IDEE - Il recente protagonismo di noi donne nella vita pubblica che non necessariamente ancora si traduce in adeguata rappresentanza ha fatto immaginare il tramonto del patriarcato
Iori Catia Lunedi, 18/04/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2011
Quando sento parlare una donna autorevole percepisco che in lei c’è un alto senso di maturità umana e di responsabilità sociale. È come se la donna sentisse il bisogno tutto inconsapevole di aver fatto quadrare un cerchio interiore, prima che pubblico, e fosse conscia della sua sete di giustizia e di verità. Ecco perché laddove si annida l’invidia maschile c’è sempre un concentrato di tenacia e intelligenza. Condivido la suggestiva tesi di Lea Melandri che nel suo ultimo saggio “Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà” arrischia ipotesi nuove e convincenti sul tema abusatissimo della violenza sulle donne.
Il recente protagonismo di noi donne nella vita pubblica che non necessariamente ancora si traduce in adeguata rappresentanza ha fatto immaginare il tramonto del patriarcato. E ha provocato la nascita di un modello femminile che mostra più che nel passato una duplice funzione del corpo: quello “erotico” di starlette ed escort che si vendono per acquistare presunti status sociali e quello “materno” inteso non solo come capacità generativa ma anche come valorizzazione del talento femminile. Partorire idee, visioni e figli sono infatti sinonimo di creatività estese, biologiche e mentali. Ma pur sempre figlie di quella generosità tipicamente femminile che è appunto facoltà di dare vita a qualcosa che prima non c’era. Nella riduzione delle donne in questo doppio, l’uomo tocca il suo potere ma segna la sua condanna alla dipendenza da eterno figlio e quindi a una perenne fragilità psicologica ed emotiva. E in quella che Melandri chiama “l’inermità armata dell’uomo figlio” irrompe la violenza e il trionfo dell’odio sull’amore. Di qui l’aumento delle violenze e lo svilente tentativo di continua sottomissione che si traveste nella prigionia familiare, nell’esclusione dal lavoro, nella continua svalutazione del pensiero e autonomia femminile. Il messaggio è: sei libera di venderti, di procreare, ma non di esprimerti per ciò che sei e che vuoi o di camminare libera per strada. Ma questo stupro, fisico o morale che sia, colpisce sempre anche chi non lo subisce o ne ammortizza i colpi. Perchè oltre a limitare le libertà di noi donne (si ha paura la sera o si cerca di non essere troppo scomode col pensiero) distrugge la fiducia nell’altro sesso, che è poi la base di ogni rapporto erotico e amoroso.
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