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La mia tela nonostante Ulisse

La mia tela nonostante Ulisse

Cultura/ Libri. Un viaggio speciale - La presentazione del libro di Susanna Fioretti, “La tela di Penelope”, è l’evento inaugurale del nuovo volto della libreria EvaLuna di Napoli

Stefania Cantatore Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2005

Cerco con gli occhi l’autrice nella lunga sala già piena. Non la conosco, vado a senso. Immagino di dover scegliere tra le tre donne più autoreferenti nel folto dei capannelli. Sbagliato, dopo la terza “toppata” ricorro a Lia.
Eccola Susanna, per nulla autoreferente, con l’aria da ragazza, disponibile. Le dico subito che sono una militante prestata al giornalismo per le pazienti lettrici di Noi Donne, che le ruberò solo il tempo necessario a darmi le parole chiave per incuriosire sul suo libro. Un libro sui disastri e sulle speranze di “paesi altri”: la Mauritania e l’India di Gujarat. Sicuramente, però, un libro fuori dallo schema della denuncia o, peggio sul genere “adesso vi dico io come si fa”. Il bombardamento quotidiano di immagini subito dimenticate, la richiesta di versare denaro in casse improbabilmente umanitarie dagli acronimi oscuri è esattamente all’opposto di quello che ci affida Susanna, sia per il mezzo (la scrittura) che per contenuti. Si tratta di una lunga narrazione in una lingua assai familiare alle donne, quella della comunicazione mirata a costruire relazioni. Una narrazione attraverso la quale vengono dissipate false immagini, proiezioni troppo o troppo poco generose e dove il velo dei malintesi e dei non detti si apre sulla carnalità e l’incerto delle cose. Spiegare a chi ti dice “staacasa” o “chitelofafare” (per non dire “non capisco”); dire la propria vita, con una parola priva delle ambiguità retoriche; raccontare sul sé e la sua realtà senza cedere a tentazioni epiche: perché la vita non ha trama né canovacci, ma solo un senso che si indovina alla luce della somma di quello che sei nell’oggi. Queste le ragioni e lo stile del racconto della sua vita emotiva e relazionale, che s’intreccia con la dimensione di Susanna viaggiatrice, capace di lasciare affetti ed avventure già consumate. L’inizio è forse solo una fuga da amori chiusi, dal non fatto, dagli esperimenti. Già, perchè una delle parole chiave di queste pagine è ‘sperimentare’.
E la tela, perché? Perché come Penelope, nonostante Ulisse, il cammino di questa donna, sommessa e passionale insieme, si è condotto con una laboriosità ancorata a creazioni apparentemente demolitive del passato. La tela fatta e disfatta, mai negata, ma sottratta istintivamente alla vista altrui, fino al giorno in cui sei pronta a raccoglierne i fili ed a mostrarli con onestà e consapevolezza.
La tessitura del presente di Susanna, composta forse da quei fili mai abbandonati, ha certamente dentro l’esperienza del dare che restituisce, la dimensione dell’impegno umanitario che costruisce per l’altro che dà ragioni e soluzioni esistenziali.
La scrittura piana e sincera di questo libro rivela una donna naturalmente capace di preservarsi dall’eroismo come dall’immagine della missionaria, pur compiendo missioni ed azioni importanti.
L’occasione di questo viaggio mai concluso (attualmente la scrittrice è impegnata in Afghanistan) Susanna lo ha trovato attraverso la Croce Rossa Italiana, quella di Scelli. Non posso non farle la domanda, e lei mi risponde: “è vero, la Croce Rossa Italiana è altro da quella internazionale, ma la base che opera nell’ente italiano, sono donne e uomini eccezionali capaci di azioni importanti e generose. Io ho lavorato anche con la Croce Rossa Internazionale, e posso dire che le persone dell’organizzazione sono un valore ed un’umanità di riferimento, indipendentemente dalle provenienze”.
Nella lunga lettera che è il libro Susanna, di Croce Rossa ce n’è tanta (muove la sua vita, accompagna le sue fughe, le sue costruzioni) ma il sapore del pesce appena cotto, i baci complicati ad un uomo appena conosciuto, conduce i lettori sulla strada di sentimenti ancora da dipanare. Senza questi non ci sono né libri, né lettori, né scrittori. E noi siamo liberi, a proposito d’una conclusione che neanche Susanna conosce, d’immaginarla o di aspettare le prossime tessiture.

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