Russia - Putin vieta ai cittadini americani le adozioni di orfani russi nonostante un accordo bilaterale: una ripicca politica dopo il “Magnitskij Act”, legge firmata da Obama
Cristina Carpinelli Domenica, 17/03/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2013
Il 29 dicembre 2012 Vladimir Putin ha firmato una legge, approvata a maggioranza dal parlamento, che vieta le adozioni di orfani russi da parte di cittadini statunitensi. Questo passo del presidente è stato criticato dalla società civile russa, dagli attivisti per i diritti umani, e anche da alcuni rappresentanti del governo russo: il ministro degli Esteri, quello dell’Istruzione e il vice-premier con delega agli Affari sociali.
Ispirata al caso del piccolo Dima Jaklovev - deceduto nel 2008 nell’auto in cui era stato dimenticato dal padre adottivo americano - la legge, detta appunto “Dima Jakovlev bill”, stabilisce che dal 1° gennaio 2013 saranno sospese tutte le procedure di adozione dei piccoli orfani, incluse quelle ormai arrivate alla fase finale (trattasi di 52 bambini russi - tra cui alcuni disabili - che erano pronti per partire per gli USA, e che non potranno più espatriare). Il New York Times ha denunciato la situazione disperata di quelle coppie americane, che avevano già avviato le pratiche per ottenere l’adozione, sborsando una somma corrispondente a circa 40-50mila dollari. Secondo l’“Agenzia americana per le adozioni” sarebbero coinvolte tra le 500 e le1000 coppie. Gli USA adottano bambini russi più di tutti gli altri Stati del mondo: 60mila provengono dalla Russia e sono stati accolti da famiglie americane negli ultimi vent’anni.
Sia la Federazione russa che gli USA non avevano “ratificato” (avevano solo firmato) la Convenzione dell’Aja (n. 33 - 29/5/1993) sull’adozione internazionale, che prevede controlli molto rigorosi in materia. Ecco perché Mosca puntava a sottoscrivere un trattato bilaterale con gli USA in materia di adozioni, perché queste non fossero più regolate tra privati. Il sistema di gestione privato delle adozioni era, infatti, sotto accusa, poiché consentiva di “vendere” un bambino a persone di cui non veniva accertata l’idoneità a svolgere il ruolo di genitori. Le coppie americane adottavano i bambini russi, previo pagamento di un compenso, tramite un rappresentante di un’agenzia privata che prendeva accordi diretti col direttore dell’orfanotrofio. Questa procedura, al limite della legalità, era spesso complementare ad un’altra, quella dell’acquisto di piccoli orfani “tramite catalogo”. Esattamente come per le merci disponibili sul mercato, il catalogo disponeva di un listino prezzi. Più alto era il prezzo, maggiori erano le possibilità per la coppia di ottenere un bambino con i requisiti desiderati. Insomma, un vero e proprio traffico “illegale” e vergognoso di bambini (gestito dalla criminalità organizzata), a cui da tempo le autorità russe volevano porre fine.
Tutto ciò era stato causa di diversi episodi di maltrattamenti e negligenze da parte di famiglie che con adeguati controlli in entrambi gli Stati sarebbero state certamente dichiarate non idonee. Per di più, negli USA vige un sistema di passaggio tra famiglie affidatarie, che rendeva ancora più complicato il controllo. Il caso del piccolo Artëm Savel’ev (7 anni) è esemplare: nel 2010 Artëm è stato messo sull’aereo e “rispedito al mittente” come un pacco postale, insieme con un biglietto in cui la madre adottiva spiegava di non volere più il bambino. I bambini russi ospiti presso gli orfanotrofi sono circa 740mila (fonte Unicef). Le carenti condizioni di vita in questi Istituti e il basso numero di adozioni da parte delle famiglie russe sono questioni di cui si sta occupando l’ombudsman russo (difensore civico per l’infanzia) Pavel Astachov, a cui si deve anche la stesura del trattato bilaterale di adozione firmato il 13 luglio 2011 dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton e dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Con questo trattato è stata vietata l’adozione di bambini russi tra privati. I cittadini americani, che intendono adottare un bambino dalla Russia, devono d’ora in poi passare attraverso le agenzie che si occupano di adozioni e che hanno ottenuto una licenza non solo negli USA, ma anche in Russia. Le agenzie hanno l’obbligo di raccogliere e documentare le informazioni riguardo alla famiglia adottiva e di tenere sotto controllo la situazione che si crea in casa in seguito all’adozione. Non solo, l’accordo ha valore retroattivo ed è applicato a tutti i casi di adozione di bambini russi da parte di cittadini americani verificatisi negli ultimi 16 anni.
Eppure, nonostante sia stato finalmente sottoscritto un accordo bilaterale, Putin, dopo circa un anno e mezzo, ha deciso di escludere gli americani dalla possibilità di adottare orfani russi. Dietro questo divieto, apparentemente inspiegabile, pare vi sia una ripicca politica per una nuova legge americana (“Magnitskij Act”), firmata dal presidente Obama il 14 dicembre 2012, considerata dal governo russo come una “grave ingerenza negli affari interni di un altro Stato”. Con questa legge, il governo statunitense è obbligato a rendere pubblica la lista di tutti i funzionari russi che violano i diritti umani in Russia, con il conseguente obbligo di vietare loro i visti d’ingresso negli USA, di sequestrare i loro beni che giacciono sul suolo americano e di congelare i loro eventuali conti correnti presso gli Istituti bancari americani. A cominciare dai funzionari presumibilmente coinvolti nella morte dell’avv. Sergej Magnitskij avvenuta nel 2009 nel carcere moscovita di Butyrka, dopo un anno di detenzione, in circostanze “misteriose”. L’avvocato (da cui prende il nome la legge americana), che stava conducendo in Russia una forte battaglia anti-corruzione, aveva denunciato uno dei più grandi casi di corruzione all’interno del ministero degli Interni russo. Con lo scopo di metterlo a tacere, era stato accusato di evasione fiscale e imprigionato.
Il provvedimento russo contro le adozioni ha sollevato proteste in tutta la Russia. Il 13 gennaio scorso è stata indetta dall’opposizione russa una manifestazione a Mosca. Migliaia di persone hanno marciato per le strade della capitale, in un glaciale e grigio pomeriggio, al grido di “Vergogna fecce!”. Sui cartelli di protesta si poteva leggere: “I deputati vadano negli orfanotrofi, Putin in una casa di cura per anziani”, “Non coinvolgete i bambini nella politica”, “Per una Russia senza Erode”, “Putin. Vergogna!”. Le principali vittime della legge “Dima Jakovlev”, ribattezzata dall’opposizione e dai social network russi come “legge dei mascalzoni”, non erano - secondo i manifestanti - gli americani, ma i bambini russi orfani, a cui veniva negata la possibilità di avere una famiglia.
A seguito delle proteste che la legge russa anti-adozione ha suscitato internamente e in tutto il mondo, il portavoce moscovita D. Peshkov ha dichiarato all’agenzia di stampa “Ria Novosti” che l’accordo sulle adozioni con gli Stati Uniti rimarrà valido fino al 2014 e che alcune delle pratiche per le adozioni già in itinere potranno andare avanti, permettendo così ai bambini che hanno già avuto contatti con le famiglie adottive statunitensi di lasciare la Russia. Non saranno, tuttavia, permesse nuove adozioni e sarà concesso di completare solo quelle già passate nei tribunali russi prima del divieto.
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