Elezioni 2009 - Tra euroscettici e destre montanti, la flebile speranza del nuovo Parlamento è qualche donna in più
Bartolini Tiziana Mercoledi, 01/07/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2009
La nuova Europa, allargata a 27 Paesi con un totale di circa 375 milioni di votanti, lo scorso giugno ha scelto: la maggioranza dei suoi rappresentanti appartiene al Partito popolare europeo (cioè al centro-destra) e, oltre agli euroscettici, per la prima volta entrano nell’europarlamento anche partiti xenofobi. Alla prima seduta costitutiva, il 14 luglio, 736 eurodeputati si sono avviati in un cammino complicato in cui gli interessi nazionali si intersecano con quelli di partito e in cui ogni decisione deve passare sotto le forche caudine della diplomazia, alla continua ricerca di equilibri tra gli interessi delle lobby e quelle dei cittadini e della politica. La formazione della nuova assemblea sovranazionale presenta alcune novità che è il caso di segnalare, a partire dalla percentuale media complessiva delle donne elette, che è aumentata passando dal 30 al 35%. Scrutando all’interno di questo dato generale, però, le differenze tra i vari Paesi membri sono profonde. Per rincuorarsi meglio iniziare dal 50 e 50 dell’Estonia se non addirittura dal sorpasso delle elette sugli eletti di Svezia e Finlandia. I clamori si spengono immediatamente se si prendono in considerazione i fanalini di coda: Malta non ha eletto nessuna donna, mentre Cipro per la prima volta porta a Strasburgo 2 eurodeputate. La nuova rappresentanza italiana - che è passata dai 76 seggi che aveva in precedenza agli attuali 72 in base al Trattato di Nizza - avrebbe perso presenze femminili sia in numero che in percentuale, attestandosi su un 16% che è suscettibile di incremento (prevediamo fino al 22,2%, divergendo dalle tabelle ufficiali provvisorie che ci danno al 25% ) per effetto delle rinunce di eletti che si sono candidati pur non essendo eleggibili (ad esempio il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi o i Ministri Bossi e La Russa) o che non faranno la scelta di rimanere eurodeputati (ad esempio Di Pietro) pur essendo eleggibili (inutile chiedersi perchè si sono candidati: la logica impedisce di comprendere le spiegazioni ampiamente ripetute in campagna elettorale). Altro elemento da annotare è che l’europarlamento è rinnovato per i 2/3, fatto che non è positivo in sé poiché la poca esperienza dei neoeletti può giocare in negativo sul piano della ‘produttività’ del lavoro parlamentare. La conoscenza dei meccanismi e delle procedure, dei livelli di intervento e dei passaggi informali e ufficiali richiede tempo e per i ‘novellini’ (indipendentemente dall’età anagrafica) orientarsi nella giungla della burocrazia e degli equilibri rappresenterà un lavoro impegnativo. La macchina potente e pesante dell’Unione Europea - che parla in 23 lingue, usa tre alfabeti e decide in nome e per conto di 493 milioni di cittadini - legifera sulla concorrenza, sulla libera circolazione di merci e servizi e sulla politica monetaria, promuove e condivide politiche sull’ambiente e sul cambiamento climatico, sull’energia e sulla sicurezza. Complessivamente l’incidenza delle norme, delle raccomandazioni, dei regolamenti e delle direttive sulla vita quotidiana delle persone è molto più alta di quanto non sia comunemente percepito. E questo è un problema, considerando che il processo di unificazione è iniziato più di 50 anni fa e che, pur sentendo continuamente nominare il Trattato di Maastricht e gli obiettivi di Lisbona, sono proprio in pochi a sapere che cosa questi accordi hanno significato per tutti noi.
La scuola, a parte proporre concorsi e percorsi istituzionalizzati e un po’ ingessati, non ha tra i suoi obiettivi quello di formare una coscienza europeista, i grandi flussi di comunicazione - almeno in Italia - prediligono anche nello specifico il gossip della dimensione della zucchina, gli strilli sugli scandali di qualche euro-truffa o il rilancio delle dichiarazioni ufficiali di macro-politica e trascurano l’informazione di dettaglio su specifici provvedimenti. L’Europa, da parte sua, lo sforzo di comunicare la fa, tenendo tutti i giorni una conferenza stampa e dispiegando una ‘potenza di fuoco’ multimediale che non trascura nulla: da youtube a internet a un canale televisivo satellitare (Europe By Satellite). Nonostante ce la metta tutta, l’Europa rimane distante dai cittadini e, come sottolineano a Bruxelles, “anche questa tornata elettorale è stata una somma di elezioni che non ha suscitato #foto5dx#un dibattito paneuropeo, scandita da 27 campagne elettorali fortemente influenzate dai problemi nazionali”. Un elemento, questo, che forse ha logorato l’interesse inducendo i cittadini all’astensione. Gli osservatori sostengono a tal proposito che a pesare sono stati soprattutto i nuovi 10 Paesi, mentre in altre nazioni la percentuale dei votanti è addirittura aumentata come nel caso di Bulgaria, Danimarca, Svezia, Lettonia e Finlandia. Si conferma in tutta la sua ‘originalità’ la situazione dell’Italia, che negli anni appare essere transitata direttamente da “un’adesione passiva all’euroscetticismo”.
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