Una donna che non si è lasciata abbattere da un'ignobile violenza, e che oggi si impegna in Parlamento per la sicurezza delle donne e per il progresso culturale del nostro paese
Domenica, 17/03/2019 - Sabato 16 marzo Lucia Annibali è intervenuta a Fusignano (RA), intervistata dalla giornalista e scrittrice Letizia Magnani. Lucia oggi è deputata e fa parte della Commissione Giustizia della Camera. Tutte e tutti ricordiamo che nel 2013 ella fu vittima dell’ignobile sfregio con l’acido commissionato dal suo ex fidanzato Luca Varani. Da quell’offesa, da quel dolore, da quella feroce violenza Lucia si è rialzata, più forte di prima, ha raccontato la sua storia di non amore nel libro “Io ci sono” e ha iniziato a battersi contro la violenza maschile sulle donne: la violenza del possesso, la violenza del dominio, la violenza della cultura patriarcale che ancora affonda saldamente le proprie radici nella nostra società.
“Il mio impegno è più forte di me” ci dice oggi Lucia. Il suo lavoro politico è volto a promuovere il progresso culturale della società e la protezione delle donne dalla violenza. Lucia ha preso molto sul serio, in modo anche pignolo ci dice, il suo lavoro di parlamentare: studia, si prepara, va a controllare prima di dire qualcosa. Quanti altri parlamentari possono dire lo stesso? È un impegno difficile, per giunta in una fase politica di fatto disinteressata alle pari opportunità e alla garanzia dei diritti delle donne. “A volte sembrano appelli che cadono nel vuoto”, ma il problema esiste, esiste da sempre e per capirlo bisogna conoscerlo in tutte le sue sfaccettature, non è semplice come si può credere.
Nel dibattito parlamentare attualmente Lucia si occupa soprattutto della proposta di legge sulla legittima difesa, che secondo la Lega sarebbe sempre legittima. Con questa proposta si inserirebbe, dice Lucia, una presunzione di innocenza, ma, oltre alla discutibile configurabilità all’interno del sistema legale, questa norma non risponde ad una vera emergenza in materia di legittima difesa. Ciò che cambierebbe però è il messaggio che si produce sulla psicologia del cittadino: difenditi, armati perché per noi la difesa è sempre legittima. Tale proposta è pericolosa non solo per la sicurezza comune, ma è pericolosa per le donne, ci avverte Lucia, perché se pensiamo che nel nostro paese ormai da anni, mentre in generale gli omicidi diminuiscono, sono in aumento solo gli omicidi nell’ambiente familiare, gli omicidi di donne - anzi i femicidi, cioè le uccisioni di donne in quanto donne, in quanto donne che si sono sottratte ad un certo stereotipo culturale -, vuol dire che è nella famiglia che ci sono pericoli per la sicurezza delle persone. Armare maggiormente gli uomini non farebbe altro che aumentare i pericoli per le donne che con quegli uomini convincono. È una proposta di legge che quindi non tiene conto del contesto sociale in cui si andrebbe ad inserire.
Sono tempi difficili quelli che vive il Parlamento italiano. Il disegno di legge Pillon ne è un’amara testimonianza. Ma Lucia ci ricorda che i temi contenuti nel DDL Pillon sono altresì contenuti nel contratto di governo, per cui non ci possiamo stupire che siano portati avanti nella dialettica parlamentare; ma, posto questo, dobbiamo anche ammettere che non è un governo credibile quello che da un lato sostiene la bigenitorialità perfetta e la mediazione familiare obbligatoria e dall’altro dice di voler combattere la violenza maschile contro le donne. Non è credibile perché ignora – o finge di ignorare - un aspetto fondamentale della realtà. A sostegno del DDL Pillon c’è qualcosa di “aberrante” dice Lucia: l’alienazione parentale, qualcosa che non esiste, qualcosa ideato da una persona priva di credibilità. È un provvedimento rappresentato come a tutela dei minori, ma non è affatto così.
Ma viviamo un attacco molto più ampio a tutto ciò che finora davamo per scontato. Rischiamo di tornare indietro: si stanno mettendo in discussione diritti acquisiti con fatica, ritorna in auge un’immagine del ruolo della donna relegata al focolare domestico a fare figli che pensavamo di aver messo definitivamente da parte. Questo momento storico-culturale pare derivare proprio dalla politica, da questo momento politico: perché forse in questo momento politico ci si sente più liberi di manifestare apertamente la cultura machista e patriarcale, rispetto a quanto accadeva qualche anno fa. Ma è proprio per questo che è necessario ribadire con forza, non solo in politica ma anche nella società, i diritti e la pari dignità delle donne. Lucia spera che questa regressione sia solo un momento, perché è molto grave, per certi versi folle.
E allora, ancora una volta, bisogna riconoscere, ma riconoscere sinceramente, che l’unica vera arma contro la violenza maschile è la formazione. Ci vuole formazione anche di tutti gli operatori che entrano in contatto con le donne maltrattate. Ci vuole formazione per riconoscere la pericolosità sociale di questi uomini, le caratteristiche di questi reati, i segnali di questi reati. Lucia fa un esempio molto efficace: il ladro è perfettamente consapevole di aver commesso un reato, il marito violento no, non percepisce il disvalore della sua condotta. E, dobbiamo aggiungere, anche gli operatori giudiziari – dalla polizia, agli avvocati, ai giudici – hanno ancora difficoltà a comprendere appieno il disvalore e il significato profondo di queste condotte. C’è indignazione, davanti ad un femicidio, ma a quest’indignazione non corrisponde un vero interesse, un interesse sentito di conoscenza, di approfondimento del tema, per comprenderne le vere radici. Anche il disegno di legge sul cosiddetto “codice rosso” proposto dal Governo – il cui intento sarebbe quello di velocizzare l’impulso delle indagini nei reati di violenza familiare - è una proposta a investimento zero. E come si fa a fare formazione a investimento zero?
Il problema è che se si continua a rifiutare di riconoscere la base culturale della violenza maschile non si riuscirà mai a sradicarla. E, come Lucia scrisse già in passato, in gioco non c’è solo il ruolo delle donne in Italia, ma le fondamenta stesse della nostra democrazia.
Due ultime domande.
Che donna è oggi Lucia?
“Oggi Lucia è una donna che convive con la propria sofferenza, ma che conosce anche il senso della conquista, che non dà mai per scontato, che lavora per guadagnarsi il rispetto e non la compassione. È una donna che cerca di vivere al meglio la sua vita e di dare un proprio contributo anche culturale, di dare un senso al suo esserci e di esserci pienamente in ogni cosa che fa.”
Che messaggio vuol dare Lucia ad una giovane donna?
“Vivere nella sua libertà, in una libertà consapevole, assecondando le sue caratteristiche e la sua personalità.”
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