“Io sono, anzi ero, una lavoratrice di Agile, ex Eutelia: un contenitore vuoto dove far transitare i lavoratori informatici comprati alla fine del 2006, con l’idea di integrare telecomunicazioni e informatica. Progetto che sulla carta era molto interessante, ma poi rivelato un bluff. Nel 2006 eravamo 800 persone in Bull e 2300 in Getronics, siamo stati messi insieme ai 400 lavoratori di Eutelia e siamo diventati un’azienda di oltre 3000 persone. Ci siamo resi subito conto che tra demansionamento e mancato rinnovo dell’offerta non saremmo andati avanti, allora abbiamo fatto due interrogazioni parlamentari. Nel 2008 l’azienda scopre le sue carte e annuncia 800 licenziamenti, slittati grazie a un tavolo di crisi aperto presso il Ministero dello Sviluppo Economico con l’allora ministro Scajola, ottenendo un contratto di solidarietà per un anno. L’azienda annuncia poi che ha trovato un acquirente, Agile, società di Potenza con 96000 euro di capitale versato. Dovevamo fare ancora 15 giorni di solidarietà e invece ci hanno rimesso al 100% dell’orario. Prendiamo lo stipendio di luglio, e poi basta. Lavoriamo senza stipendio per tre mesi, e a ottobre 2009 l’azienda Agile, i cui amministratori sono esperti in fallimenti, vedi la Cartiera di Arbatax, annuncia 1192 licenziamenti. Il 28 ottobre entriamo in assemblea permanente, seguono sei mesi di occupazione e due mesi di presidio permanente in piazza Montecitorio…
Il 23 maggio c'è l’udienza nei confronti dei fratelli Landi per il crac da 11 milioni di Eutelia. Cosa vi aspettate?
La vertenza Eutelia è una cosa che non abbandoniamo. Intanto siamo riusciti a togliere di mano le aziende agli amministratori. Il 10 luglio 2010, 8 persone sono state arrestate, rinviate a giudizio per bancarotta fraudolenta, tre hanno già patteggiato la pena e ammesso la colpa. Tranne l’amministratore delegato, che è latitante a Dubai.
In 1100 lavoratori ci siamo costituiti parte civile, e questa è stata un’azione collettiva che ha coinvolto lavoratori e lavoratrici di tutta Italia. È un processo penale da cui ci aspettiamo molto. Ci aspettiamo un riscatto morale, un senso di giustizia che faccia capire che cose del genere non passano sulla testa delle persone senza che nessuno la alzi. Poi ci aspettiamo che l’azienda riparta. Le competenze ci sono, abbiamo solo bisogno di commesse, anche se il lavoro non ci sarà per tutti, perché la situazione economica è quella che è. Ma l’ammortizzatore sociale è una sconfitta per tutti. Siamo perfettamente coscienti che occorre favorire i giovani. Io ho 54 anni e 33 anni di contributi versati. Non lotto per me, non si tratta di solidarietà ipocrita, ma di diritto al lavoro, alla dignità. Eutelia è solo uno dei 170 tavoli aperti che sono venuti alla luce, ma quante piccole aziende che non hanno nemmeno la cassa integrazione ci sono? Quanti precari? Abbiamo il 9% di disoccupazione, ma non è reale perché i cassintegrati non fanno parte di questo dato. Abbiamo il 29% di disoccupazione giovanile, quante persone si sono arrese?
EutOrto è l’orto dei Lavoratori Scomparsi Agile ex Eutelia IT di Roma. Come è nato?
Ci siamo detti: facciamo un orto, per dimostrare che il lavoro è una ricchezza, non importa che lavoro fai. Per questo nel nostro volantino abbiamo scritto “siamo informatici, matematici, esperti in controllo di gestione, chiedici la nostra storia”, perché il lavoro è un metodo, punto. L’idea è nata da me e da Franca. Quando si perde il lavoro, si perde la bussola… anche il presidio ti fa avere un senso di appartenenza, ma a un certo punto le lotte hanno una parabola. Abbiamo letto dell’esperienza degli orti urbani della Garbatella e lì è nata una scintilla. L’idea era bella e abbiam pensato di replicarla; usciti dalla produzione industriale, potevamo rientrare nella produzione in un modo diverso, per dare un ritmo alle nostre vite, continuare a vederci, in una lotta parallela e alternativa. Così nasce l’Eutorto. Abbiamo contattato Gianluca Peciola vice presidente della Commissione ambiente Provincia di Roma SEL (Sinistra Ecologia e Libertà). Eravamo pronti a tutto. Non avevamo nulla da perdere. Ci hanno aiutato la Provincia di Roma e l’istituto agrario G. Garibaldi, con la sua azienda agricola di 80 ettari nella città. La scuola ha avuto un finanziamento di 19mila euro per il progetto di orto sociale, ci hanno dato 2000mq di terra da coltivare, e il 6 settembre abbiamo iniziato.
Così ora coltivate la terra.
Sì, ci siamo presentati là con il nostro entusiasmo. Abbiamo scoperto che la marginalità coinvolgeva non solo noi cassintegrati, ma tante altre persone escluse, altre realtà, la cooperativa di genitori di disabili psichici, gli oltre 100 ragazzi autistici che frequentano l’Agrario, gli ex detenuti che fanno corsi regionali di giardinaggio. Abbiamo iniziato a fare rete tra noi. Cosa c’è di meglio di ritornare ai ritmi della natura? Così si aumenta la qualità di vita. Il principio è che ci deve essere più umanità. Dividiamo gioie e dolori, costruiamo qualcosa insieme, integriamo il reddito grazie al fatto che non dobbiamo comprare le verdure. Il ritorno alla terra è la strada della decrescita. Se si lavora per mangiare, si può produrre direttamente il cibo. Però dev’essere cibo sano.
In tutto ciò, esiste un contributo specifico femminile?
Quello di sempre. Le donne sono il motore, con il loro estremo pragmatismo, si mettono in prima linea, si ritirano su le maniche. In assemblea permanente e durante l’occupazione, c’erano moltissime donne, in percentuale molte di più rispetto alla percentuale di lavoratrici. C’è da ricreare una situazione di equilibrio, di familiarità con il posto, c’è anche da fare da mangiare, e tutto questo le donne lo hanno fatto, penso alle RSU Alessandra Carnicella e Gloriana Bracale, ma ce ne sono tante altre. Anche all’interno dell’orto le donne hanno un ruolo forte, per promuovere e trascinare gli altri ci vuole energia, così come per mantenere unito il gruppo. La donna vive i momenti di crisi in un altro modo. Gli uomini sono disorientati quando perdono il loro ruolo, noi donne, nostro malgrado, lavoriamo sempre, e questa è la risorsa femminile: siamo abituate, siamo resistenti nel tempo, dal punto di vista psicologico e fisico. Certo, per fare l’impianto di irrigazione e mettere su il cancello hanno lavorato i maschi, ma la costanza, quella, è femminile. Gutta cavat lapidem…
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