Scandalo Università di Torino - "Il sesso come gestione del potere di un sesso verso l'altro non è mai anticamera dei compromessi: è l'anticamera della violenza"... Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa del Telefono Rosa in riferi
Lella Menzio Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2008
Ci sono questioni che riguardano la violenza contro le donne: storie di stupri, maltrattamenti, omicidi. Ma non c'entra nulla con la violenza alle donne quanto accaduto all'Università di Torino, presso l'Istituto di Medicina Legale.
Ci sono diversi livelli di violenza: ma qui non ne vediamo nemmeno uno. L'opinione pubblica sa comprendere quale differenza vi sia tra il docente che abusa di una allieva per consentirle di superare un esame di un corso di laurea per il quale i genitori si stanno svenando e l'allieva che deliberatamente si concede per aumentare la media in vista della laurea.
Sarebbe bello, quindi, se su questa vicenda calasse presto il silenzio. Ma temiamo che non sarà così, considerato che la ricerca pruriginosa dello scandalo estivo attinge a piene mani da questa vicenda. Non solo: perchè sembrano questioni di diverse università, non solo di quella di Torino.
Pensiamo di non parlarne più di tanto per rispetto alla vera violenza e alle donne che la subiscono.
Ma su un punto vale la pena soffermarsi.
Il sesso come gestione del potere di un sesso verso l'altro non è mai anticamera dei compromessi: è l'anticamera della violenza. Perchè è proprio da questi fatti, da rinchiudere nel privato delle storie personali, che nascono le categorie dei docenti che hanno diritto di azioni sessuali nei confronti delle allieve (o candidate) o di allieve che usano il sesso per migliorare le proprie prestazioni di studio o di carriera. Nulla di più sbagliato. Sbagliano e vanno censurate le azioni di prevaricazioni o di accondiscendenza.
Ma non bisogna mai generalizzare, per le donne e anche per gli uomini.
Il problema, poi, (che ormai è scivolato sui particolari piccanti di una storia finita male) è però in sostanza di sola e assoluta rilevanza penale e amministrativa della questione, a causa, ci dicono, della sparizione o della manomissione delle prove d'esame della candidata bocciata. Se il TAR ha agito, avrà di certo avuto motivi amministrativi: non certo giudizi morali.
Bene: i diritti di questa donna vanno tutelati, che sia stata accondiscendente o no. In fondo si può essere ottimi medici legali con le proprie forze, anche se in relazione intima con il presidente della commissione esaminatrice. La violenza, lo ripetiamo, è altrove e in altre circostanze: comprese quelle che potrebbero far pensare che solo così si fa carriera.
Se questa fosse la morale della storia, getteremmo al vento mezzo secolo di lotte per la parità e i diritti.
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