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La guerra agli alberi di Roma. Perché?

La guerra agli alberi di Roma. Perché?

Una vera e propria campagna di abbattimenti di magnifici olmi in un quartiere storico di Roma solleva tanti interrogativi. Le donne sono in prima linea per contestarli

Martedi, 03/06/2025 -

Tutti gli alberi sono sacri e tanto più sono vecchi, secolari, maestosi, tanto più abbiamo il dovere di tutelarli e proteggerli (Franco Tassi)

Era de maggio…fresca era ‘ll’aria… ma la canzone era tutt’altro che doce.
A cantare un lugubre canto di morte in varie parti di Roma c’erano le motoseghe che hanno fatto piazza pulita di centinaia e centinaia di grandi alberi. Un’operazione su larga scala, in alcune aree ancora in corso.

Nella zona centrale di Monteverde Vecchio, che rientra nell’area della Città Storica, a cadere a terra inermi, segati a pezzi, sono stati i grandi olmi di viale Quattro Venti.

Un viale di circa un chilometro e mezzo, realizzato nel 1929, quindi ben più di settant’anni fa e per questo sottoposto a vincoli di tutela culturale, nobilitato oltre che dal nome storico prestigioso, a ricordo perenne dell’eroica difesa nel 1849 della Repubblica Romana, anche, almeno fino all’inizio di questa primavera, dai circa duecentocinquantanove olmi monumentali piantati all’epoca. D’estate, col solleone, si poteva percorrerlo tutto, da piazza Cucchi a piazzale Dunant, rimanendo sempre protetti dall’ombra dei maestosi amici olmi.

Perché li hanno abbattuti? Ah, saperlo, saperlo!!!
Il punto è che non c’è un vero perché.

Ah certo, vi diranno che gli olmi erano malati, che presentavano cavità che li rendevano pericolosi perché a rischio di crollo, che ormai settantenni erano a fine ciclo vitale, che sono state fatte le dovute perizie, che vengono sostituiti da alberi nuovi, giovani. Quindi perché prendersela tanto?

Vi diranno anche che in zona Monteverde, precisamente a via di Donna Olimpia, una signora l’anno scorso è morta schiacciata da un albero che le è caduto addosso. 

Peccato che le perizie che dovrebbero attestare la pericolosità per il rischio di crollo degli olmi in questione non siano quelle giuste, cioè non quelle sufficienti a giustificare l’abbattimento di alberi che hanno mediamente una durata di vita di circa quattrocento anni. Sono stati effettuati dei test che prendono il nome di Visual Tree Assessment, più conosciuti con l’acronimo VTA, una metodologia di indagini strumentali e visive che l’agronomo poi interpreta per arrivare a stabilire, soggettivamente, le condizioni di un albero. Ma per i più accreditati agronomi, come il prof Daniele Zanzi, autorità indiscussa nel campo a livello internazionale, che ha rivolto tre appelli pubblici al Comune di Roma affinché interrompesse la strage degli Olmi di Quattro Venti, questa metodologia non è sufficiente per una decisione tanto drastica come l’abbattimento di alberi la cui vita può durare secoli. Per essere sicuri della pericolosità di un albero - e quindi del rischio che possa crollare - sono necessarie le prove di trazione che in questo viale sono state fatte solo su sette olmi, contro gli ormai quasi cento già abbattuti. 

Peccato che, coloro che hanno presidiato e documentato con video e foto, abbiano potuto constatare che solo tre o quattro olmi presentavano delle cavita nel tronco, mentre in tutti gli altri neanche l’ombra di una crepa. E neanche questa - come ha argomentato il prof Zanzi, ma anche come argomenta il prof Franco Tassi nelle sue straordinarie conferenze e pubblicazioni di studioso e ricercatore, docente di ecologia e ambientalista noto in Italia e all’estero - sarebbe di per sé una ragione sufficiente, vista la capacità degli alberi di riorganizzarsi intorno alla cavità e mantenere così la stabilità. Il fatto è che gli alberi sono creature con una loro individualità, esattamente come lo siamo noi umani, e non è che una stessa diagnosi possa valere per tutti. Ogni caso è un caso a sé che va valutato singolarmente, e curato anche singolarmente, almeno finché si può. 

