Venerdi, 26/11/2010 - Roma, 26 novembre 2010 (NEV/CS66) – La pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, ha pubblicato sul sito della Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste) un commento in seguito alla decisione del Consiglio di amministrazione della RAI di garantire la replica di alcune associazioni "per la vita" in seguito agli interventi di Mina Welby e Beppino Englaro nella popolare trasmissione di Fazio e Saviano. Riportiamo di seguito un ampio stralcio del suo intervento:
"Quando il tema del 'fine vita', proprio in relazione ai casi Welby e Englaro, era assai più caldo le reti televisive pubbliche e private hanno offerto a esponenti del mondo cattolico uno spazio pressoché esclusivo per spiegare come e perché quello che la moglie di Piergiorgio e il padre di Eluana chiedevano fosse, al fondo, libertà di omicidio: un atto violento e irresponsabile contrario all’etica naturale e al principio dell’assoluta sacralità della vita umana.
Dov’era, allora, la par condicio per i 'laici che credono', ovvero per coloro che sono mossi da una fede ma respingono l’idea che una chiesa o una religione possano imporre un’etica di stato? Dov’era lo spazio per i cattolici che la pensavano, al fondo, come Mina o Beppino? Quale par condicio è stata garantita alle altre comunità di fede che hanno un’idea della vita diversa da quella della Chiesa cattolica? Chi ha mai visto un pastore o un teologo protestante invitato in un talk show che abbia potuto spiegare che dal suo punto di vista la vita non è soltanto un cuore che batte grazie a una macchina ma è anche una relazione? Che proprio l’amore di Dio per le sue creature dovrebbe risparmiare inutili e artificiali sofferenze? Che proprio la dignità della persona a immagine di Dio impone di rispettare ciò che lei, lucidamente e in libertà, ha chiesto nel caso di una malattia che la costringesse a una vita artificiale?
No, queste testimonianze in televisione non sono arrivate perché quando si parla di bioetica nel nostro sistema della comunicazione c’è spazio solo per i casi umani, qualche anticlericale e per il monsignore di turno. Il dramma è che chi non c’è in televisione non c’è nella società. Ma un dramma ancora più grande è che, esclusione dopo esclusione, censura dopo censura, silenzio dopo silenzio, l’Italia diventa un paese più povero di idee e di libertà".
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