Login Registrati
La 'nuova onda' delle cineaste

La 'nuova onda' delle cineaste

Russia - Una ricca produzione di film e tutta al femminile

Cristina Carpinelli Mercoledi, 22/12/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2010

Il cinema russo è in fermento. Tanto che si può parlare di una sua rinascita. Ed è proprio in questo contesto che si colloca la nuova ricchissima produzione al femminile: tante, tantissime registe donne, che si sono fatte notare, come non accade da tempo in nessun’altra cinematografia contemporanea. Questa produzione al femminile, sostiene Alena Shumakova, esperta cinefila, esprime una delle tante anime del cinema russo del presente (“il nostro cinema è come una matrjoska - con tante bambole una dentro l’altra”). Ma qual è l’identikit di queste registe? Sono donne comprese tra i 30 e i 50 anni. La più giovane è Ekaterina Shagalova, classe ‘76, col suo film C’era una volta la provincia (2008). In esso si parla della vita monotona di una cittadina di provincia improvvisamente scossa dall’arrivo di Nastja, una popolare star di un serial televisivo. Delusa dalla vita e da se stessa, cerca di rifarsi una vita. Decide, quindi, non sapendo dove altro andare, di raggiungere la giovane sorella. In questo luogo, ogni sera, nel cortile dell’ostello locale, si ritrovano i giovani ad oziare, perché nella provincia non c’è nulla di meglio da fare. Tutti desiderano amare, ma amare qualcun altro e in modo diverso. Con Nastja, le cose cambieranno: le intricate relazioni degli amici tenderanno a sciogliersi come neve, i segreti smetteranno di essere segreti, i misteri non saranno più misteri: una febbre d’amore avvolgerà la cittadina provinciale. Ma quando sembra che tutto stia per cambiare, una tragedia inattesa rimetterà tutto al suo posto.

La provincia russa rappresenta un po’ il simbolo di questo nuovo cinema al femminile, che si spinge a raccontare storie di gente qualunque, che vive nella campagna sterminata della grande Russia, come, ad esempio, quella della protagonista del film della Shagalova. Il tema conduttore di questo nuovo genere non è pervaso dal glamour di Mosca, San Pietroburgo o di grandi personaggi, che s’incontrano, invece, in altri film russi (altrettanto belli) di registi uomini, come L’ammiraglio di Andrej Kravchuk (epopea sull’ammiraglio Aleksandr Kolchak, 2008) o Una stanza e mezzo o viaggio sentimentale in patria di Andrej Khrzhanovskij (sintesi perfetta di storia e invenzione favolistica ispirata alla vita del poeta russo Josif Brodskij, 2008). Guarda, invece, a persone, che sono lontane dai riflettori della notorietà, e che costituiscono la moltitudine.

Volge il suo sguardo alla campagna anche il film Nonnina (2003) di Lidija Bobrova, a sfondo più sociale rispetto a quello della Shagalova. In esso si sottolinea la perdita di identità di un intero paese. Nel film, ci s’interroga, infatti, su una Russia che ha smantellato i valori umani per lasciare spazio ai “nuovi russi”, gli arricchiti, quelli che hanno approfittato del libero mercato. È una denuncia impietosa verso un mondo che nella sua rocambolesca trasformazione ha rinunciato a valori come la solidarietà tra le persone, dove persino gli affetti più stretti sono messi a dura prova. Una trasformazione su vasta scala, che ha colpito pure il tessuto connettivo della campagna russa. Nel film, la protagonista Tusja, detta Babusja (che vuol dire “nonnina”), dedica la sua vita a crescere la figlia e i nipoti in un piccolo villaggio della Russia. I nipoti riusciranno a costruirsi un futuro grazie a Tusja, che metterà in vendita la sua casa di campagna e andrà a vivere insieme con la figlia. Intanto gli anni passano e un giorno la figlia di Tusja dovrà essere ricoverata in ospedale. Il genero decide allora di mandare la suocera a vivere con la sorella Anna in un remoto villaggio. Insieme le due donne affronteranno i rigori della vita quotidiana, si crogioleranno nei loro comuni ricordi e trascorreranno piacevoli serate con le vicine di casa. Ma poi, anche Anna, a causa di una brutta caduta, dovrà essere ricoverata in ospedale. Per questa ragione, sua figlia Lisa, giornalista che vive a Mosca, raggiungerà il piccolo villaggio per trovare una nuova sistemazione alla zia Tusja presso qualche nipote, ma nessuno la vuole. Inizia un’avventura fatta di sballottamenti da un posto all’altro, sino a che l’anziana donna troverà rifugio temporaneo presso un nipote scappato, insieme con la famiglia, dalla Cecenia devastata dalla guerra. Quest’uomo ha una giovane figlia che, traumatizzata da un’esplosione, “non parla più”. E qui Tusja, con la sua dolcezza e semplicità, riuscirà a compiere il miracolo: far parlare la ragazzina “muta”. Tusja ha vissuto una vita onesta, la rincorsa moderna al denaro, piacere e divertimento non hanno soffocato in lei le tracce dell’amore e della compassione. Lei è solo un viandante in questo mondo, in ascolto della voce del suo angelo…….

Spesso in questi film c’è anche la ricerca di affetti perduti o mai avuti, come nel malinconico In viaggio con gli animali domestici (2006) di Vera Storozheva, uno dei film più belli di questa nuova cinematografia russa. È un viaggio (simbolico e reale allo stesso tempo) alla ricerca o scoperta dell’amore, a fronte del degrado della provincia, dello stordimento del bere. Natalja, cresciuta in un orfanotrofio e venduta in sposa da bambina, è trattata dal marito-padrone come una serva. Rimasta vedova, intraprende un percorso di riscoperta di sé e della vita. Dopo vari tentativi di conquistare la propria libertà lungo la ferrovia, cui è legata la sua casa e la sua vita passata (ha una breve storia d’amore con un giovane uomo che interrompe, poiché l’uomo riproduce i comportamenti di padre-padrone dell’ex-marito), trova finalmente la forza di raggiungere il suo vecchio orfanotrofio. Suoi compagni d’avventura saranno una capra e un cane. Nell’orfanotrofio riscoprirà la bellezza degli autentici rapporti umani e incontrerà un bambino che deciderà di adottare. Insieme con lui e il cane (la capra la donerà all’Istituto) si costruirà una nuova vita.

Questi film - afferma Marina Razbezkina, veterana del documentario - hanno segnato il cambiamento: “Finalmente il cinema russo è entrato nella realtà, ha abbandonato le metafore, la cultura rivolta verso l’alto, per occuparsi delle persone noiose, la gente comune”.



(27 dicembre 2010)



Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®