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La nostra amica Alka

La nostra amica Alka

Sogni realizzati - Concluso lo stage formativo presso Fabrica, la regista sostenuta anche dalle abbonate di noidonne torna a casa

Lunedi, 26/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

Alka, la giovane regista afgana che ‘noidonne’ ha sostenuto attraverso un progetto cui hanno contribuito le abbonate con una sottoscrizione e la Regione Lazio con il finanziamento per l’acquisto di attrezzature tecniche, ha concluso lo stage formativo presso Fabrica (The Benetton group communications research center) in provincia di Treviso ed è ripartita per l’Afghanistan con un bagaglio di esperienze e di affetti. Ricordiamo che attraverso il nostro progetto, oltre a farla conoscere in Italia anche sostenendo la sua opera di sensibilizzazione, l’abbiamo messa in contatto con la RAI che tramite RAI DOC 3 ha acquistato e mandato in onda il suo ultimo documentario. Insieme alle amiche della Fondazione Pangea (organizzazione no profit che sostiene le donne con l’istruzione e la formazione professionale, l’educazione igienico-saniataria e alla salute riproduttiva nel mondo per lo sviluppo del loro empowerment e dei loro diritti, e per la fine di ogni tipo di violenza, attraverso diversi strumenti educativi, di formazione professionale e di microcredito) - anche loro hanno avviato con Alka altre collaborazioni - prima che la nostra giovane amica lasciasse l’Italia abbiamo organizzato un incontro a Roma per raccogliere le impressioni sulla straordinaria esperienza che ha fatto in Italia. Alka, disegnando in poche battute un piccolo bilancio del soggiorno a Catena di Villorba (Treviso) presso Fabrica ci ha detto: “I primi tre mesi sono stati davvero terribili, per la solitudine e la difficoltà a capire come organizzarmi. Avevo sempre la sensazione di essere abbandonata a me stessa e di non saper fare le cose, poi la situazione è cambiata: ho conosciuto persone provenienti da tutto il mondo, ho migliorato il mio inglese e le mie conoscenze tecniche. A Fabrica devi avere spirito d’iniziativa e lavorare tanto. È stata una bellissima esperienza”. Il cambiamento che si è prodotto in lei è evidente: Alka non è più la ragazza un po’ spaurita (nonostante i tanti premi vinti ed i coraggiosi soggetti dei suoi documentari) che abbiamo conosciuto a luglio di due anni fa. Pur mantenendo il suo tratto riservato, appare più sicura e spigliata, parla molto meglio l’inglese e si relaziona senza imbarazzo. A Fabrica la considerano una delle giovani registe più capaci della scuola. Lei lo dice con modestia, ma noi ne siamo felicissime. Sarà l’esperienza lavorativa maturata sul campo in un Paese in guerra, dove girare film e documentari sulla difficile condizione delle donne è già di per sé un atto di coraggio e di sorellanza tanto alto - per l’importanza dei messaggi, la scarsità di mezzi ed i rischi cui si è esposti - che ogni anno, a livello umano e professionale, vale come fossero tre? In questo anno Alka ha realizzato due documentari, uno sul “Kabul sea”, il fiume che attraversa la città, uno specchio d’acqua poco pulita così chiamato dagli abitanti della capitale afgana, ed un altro sul backstage del concerto di un famoso cantante iraniano, oltre a diverse clip. Ha girato e montato tutto da sola, con qualche suggerimento dei supervisori e utilizzando gli strumenti tecnici disponibili nella scuola. L’abbiamo vista ansiosa di tornare in Afghanistan per riabbracciare la famiglia e soprattutto l’amata sorella Roya (fondatrice della Roya Film - roya significa sogno -, una casa di produzione indipendente per giovani registe). Il suo progetto ora, non meno rischioso dei precedenti, è di realizzare un nuovo documentario sulla condizione di vita dei soldati afgani e delle loro famiglie. Vorrebbe anche andare in Inghilterra per migliorare il suo inglese e perfezionarsi nella regia. Salutandoci ci siamo commosse. Era l’affetto, certo, per questa nostra amica. E il senso di sorellanza che istintivamente ci ha avvicinato ad Alka e a Roya appena le conoscemmo. Ma c’è altro. Abbiamo toccato con mano le difficoltà concrete che in un Paese difficile come l’Afghanistan incontrano le donne prendendo coscienza delle discriminazioni di cui sono vittime e nel ribellarsi alle violenze che subiscono. Nelle fatiche e nei rischi del percorso che devono fare per conquistare libertà e dignità noi possiamo sostenerle ma non sostituirle. Questo ci da un senso di impotenza e allo stesso tempo ci sollecita a riflettere su cosa possiamo fare, in Occidente, per non farle sentire sole e per dare più forza alle loro battaglie. Questa esperienza è stata utile certamente per Alka e Roya, ma ha avuto un valore anche per tutte noi. E sono le parole limpide di Simona Lanzoni, della Fondazione Pangea, che hanno messo a fuoco quale è lo snodo, oggi, per Alka e per tutte le donne che pretendono un riscatto. “Tu devi decidere cosa vuoi fare e devi sapere che scegliendo di continuare questo cammino tu non sarai più la stessa. Sarai straniera a casa tua e straniera nella nostra terra, ma sari una forza ed un esempio per tutte le donne”. Qualunque sarà la tua decisione, noi ti saremo vicine, cara Alka. “Thanks for all of you ,I feel powerful because I have some friends like you anyway”.



(26 aprile 2010)

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