha parlato della necessità di “riforme radicali in ottica di genere” se si vuole evitare di scaricare la crisi sulle spalle delle donne e se si punta ad ottenere risultati positivi dalla Strategia 2020, soprattutto in materia di occupazione e di pari opportunità tra uomini e donne. Proprio sulle complesse situazioni del lavoro si è soffermata la sociologa Maria Grazia Rossilli. “La Strategia 2020 ha come slogan una crescita economica intelligente (cioè basata sulla conoscenza), sostenibile (rispettosa dell’ambiente e delle future generazioni) e socialmente inclusiva. Contiene anche vari obiettivi quantitativi ponendosi il 75% come tasso di occupazione nella popolazione tra i 20 e i 65 anni e la riduzione di 20 milioni delle persone a rischio povertà (che è attualmente valutata in 80 milioni).



È apprezzabile che ci siano degli obiettivi così definiti, ma l’obiezione sollevata riguarda il fatto che non sono declinati per genere. Questo, accanto al fatto che tralascia o parla frammentariamente delle donne, è un campanello d’allarme”. A rincarare la dose di preoccupazione, Rossilli ha citato le criticità legate al mercato del lavoro in relazione alla flessibilità. “L’aver visto l’occupazione solo dalla parte del mercato e dell’offerta insieme alla rigidità posta come questione centrale ha acuito le differenze e ha determinato anche una corsa al ribasso del costo del lavoro. La crisi ha peggiorato questa situazione e la tendenza è stata a sostituire i lavoro qualificati con lavori a tempo determinato. L’effetto è stato l’aumento della precarietà e quindi della povertà. Nel febbraio 2013 la Commissione europea ha approvato un pacchetto complessivo per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale per i soggetti svantaggiati, ma poiché i finanziamenti sono tutti nazionali si sono evidenziate contraddizione con le politiche di austerità e di rientro del deficit. Altra questione è che nel pacchetto non c’è il genere, non ci sono le donne.



La gravità della situazione che si è prodotta è illustrata nel report sull’uguaglianza tra uomo e donna contenuto nel documento staff working della Commissione, dove è spiegato come la crisi - insieme alla marginalizzazione delle politiche di austerità per le donne in particolare e le politiche di uguaglianza di genere - abbia bloccato il processo dell’indipendenza economica delle donne”. Ha messo in guardia dall’eccesso di autocritica cui si assiste Sonia Masini, Presidente della Provincia di Reggio Emilia, ricordando che “l’Europa è uno spazio di democrazia che offre opportunità vere. Certamente va cambiata e le donne possono farlo, ma devono chiedere a se stesse cosa vogliono. Soprattutto devono organizzarsi invece di rimanere frammentate. Occorre unirsi riconoscendo le sensibilità differenti e mettendo in campo passioni e competenze. Le donne e i giovani sono la forza di questo continente e devono diventare protagonisti”. Tra i vari interventi di ospiti straniere ha colpito la passione della ungherese Zita Gurmai, Presidente delle donne PSE ed europarlamentare, che ha lanciato l’appello per una rete dei partiti socialisti perché, ha detto, “se vogliamo un'Europa diversa dobbiamo avere relazioni diverse con i militanti e soprattutto con le donne e lavorare ad un appuntamento annuale di questa rete”.

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