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La meglio gioventù sola e demotivata

La meglio gioventù sola e demotivata

OCCHIO ALLE (DE)GENERAZIONI /4 - Una società narcotizzata incapace di reagire e che considera giovane chi ha dai venti ai quarant’anni. Crescono le differenze per le opportunità tra le donne colte e quelle delle fasce svantaggiate. La parola alla soci

Bartolini Tiziana Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014

Sul tema delle relazioni tra le generazioni abbiamo chiesto un contributo alla sociologa Katia Scannavini, attualmente Docente a contratto presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza di Roma.



Si dice che se i giovani sono senza futuro la colpa è degli adulti che hanno fatto crescere il debito pubblico e continuano a divorare risorse, che occupano spazi e non mollano il potere. Ma perché chi è così pesantemente defraudato non reagisce, non protesta?



Recentemente ho condotto alcune ricerche per indagare alcuni specifici temi relativi alla condizione giovanile. Ho quindi avuto la possibilità di entrare in contatto con molti giovani e giovanissimi e soprattutto ho avuto modo di chiedere direttamente loro qual è l’idea che hanno del futuro. Nella maggiore parte dei casi mi hanno risposto che non riescono proprio a vederlo: non osano immaginarlo. Non hanno speranze, vivono appiattiti nella condizione presente, cercando di rispondere alle esigenze contingenti. Non sanno cosa aspettarsi dal futuro. L’incertezza pervade le famiglie, che non riescono ad avere sicurezze e quindi a prospettare delle possibilità future, neppure per i propri figli. Avere speranze e pianificare delle opportunità nasce anche dalla volontà di migliorare la propria condizione rispetto a quella dei propri genitori, ma la fiducia verso quello che potrà essere è venuta meno. Il timore è un sentimento diffuso nelle famiglie e le paure dei figli non di rado sono anche quelle dei genitori. I giovani, inoltre, sono sempre meno consapevoli dei propri diritti. È venuto meno l’impegno per la salvaguardia della dignità di ogni individuo e in una società dove l’individualismo è portato all’esasperazione (anche a causa di un mercato del lavoro iniquo e clientelare) è ben difficile unirsi ed elaborare forme di proteste anche sulla base di sentimenti comuni, quale appunto può essere la rabbia e la delusione per non potere rivendicare le proprie aspettative.



Nonostante la crisi economica penalizzi molto i giovani anche con una percentuale di disoccupazione stratosferica non vediamo un conflitto generazionale né un'agitazione sociale o un malcontento. Oppure qualcosa cova sotto la cenere?



Il malcontento è diffuso e taglia trasversalmente diverse generazioni. La questione non è tanto tra chi è più giovane e chi lo è meno, ma tra chi ha gestito le politiche e chi ha subito una serie di decisioni. La classe dirigenziale, imprenditoriale e politica italiana ha perso di spessore, di qualità.



Tra le ragazze e i ragazzi lei riscontra differenze, per esempio, negli atteggiamenti rispetto agli eventi della vita oppure nella capacità o volontà progettuale?



Sono ormai diversi gli studi e le ricerche dove si evidenza come le giovani italiane riescano a raggiungere risultati formativi più qualificati rispetto ai colleghi. Se penso al contesto accademico effettivamente le studentesse sembrano essere maggiormente determinate e con la voglia di raggiungere un risultato. Teniamo però presente che si tratta di una popolazione specifica e circoscritta. Diversa è la situazione se si prendono in considerazione, ad esempio, tutti quei giovani che vivono in aree periferiche o comunque con maggiori difficoltà. Ebbene in questo caso, le ragazze e le giovani donne vivono ancora nell’ombra e hanno difficoltà ad affermare le loro aspirazioni o solo anche i propri desideri.



In generale i e le giovani tra i venti e i quaranta anni non sembrano affrontare il mondo con grinta. Ma neppure con l'entusiasmo di chi è consapevole di vivere in un'epoca di grandi trasformazioni. Qual è la ragione?



In primo luogo va detto che qualche anno fa non ci saremmo sognati di mettere in un’unica categoria generazionale persone con venti anni di differenza. A dire quindi che già per questo dovremmo riflettere in modo più approfondito sul concetto di gioventù e su come si sia modificato l’immaginario collettivo, così come gli stili di vita. Detto ciò, gran parte della società sembra effettivamente essere narcotizzata: c’è chi è disorientato e stordito dalla mancanza di punti di riferimento; chi anestetizzato dai facili slogan; chi ancora ormai appare insensibile davanti alle difficoltà condivise.

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