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La (nuova) Chiesa tra IMU e Pro Vita

La (nuova) Chiesa tra IMU e Pro Vita

Vaticano - La volontà di ‘emancipare’ l’immagine della Chiesa cattolica si scontra con rigidità e interessi

Stefania Friggeri Lunedi, 03/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

Dal Vaticano soffia un vento di cambiamento che non tutti, anche nel grande corpo della Chiesa, condividono, vedi certi ambienti che operano nel mondo immobiliare dove l’ideale cristiano di Bergoglio rimane lontano ed estraneo. Roma è un caso esemplare: palazzi di pregio, alberghi, box, centinaia di appartamenti per un valore superiore ai due miliardi, vengono gestiti da Propaganda Fide; il dicastero, nato per promuovere la fede, si occupa invece di investire nel cemento, di aumentare gli affitti, di sfrattare chi ne intralcia gli interessi e così via, tipico esempio di quel mondo cristiano dalla “doppia morale” la cui corruzione è stata denunciata da papa Francesco. Che infatti ha ammonito: “i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi. Dovrebbero servire alla carne di Cristo e ai rifugiati”. Ma, come titolano i giornali, anche se papa Francesco accusa, il Vaticano continua a fare affari con il lusso e apre un albergo al mese, mentre i conventi restano chiusi. Ma nello scandalo della corsa al profitto c’è lo scandalo delle attività di impresa che, denunciate come attività “no profit”, realizzano grandi utili avendo ottenuto dai governi italiani, da tutti i governi di qualsiasi colore, il beneficio di non pagare l’I.M.U. (o comunque sia chiamata), sottraendo alla città di Roma, spaventosamente indebitata, la tassa dovuta dai proprietari di edifici in cui si svolgono attività commerciali. E infatti, dopo il ricorso degli albergatori romani, l’Ue ha denunciato l’Italia per concorrenza sleale costringendo il premier Monti, per non pagare una multa salata, ad intervenire. In verità la correzione è stata modesta: gli enti ecclesiastici sono rimasti esenti dalle tasse per l’anno 2013, e il governo ha dimenticato di redigere il regolamento attuativo. Letta poi ha prontamente imitato il governo Monti: chi ha detto che non moriremo democristiani? Un’evasione così prepotente, centinaia di milioni di euro, non può essere compensata dalle iniziative caritatevoli che, anzi, possono sembrare ipocrite in un sistema in cui l’elusione massiccia si accompagna con l’appello di papa Franceasco ad “una Chiesa povera per i poveri”. Insomma, forse Bergoglio dovrebbe fare una telefonata a chi di dovere, (lo suggerisce il vaticanista Politi), per far capire che “è finita l’era delle furbizie clericali”, e che intende proseguire sulla strada del cambiamento, ovvero intende uscire dalla rigidità mentale di chi passivamente si arrocca nella tradizione, nostalgico del passato e cieco alle domande della contemporaneità. Quando ormai, e non si tratta di una questione meno importante, anche il ruolo dei laici, a partire dalle donne, va affrontato e rivisto, se non altro per supplire alla mancanza di vocazioni. Ma questa problematica porta a riflettere sul tema della sessualità e dunque sulla famiglia e sulla misoginia che attraversa la chiesa. Papa Francesco propone una chiesa materna che si china misericordiosa sul peccatore, che lo ascolta e cerca di capirne le ragioni: “L’eucarestia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”, queste le parole di Bergoglio in riferimento ai divorziati, anche se non li nomina. E sulle donne: il sacerdozio rimane prerogativa dei maschi, ma le donne “devono essere presenti dove vengono prese le decisioni importanti”. In un’intervista del 18 ottobre fra le persone definite “ferite sociali”, il papa mette le donne che avrebbero voluto un figlio ma poi si sono trovate “ a dover abortire perché si sono sentite rifiutate ed abbandonate”. Una posizione da cui traspare la vicinanza affettiva di Bergoglio alla sofferenza delle donne, una posizione però da cui discende che fra i motivi che possono spingere la donna a chiedere di interrompere la gravidanza, la Chiesa ne prende in considerazione uno ed uno solo: la donna si trova sola e in povertà nell’affrontare il compito di crescere un figlio; e pertanto è buona cosa che gli aderenti alle associazioni “Pro Vita”, armati di pannolini e di omogeneizzati, siano presenti là dove si autorizza, o si esegue, l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza). Ma su personaggi come questi, persuasi di essere nel vero e nel giusto, compiaciuti della loro bontà, così si esprime Nietzsche: “Davvero non li sopporto i misericordiosi, che sono beati nella loro compassione: mancano troppo di vergogna”. E, a proposito di compassione e di vergogna, il grande filosofo tedesco confessa “di aver visto il sofferente, di questo io mi sono vergognato a cagione della sua vergogna; e nell’aiutarlo, ho offeso duramente il suo orgoglio”. Forse papa Francesco telefonerà ai cristiani dalla “doppia morale”, ma di certo non telefonerà ai volontari “Pro Vita”: cristiani che ostentano di essere prossimi al dolore dell’altro, ma lo sono solo in apparenza perché la loro dimensione ideale li tiene sempre “al di qua, nel recinto della propria identità” (Antonio Prete).



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