Per quanto possiamo esserne rimasti sorpresi, non è un caso che tutto ciò sia successo in Nuova Zelanda e da parte di questa premier. Jacinda è infatti stata eletta proprio per il suo programma elettorale basato su questi principi, per i quali è stata contestata e si è pure dovuta difendere.
Già in tempi non sospetti (ottobre 2018) Jacinda ha inoltre fatto un discorso all’ONU nel quale ha sintetizzato con una sola parola tutto quello che ispira il suo credo politico: la gentilezza.
La gentilezza, quindi, come cifra distintiva e valore fondante di un’azione di governo.
E’ possibile in tempi di sovranismo e populismo? Jacinda pare dire di sì e sembra indicare la direzione di una nuova resistenza al vento mondiale che spinge invece verso l’isolazionismo, il populismo, il sovranismo e, insomma, tutte cose belle.
Cerchiamo quindi di mettere bene a fuoco come una virtù individuale e personale possa essere declinata all’interno di un contesto politico e di governo: com’è una politica gentile? Ma soprattutto, la politica gentile è più o meno forte della politica machista? Vediamo.
Non ci crederete, ma una volta la gentilezza era di moda.
Nella storia, la gentilezza, che si accompagna in modo imprescindibile alla cura del prossimo e all’avere a cuore le sorti degli altri, ha sempre goduto di una forte e radicata approvazione sociale. L’individualismo, che ad essa si contrappone, è diventato invece un valore “vincente” nella società, nell’economia e nella politica solo nella storia recente come spiegato molto bene qui.
Cosa è capitato nell’era moderna per far diventare la gentilezza la virtù dei deboli perdenti e l’individualismo la virtù dei forti vincenti?
E’ successo che è arrivato il capitalismo, accompagnato dal consumismo di massa, e alla sostanziale affermazione del valore dei mezzi e delle cose sui valori delle persone. E non vi è dubbio che la gentilezza appartenga al mondo degli umani: non si può essere gentili con le merci, con un container o con una borsa griffata. Si è gentili solo con le persone.
La gentilezza, pertanto, è una virtù all’esatto opposto dei valori del capitalismo, nel quale sono le cose, i soldi e i mezzi a governare la nostra vita.
Il capitalismo, che oramai è chiaro, rappresenta il modello economico ideale per la cultura patriarcale, deve per forza sostenere, promuovere e fomentare tutti i valori che inducono al maggiore acquisto e consumo possibile delle cose.
Capite che in questo contesto la gentilezza deve finire asfaltata senza pietà: le persone gentili di natura sono le più felici che possiate incontrare e difficilmente sono dei grandi consumatori, dal momento che non hanno bisogno delle cose per consolarsi della propria tristezza.
Proprio perché pericolosa per il capitalismo e il modello del consumo di massa, la gentilezza nell’era industriale è stata sempre più mortificata e disconosciuta, fino ad arrivare a rappresentare una virtù dei perdenti e degli sfigati: niente gentilezza in politica e nel lavoro. Unico spazio sociale concesso è stato quello della gentilezza all’interno della famiglia, verso i bambini, anziani e soggetti fragili. Guarda caso, la gentilezza è diventata a questo punto una virtù prettamente femminile. Una roba da signorine, insomma, mentre sugli uomini gentili è calato lo stigma sociale.
Però ora, sembra, qualcosa sta cambiando.
C’è stata la crisi planetaria del 2008, sono scoppiate tutte le bolle speculative possibili, e ci sono molti segnali di insofferenza. Il capitalismo è, come dire, “un po’ stanchino”, se non in piena crisi. Tra l’altro, non solo si sente minacciato dal cambiamento di umore collettivo, ma, soprattutto, non accetta l’idea di arrendersi di fronte ad un processo planetario di proporzioni bibliche: se non ci diamo una calmata con la produzione e i consumi tra 12 anni il surriscaldamento del pianeta sarà irreversibile e finiremo tutti belli arrostiti che manco un flambè.
E’ da questa crisi, quindi, che origina l’ascesa dei populisti sovranisti destrorsi che vediamo oggi nel mondo, tutti movimenti che, guarda caso, condividono le caratteristiche di un capitalismo deteriorato: arroganza, isolazionismo, discriminazione, maschilismo, integralismo, negazione del cambiamento climatico, prepotenza ecc.
La gentilezza in politica e la tutela del clima sono due facce della stessa medaglia, che è quella di un nuovo ordine mondiale che non si può più basare sui valori del capitalismo patriarcale. Ma come definire il nuovo corso? Magari con qualcosa che abbia a che fare con il matriarcato? Anche a voi viene da ridere incredule a sentire pronunciare questa parola? Beh, chiamatelo come volete, ma ne abbiamo un disperato bisogno per contrastare le attuali spinte all’imbarbarimento e all’autodistruzione.
Tra l’altro sappiate che la gentilezza, sia a livello personale che politico richiede molta forza.
Per essere davvero tale, e non puro manierismo, la gentilezza si deve infatti accompagnare ad una forma di rigore che non è certo l’ordine e la disciplina fascistoide della mascella rigida, ma un inflessibile esercizio di armonia, autocontrollo e coerenza: Jacinda Ardern, per dire, dopo le bellissime parole ha fatto approvare una legge che ha messo al bando le armi in Nuova Zelanda, paese che tra l’altro, ha una politica per l’emigrazione molto severa. Anche i paesi nordici, rinomati per le politiche “gentili” e pacifiche, nonché per un elevato livello di parità tra donne e uomini, sono ultra disciplinati nel rispetto delle regole sia sociali che politiche.
Certo, guardando all’Italia la gentilezza in politica e nella società, soprattutto se accompagnata al rispetto delle regole e alla crescita della condizione femminile, ci pare un’utopia irraggiungibile.
Intanto, però, i nostri cari apostoli del tardo-capitalismo tendenza populista hanno capito bene che qualche minaccia in questo senso c’è, altrimenti non si spiegherebbe tutta questa foga distruttrice nei confronti del femminismo, un movimento che non se l’è filato più nessuno a partire dagli anni 80, quando ne è stata decretata una fine miserevole in mezzo a sfottò e derisioni. Ora, invece, ti arrivano questi e cominciano a sparare a palle incatenate su qualsiasi diritto delle donne già acquisito da decenni, di fatto non solo resuscitando le femministe d’antan già pensionate, ma obbligando anche le nuove generazioni, a partire dalle sedicenni, a riprendere il discorso e a rilanciarlo.
Quindi, signori, qualche scricchiolio si percepisce.
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