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La magia della contemplazione

La magia della contemplazione

Piera Mattei - “una visione puntuale, a volte impietosa, un quadro cosmico, epigrafico, lontano da una poetica del quotidiano una visione puntuale, a volte impietosa, un quadro cosmico, epigrafico, lontano da una poetica del quotidiano”

Benassi Luca Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2007

Piera Mattei si occupa di letteratura come autrice, traduttrice e critica. È coredattrice della rivista di poesia “Pagine”. Tra le sue pubblicazioni più recenti si possono ricordare le raccolte poetiche “La finestra di Simenon”, “Campione di pelle” e “La materia invisibile”; le opere di narrativa “Umori regali”, “Nord” e il libro su letteratura e viaggi “Dalle Città e dai Libri”. Ha tradotto e curato poesie di Emily Dickinson ed Emily Brontë.
Nella prefazione a “La materia invisibile” Enrico Castelli Gattinara scrive: “le poesie di questo libro non cercano di alleggerire le cose né si cimentano nel tentativo di rendere soave o aereo ciò che invece pesa e riempie di sé uno spazio concreto. Ogni cosa, come ogni esperienza, è espressa coi suoi odori e i suoi umori, le sue consistenze, i suoi movimenti assoluti e relativi. Con noncuranza quasi, e con un’ironia che nel suo realismo nasconde un’inquietante lucidità, queste poesie ci permettono di fare direttamente esperienza delle cose su cui concentrano lo sguardo, direi, come farebbe un ricercatore nel suo laboratorio.” Piera Mattei scrive una poesia lucida e precisa che guarda il mondo attraverso una lente di ingrandimento puntata sulla realtà; un sezionamento stratigrafico operato dalla lingua come un archeologo alla ricerca della corretta scansione del tempo e della storia. Nel leggere la poesia della Mattei traspare una visione puntuale, a volte impietosa, un quadro cosmico, epigrafico, lontano da una poetica del quotidiano tipica della nostra tradizione novecentesca lombarda, ma vicina alla ricerca poetica di Nelo Risi, Fernando Bandini e soprattutto alla poetica della natura di Pier Luigi Bacchini. L’esperienza della poesia, della manipolazione del linguaggio, la sorpresa dei piccoli incontri e delle vicende quotidiane costituiscono la materia viva di una poesia che tende alla fotografia, all’istantanea iperrealista attraverso la quale sia possibile scorgere il movimento, l’incastro della natura. Come in Bacchini, la natura costituisce il grande teatro, l’eterna metafora dell’esistere in una tensione quasi lucreziana verso il mistero dell’universo. Nel movimento delle stelle, nel nascere della vita, nel volo degli uccelli, nella covata dei passeri o nel risalire la corrente dei pesci si cela il segreto degli ingranaggi che regolano l’esistenza dell’essere umano, una particella di corpo e spirito all’interno dell’ordine della natura. Ne emerge la ricerca di una realtà che va oltre le apparenze, oltre i bagliori di luce che punteggiano il cielo notturno e che attraverso gli anni luce nascondono le reali migrazioni delle stelle, la ricerca appunto di una materia invisibile che sia soprattutto espressione delle infinite regole del cosmo.
Piera Mattei costruisce la lingua con una precisione ingegneristica senza mai cedere alle lusinghe del gioco, del suono fine a se stesso, dello sperimentalismo di maniera; cerca invece la bellezza del diamante come espressione di simmetria comunicativa, di durezza frutto di una pressione cosmica, concepibile solo attraverso un calcolo matematico. In questa materia cristallina e netta, in questa lingua pulita e pazientemente limata, l’emozione preme deflagrando come luce attraverso un prisma, svela un cuore appassionato, la magia della contemplazione, una spettatrice stupita di fronte al buio, al mistero del sonno, all’apparizione improvvisa di un angelo. I testi presentati in questo numero sono tratti da “La materia invisibile” (Manni, 2006).

TESTI



non torna indietro

Ancora segue il bordo del cratere
sul margine come una salamandra
il tempo dedicato alla visita
è scaduto
grida il guardiano
lei lo sente e non ascolta
questa sera non torna
indietro non ancora
scruta i fiori quasi invisibili
nella prima ombra del vulcano
sopra steli lividi





Le parole come gli amanti
si trattengono nell’ombra
finché le snida la passione
in piena luce rotolano
come lacrime
trasparenti.



Se non fosse solo per stanotte
se la dolcezza del sonno
per sempre mi avesse abbandonato!
vivere è solo pausa
del più caro sonno.



il tempo dedicato

Mettiamo dunque in fila i minuti
le ore i giorni della strada
gli odori e gli sguardi
i fatui i litigiosi discorsi
col panico degli attraversamenti
agnella coniglio bianco
sulle strisce pedonali
come l’uomo che alle fermate
raccoglie le cicche delle attese
rabbrividendo.



Siamo arrivati al limite
di cosa? se avessimo capito
cosa abbiamo percorso
con quali fiati la musica
ci accompagnò
perché non fu solo una marcia
una corsa a perdifiato
aprimmo anche le danze
e le galanterie di specchi
ci rimandavano un’immagine gaia
un viso dai tratti immaturi
come la festa fosse attesa domani.


la misura del tempo

Troppo lentamente si condensa.
Ora compatto cedro centenario
non si agita più, rimane rigido
nel parco e si muovono intorno
i nidi, lui con pennacchi fuma
e mormora di sé
immobile sempreverde
albero che non incanutisce
e non dimentica. Di avvolgere al tronco
ancora un anno. Linfa ispessita
ne buca l’involucro splendente.

(27 dicembre 2007)

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