Peccato che questi poveri olmi prima di essere rasi al suolo siano stati già negli anni passati non potati ma capitozzati, ossia sottoposti a una pratica mutilatoria che li priva dei rami grossi e della chioma, lasciandoli spesso con il solo tronco e qualche sparuto ramo. Una pratica ovviamente vietata, che li indebolisce e li espone a malattie e parassiti.  

Peccato che a viale dei Quattro Venti, in questo maggio funesto del 2025 oltre agli olmi tagliati, siano stati capitozzati, di nuovo, anche quelli destinati a restare. Perché? Forse per indebolirli ancora di più? 

Peccato che i nuovi alberelli che hanno cominciato a ripiantare siano non solo in gran parte già malati di galerucella, come chiunque può appurare dalle loro foglioline bucherellate, ma soprattutto impiegheranno decenni a diventare grandi, ad avere la stessa capacità di emettere ossigeno e di assorbire anidride carbonica di un grande albero di 70 anni. È stato calcolato che un olmo adulto produce circa venti, trenta, litri di ossigeno al giorno ed è evidente che un piccolo alberello non può neanche minimamente competere. 

Peccato che questi nuovi alberelli vengano piantati ora, con l’estate alle porte. Ora che, tutti lo sanno, non è stagione per piantarli perché il rischio di siccità e di morte è altissimo. Ma la risposta è “che problema c’è, se muoiono li ripiantiamo, no?”. Una logica da supermercato, da vision all’ingrosso, come appare un po’ tutta questa operazione di sostituzione arborea nella città che oltre al suo volto antico, da mostrare aveva più che altro lo splendore del suo verde in parchi, ville, giardini e viali.  

Peccato che, appunto, era de maggio, mese nefasto e vietatissimo dal Regolamento del Verde dello stesso Comune di Roma per abbattere gli alberi dato che è un periodo di nidificazione. Il che significa, ipso facto, condannare a morte i piccoli uccellini appena nati e impedire che nuovi nidi si formino. 

Peccato che l’albero crollato addosso alla signora, uccidendola, era stato coinvolto da un incendio doloso, appiccato forse ad un cassonetto, cosa che lo aveva reso instabile e che era stata ripetutamente segnalata al Municipio dagli abitanti. Ma non c’è stata la risposta giusta nei tempi giusti. GRAVISSIMO che il ritardo nell’intervento abbia causato una tragedia inaccettabile. 

Peccato che il copione di abbattimenti indiscriminati si stia ripetendo, in tante altre zone di Roma: da viale Europa all’Eur (dove sono state denunciate diverse persone, tra cui anche qualche giornalista, che stavano manifestando il 5 e 6 maggio scorso), a via Gregorio VII, dalla circonvallazione Gianicolense a via Oderisi da Gubbio, a Pietralata (dove si vorrebbe distruggere un boschetto per far posto ad uno stadio), a Villa Ada (al cui interno si vorrebbe aprire un varco carrabile) e così va in una sequenza di nomi di vie, viali, zone, località. Come dire non si fa torto a nessuno, ce n’è per tutti.               

Peccato che a fare le perizie siano le stesse ditte che provvedono agli abbattimenti e alle successive ripiantumazioni dei nuovi piccoli alberi. Possibile che a nessuno della nostra illuminata Amministrazione sia venuto in mente che potrebbe sussistere un conflitto di interessi? 

Peccato che riesca difficile capacitarsi che nello stesso periodo a viale dei Quattro Venti un centinaio di olmi siano in condizioni cosi disperate da dover essere abbattuti immediatamente, e che sempre nello stesso periodo questo succeda in tante altre zone della nostra città. Della serie, incredibile ma vero.

Tra l’altro manca anche un’informazione precisa e trasparente sulla fine che fanno queste migliaia e migliaia di tonnellate di legno. 

