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La leader che non c’è e il tabù della politica

La leader che non c’è e il tabù della politica

Editoriale - Una leader nella politica in Italia oggi non c’è e neppure si scorge all’orizzonte.

Bartolini Tiziana Domenica, 06/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013

Una leader nella politica in Italia oggi non c’è e neppure si scorge all’orizzonte. O almeno non nel breve periodo. Una crisi di governo o le elezioni anticipate sono sempre in agguato e non è ragionevolmente ipotizzabile che ad una donna sia affidato l’incarico di comporre un governo. Conviene non dimenticarlo: finché non sarà cambiata la Costituzione, la nostra è una Repubblica parlamentare in cui ad elettori ed elettrici non è chiesto di indicare un Presidente del Consiglio, ma solo di scegliere un partito o una coalizione. Sinora nessun Presidente della Repubblica ha ritenuto che ci fosse una figura femminile ‘adeguata’ all’importanza del ruolo. Per le donne solo vibranti e formali parole di apprezzamento, soprattutto intorno all’8 marzo. Evidentemente non ci ritengono all’altezza. E siccome per noi donne gli esami non finiscono mai, continuiamo a studiare puntando sulla qualità. Peccato che, oggi, per assurgere ai vertici della politica non sono richieste competenze. Ben più gettonate sono altre caratteristiche quali l’obbedienza, l’omologazione, il conformismo. Così, donne e uomini in totale parità, sono incentivati a stare nei ranghi. Prima che i comportamenti, questo diktat non scritto riguarda le idee e il coraggio di sperimentare. Il risultato è la comparsa sulla scena politica di nuove leadership che puntano sull’immagine più che sui contenuti, sullo slogan più che sul ragionamento, sullo scontro muscolare tra correnti più che sul coinvolgimento reale di elettori e militanti. Intanto la crisi del nostro sistema-paese si fa sempre più profonda e richiede interventi strutturali e urgenti, cambiamenti di prospettiva e di ordini di priorità. Invece di affrontare questioni basilari (far funzionare la macchina burocratica, rendere produttivo l’elefantiaco apparato dello Stato, ridurre gli sprechi e colpire duramente la grande corruzione e le minute ruberie) si prova (di nuovo) a cambiare la Costituzione e si discetta sul semi-presidenzialismo. Il fallimento del bipolarismo ha ampiamente dimostrato che non è un sistema elettorale o politico che può cambiare la cultura radicata in Italia, ancorata fermamente al parametro ‘l’amico dell’amico’ alla faccia dei fulgidi anglosassoni esempi. Sarà che l’inglese fluente nel nostro Paese è appannaggio di pochi, ma venti anni di Seconda Repubblica non sono bastati a farci cambiare abitudini, per cui continuiamo ad assistere, impotenti, a cambi di casacca nelle assise pubbliche o alle ingerenze nella Pubblica Amministrazione della (cattiva) politica che continua indisturbata ad occupare tutto l’occupabile… tanto per fare qualche esempio di un elenco che sarebbe troppo lungo e doloroso. È lecito domandarsi come e perché la modifica della Costituzione farebbe da argine al disfacimento quotidiano cui assistiamo di questo meraviglioso ma stranissimo Paese. E si torna alla leadership che non c’è, insieme ad una eventuale leader, perché non c’è un’idea-paese su cui interrogarci collettivamente, non c’è la proposta di un’asse su cui puntare. In questo deserto di visioni perché mai non si fa avanti una donna che - attrezzata di buon senso, capacità gestionali e coraggio - si metta in testa di far funzionare questo Paese? Lasciamo da parte i sofismi sul carisma (Angela Merkel è per la terza volta Cancelliera perché ha carisma?) e pretendiamo, questo sì, il giusto di esperienza. Poi creiamo una lobby, vera e leale, che sostenga con autorevolezza e convinzione donne determinate a cambiare una nazione che, davvero, ha bisogno non di litigiosi governanti ma di una governante… sì, proprio di una professionista del riordino e della pulizia profonda. Una capace di rimettere in riga le cose e di far funzionare la banale quotidianità in attesa che cresca una generazione di statisti/e. Di donne ai vertici ce ne sono in tanti campi, ma la conquista della vetta della politica rimane un tabù. Se non è un problema la fatica o lo studio (quanto lavoro e quanta preparazione occorre per gestire aziende o per raggiungere il top nel management, eppure le donne lì ci sono..) perché c’è un rifiuto a scalare la politica? La massa critica, si diceva un tempo… ma non basta il 30% di donne in Parlamento? Rassegniamoci: le condizioni ‘ideali’ per le donne non ci saranno mai. E non c’è più neppure il tempo per costruirle.





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