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La legge non basta, bisogna lottare contro gli stereotipi

La legge non basta, bisogna lottare contro gli stereotipi

Violenza contro le donne - Roma, Forum sull’innovazione nella Pubblica Amministrazione: presentata la ricerca della Commissione Consiliare speciale sicurezza

Valeria De Simone Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008

A cento anni dalla prima celebrazione della Giornata Internazionale della Donna, simbolo di conquista sociale, economica e politica delle donne, la violenza nei confronti di quest’ultime continua ad essere in Italia tre le principali cause di mortalità femminile.

Questo è quanto emerge dalla ricerca “La violenza sulle donne” frutto di un lavoro della Commissione Consiliare speciale sicurezza, Lotta all’usura, Integrazione sociale e Lotta alla criminalità presentata il 15 maggio scorso nell’ambito della mostra convegno FORUM P.A. sull’innovazione nella Pubblica Amministrazione e nei sistemi territoriali.

La violenza di genere, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della sanità come il più grande problema di salute pubblica e di violazione dei diritti umani, mette in evidenza Luisa Laurelli, Presidente della Commissione Consiliare - ‘È qualsiasi atto di violenza (fisica, sessuale e psicologica) verso donne, comprese minacce, molestie, umiliazione, denigrazione, svalutazione delle capacità, offese, privazione della libertà che avvengono sia nella sfera pubblica che privata.’

La violenza di genere si presenta quindi come un fenomeno dalle molteplici sfaccettature, ‘un fenomeno trasversale che riguarda donne di ogni condizione, perpetrata da uomini di ogni tipo e di ogni condizione’. La ricerca, infatti, dimostra come i più violenti siano da ricercarsi proprio tra le persone benestanti e tra le mura domestiche sfatando così lo stereotipo che maggiore responsabile della violenza sia un basso livello culturale e socio-economico. Dallo studio condotto su un campione di 1100 donne, di età compresa tra i 18 ed i 70 anni, emerge che le molestie sessuali sono fatte prevalentemente da estranei e in luoghi pubblici (57%), che i maltrattamenti fisici sono commessi soprattutto da persone che sono (o sono state) sentimentalmente legate alla vittima (42%) e nella maggior parte dei casi all’ interno di mura domestiche (40%) .

La vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, Silvia Franzé, assicura che ‘le innovazioni introdotte nel sistema normativo italiano hanno gradualmente trasformato il modo di affrontare le problematiche legate ai rapporti familiari, che da una prospettiva prevalentemente privatistica sono state riconsiderate nell’ottica del superiore interesse pubblico, della società nel suo insieme’. La legge n.154 del 2001 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” garantisce infatti, se pur in via temporanea, una maggiore e più rapida tutela di chi sia vittima di tale violenza e degli altri componenti del nucleo familiare.

A detenere il primato del numero di violenze fisiche e sessuali sulle donne sono il Lazio e l’Emilia Romagna e il motivo è molto semplice: la più elevata possibilità di denuncia di aggressioni grazie alla massiccia presenza di servizi per le donne vittime di violenza e di associazioni che si occupano della sicurezza delle donne e dei minori. Quindi laddove non ci sono denunce di violenze, non è detto che le violenze non siano state commesse! Anzi, molto spesso accade il contrario. È pur vero, però, sottolinea Laurelli che ‘all’aumento delle denunce non corrisponde l’aumento del numero delle condanne, i procedimenti penali sono troppo lunghi, le pene sono troppo brevi: nulla si fa per intervenire sugli autori dei reati ai fini della prevenzione e della recidiva.’

‘Un trauma spezza la normalità, dopo niente sarà più come prima, vengono a mancare punti di riferimento, l’immagine di sé, progetti immediati e progetti futuri, viene minata l’autostima e spesso la vittima tende a colpevolizzarsi e a ritenersi in qualche modo “responsabile” dell’aggressione subita’ dice Silvia Franzè, ed è per questo motivo che dal 1996 sorgono nelle questure degli uffici che, dotati di personale competente, possano aiutare la vittima a superare l’evento traumatico subìto.

‘Le violenze producono effetti molto seri sulla salute psicofisica delle donne.’- dichiara anche Anna Maria Dapporto, Assessora alla promozione delle politiche sociali della regione Emilia Romagna.

Antonella De Benedittis, vice presidente della cooperativa sociale Comunità Oasi 2 di Trani, sottolinea come la violenza di genere si insinui anche nel fenomeno dell’immigrazione. Nel terzo millennio, infatti si è ancora costretti ad affrontare il tema della tratta, della riduzione in schiavitù (sessuale e lavorativa) degli esseri umani. In questo caso, la regione Puglia in collaborazione con le Province di Lecce, Brindisi, Taranto e Foggia, sta realizzando una serie di progetti che offrano assistenza psicologica sanitaria e legale e di accoglienza abitativa alle persone vittime di tratta. In questi casi, il problema diventa ancora più difficile da risolvere: il clandestino riconosce difficilmente il suo status di vittima avendo una scarsa percezione dei propri diritti, una limitata padronanza linguistica e quasi nulla cognizione delle istituzioni e del sistema dei servizi cui dovrebbe affidarsi e denunciare i propri sfruttatori. ‘E se la sensibilità è di rigore per tutti i reati in danno delle donne è quanto mai facile da capire quale maggiore sensibilità e disponibilità sia richiesta nei confronti di donne appartenenti a culture diverse dalla nostra’- afferma anche Franzè.

Altro fenomeno che si inserisce nella categoria della violenza di genere è quello dello stalking, le “molestie assillanti”, che possono sfociare molto spesso in situazioni gravi come l’omicidio della persona perseguitata. Le Forze di polizia si adoperano anche nel contrastare tale forma di violenza: la vittima, trovando nelle istituzioni un referente professionalmente preparato, può evitare di isolarsi e di sottovalutare il problema, come nella maggior parte delle volte accade. ‘Sembra che la polizia vada a guardare solo la malattia. Ma se una donna dice: “ho paura”?’ si chiede Vincenzo D’Ambra, giornalista del tg 3 Lazio, che sottolinea, tra l’altro, come oggi ci sia più sensibilità e volontà che il fenomeno della violenza di genere sia emarginato anche dal mondo del lavoro. La risposta è che in questo caso c’è effettivamente una lacuna legislativa .

Quindi, nonostante ci sia una maggiore consapevolezza della violenza di genere e dei suoi molteplici aspetti, anche grazie all’approvazione di leggi che riconoscono la violenza sessuale come un reato contro la libertà personale e che garantiscono la possibilità dell’allontanamento del violento, ci sono ancora dei passi da compiere soprattutto verso la prevenzione. Inoltre, promuovere il valore della differenza di genere come punto di partenza per la ricostruzione di un nuovo equilibrio nel rapporto affettivo profondo tra uomo e donna dovrebbe essere, secondo Laurelli, basilare nell’educazione scolastica e familiare. Alla domanda ‘Quali azioni devono essere intraprese per prevenire la violenza sulle donne?’ la presidente risponde infatti: ‘La parola prevenzione è la più difficile da mettere in atto. Occorrono politiche culturali che abbattano vecchi stereotipi e una rete di servizi sociali e delle forze dell’ordine, che pongano più attenzione possibile alle richieste di aiuto provenienti dalle donne in difficoltà. Bisogna rompere le catene che condizionano fortemente la volontà delle donne di denunciare le violenze subite: queste sono rappresentate dalla mancanza di autonomia economica e dal legame affettivo.’



(21 maggio 2008)

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