Fatto sta che, giorno dopo giorno, a Roma si sta consolidando un movimento trasversale di persone che si oppone al taglio indiscriminato, che chiede prove strumentali ripetibili che attestino lo stato di salute di ogni singolo albero, che pretende che le perizie siano svolte da agronomi esterni alle ditte appaltatrici, che chiede il rispetto del Regolamento del Verde del tutto ignorato dall’Amministrazione e l’istituzione delle Consulte per il Verde in ogni Municipio, anche queste del tutto ignorate, che chiede a gran voce un cambio di rotta, di essere ascoltato, che chiede trasparenza e coinvolgimento della cittadinanza come previsto dal Regolamento del Verde. Un movimento che il 17 maggio, su questi temi, ha anche dato vita ad una manifestazione sotto il Campidoglio. 

Fatto sta che sono tante le donne in prima linea, esponenti di gruppi e associazioni ecologiste ma anche senza nessuna specifica appartenenza, tutte però motivate, coraggiose, colte e documentate nella materia di cui si stanno occupando, capaci di fare rete tra loro ma anche di collegarsi a movimenti più vasti di esperti e studiosi. Donne indipendenti da partiti politici o formazioni pseudopoliticizzate, però impegnate a difendere la biodiversità e la salute di alberi e piante, e in definitiva la salute di tutti. Ne citiamo qui soltanto qualcuna, come: Jacopa Stinchelli che oltre ad aver fondato il gruppo “Difendiamo i Pini di Roma” è anche fondatrice (insieme a Francesca Marranghello) del comitato Villa Glori, nonché di La voce degli Alberi C.U.R.A.A. (Cittadini uniti per Roma i suoi alberi e i suoi abitanti, un comitato spontaneo che unisce liberi cittadini e associazioni), la stessa Jacopa tra l’altro ha creato una trasmissione radiofonica sempre con il nome La Voce degli Alberi (su Talk City.it WebRadio); le attivissime esponenti di Zona Verde Giulia Giordano e Maria Elena Carosella (quest’ultima esponente anche di Onda - coordinamento nazionale per l’ambiente) e del Coordinamento del Regolamento del Verde di Roma; Giusy De Giorgis e Francesca Curatola rispettivamente Consigliera e Presidente di TAM (Comitato per la tutela dei grandi Alberi di Monteverde e dintorni); Margherita Capanna, esponente di L’altra Italia Ambiente. E poi Cinzia Cocco, Mita Medici, Gabriella Bellet, Lisa Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione Vita Di donna che dice “Come possono le donne che hanno dei bambini farli crescere in mezzo al cemento? Abbiamo tutte e tutti diritto di avere degli spazi protetti dal punto di vista dell’ambiente, la necessità di usufruire del verde. Quindi mi sono ripetutamente battuta e continuo a battermi perché non venga devastato il nostro ambiente”.  

Nel frattempo sono partiti, stanno partendo, esposti e denunce tra cui quella di un’associazione ecologista-giuridica, denominata Gruppo d’Intervento Giuridico, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, che ha interessato il Mic e la Procura della Repubblica alla questione del taglio degli olmi a viale dei Quattro Venti ravvisando incongruenze, lacune procedurali e mancanza di trasparenza complessiva.
Ed è notizia di questi giorni che la Soprintendenza speciale per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, che fa capo al Ministero della Cultura, abbia messo nero su bianco di non essere stata informata dell’eliminazione degli olmi del viale pur essendo lo stesso sottoposto a vincoli precisi (in base al D. Lgs 22 gennaio 2004, n. 42 art. 10, comma 4 lett g), e che nessun parere in merito le sia stato chiesto. Pertanto, oltre a richiedere tutta la documentazione al Comune di Roma, la Sovrintendenza ha provveduto ad informare la Procura della Repubblica dell’accaduto. Staremo a vedere quale sarà l’evolversi dell’affaire.

Comunque anche Italia Nostra ha inviato una diffida chiedendo tra l’altro di sospendere immediatamente gli interventi, di ordinare nuove perizie indipendenti, di verificare la legittimità delle operazioni, di adottare una pianificazione pluriennale.

Molto in questa direzione giuridica si sta muovendo anche se ancora le procedure non sono state tutte completate. 

Nel frattempo è arrivata l’estate e tutti risentiremo di quello che ci è stato tolto: l’amicizia e la protezione dei nostri amici alberi, olmi, tigli, pini, lecci, platani, e cosi via con buona pace del cambiamento climatico a cui queste incaute scelte attivamente partecipano.

E saremo tutti più fragili, più indifesi, e meno felici.


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