La Fondazione Giulia Cecchetin, iniziativa 'per restare umani'. E il ministro Valditara
Nel giorno della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin, il Ministro dell'Istruzione e del Merito polemizza sul patriarcato (secondo lui abolito dalla Diritti di famiglia) e manipola i numeri dei femminicidi
Martedi, 19/11/2024 - Il femminile di giornata / trentaquattro. La Fondazione Giulia Cecchetin e il ministro Valditara
Era il 18 novembre 2023 quando, dopo giorni di ansia paura e speranza, il corpo di Giulia Cecchettin fu ritrovato in un dirupo nelle montagne fra Veneto e Friuli. Era stata barbaramente uccisa dal suo ex ragazzo - Filippo Turetta - che non accettava in nessun modo di essere lasciato.
La storia di Giulia coinvolse emotivamente tutta Italia in modo straordinario per varie ragioni: la violenza dei fatti, le caratteristiche di una ragazza solare, alla vigilia della laurea, la sua bontà e sensibilità nei confronti dell'uomo che poi l’ha uccisa, al quale aveva detto che voleva finire la loro storia, il suo preoccuparsi che lui potesse farsi del male - ragione per cui lo ha ascoltato e incontrato - la civiltà e l’amore con cui suo padre e la famiglia hanno vissuto la tragedia e, insieme, la forza, le parole e l’energia della sorella Elena, voce potente contro la violenza e la morte di sua sorella.
Un fatto terribile divenuto “simbolico” della violenza dell’orrore dei femminicidi.
Un anno dopo il papà di Giulia - che da allora ha lavorato affinchè il dolore non annullasse né lui né i suoi due figli ma si potesse, da quella tragedia irreversibile, non rinunciare a far nascere un'opportunità e una risposta costruttiva - è arrivato alla presentazione della Fondazione Cecchettin, avvenuta a Montecitorio nella sala della Regina.
"A tanto impegno - come dice Elena, sorella di Giulia - mio padre per arrivarci ha raccolto i pezzi di due anni di dolore, ha messo insieme una cosa enorme…“.
Tutto è pronto nella prestigiosa sala affollata per illustrare le finalità della Fondazione: prima di tutto l’educazione all’affettività, che potrebbe essere “insegnata” nelle scuole dedicandovi un'ora di lezione alla settimana. Ma il suo impegno sociale vorrebbe svolgersi a più ampio raggio, anche dando voce e facendo uscire dall’isolamento donne in pericolo. Tra le tante associazioni e personalità impegnate nel progetto: la campionessa di nuoto Federica Pellegrini, coinvolta anche come consigliera della Fondazione per il ruolo importante che ha lo sport in obiettivi di questo calibro, Giorgio Mulè (vicepresidente della Camera), la ministra delle Pari Opportunità Eugenia Roccella.
Non potendo essere presente, prima che Gino Cecchettin entri nel merito presentando obiettivi e statuto della Fondazione, viene proiettato un video con un breve intervento del Ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, intervento che, invece di parlare della Fondazione, si lancia su affermazioni imbarazzanti con elementi più vicini ad un comizio che a un contributo legato al suo ruolo.
Si sofferma con ricchezza di argomenti sulla visione ideologica che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il Patriarcato che - secondo il Ministro - è stato abolito dal nuovo diritto di famiglia del 1975. Peccato che il Ministro non sembri pensare che purtroppo non capita praticamente mai che una legge legata ai comportamenti, alla cultura, all’educazione di una popolazione comporti la bacchetta magica del cambiamento dei comportamenti e l’accettazione o l’identificarsi con “i principi” legislativi.
Ma dopo la negazione - di un patriarcato che forse con termini più immediati quali: possesso, imperio, potere maschile, paternalismo per molte donne è purtroppo ancora dilagante e motiva tanti, troppi femmicidi - il Ministro (con un volo pindarico dal sapore propagandistico delle idee del partito che rappresenta: Fratelli d'Italia) arriva a quelli che definisce i “nuovi venuti” e dopo parole contorte arriva all’affermazione finale di reale propaganda politica ovvero: “occorre non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un'immigrazione illegale!”.
Non è difficile immaginare come dopo tali inappropriate e inaspettate affermazioni il gelo sia calato sui presenti e come l’iniziativa, nata sull’entusiasmo del progetto, abbia subito una deviazione di percorso, annullando quello spirito di un nuovo inizio importante con cui la giornata era stata immaginata.
A caldo il commento del papà di Giulia, sollecitato, è stato “Le parole del ministro Valditara? Diciamo che ci sono dei valori condivisi e altri sui quali dovremo confrontarci, ecco”. In un'intervista in cui si accenna alla questione dell’emigrazione Gino Cecchettin precisa inoltre “vorrei dire al Ministro che chi ha portato via mia figlia è italiano. La violenza è violenza, indipendentemente da dove essa arrivi. Non ne farei un tema di colore, ma di azione. Di concetto”.
Elena, la sorella di Giulia, citare il Ministro e nessuno dei politici presenti, nel pomeriggio di quella giornata “sfregiata” ha scritto su Instagram: ”forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della Fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e 'per bene', si ascoltasse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro paese ogni anno".
Una vicenda complessivamente triste e inammissibile, pensando a quanto sia prevalsa un’immagine della politica protesa a fare propaganda e non a interpretare la responsabilità la funzione del proprio ruolo, che nel caso specifico riguardava addirittura un Ministro.
La polemica che è naturalmente dilagata - e che tra l’altro è riuscita a evidenziare nell’informazione come gli assassini dei femminicidi e i violentatori sono in maggioranza assoluta italiani - ha scavalcato e offuscato una giornata costata tanto lavoro per approdare alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin.
Consola sapere che il papà di Giulia ci ha mostrato e resa credibile una forza che non riesce a fermare i suoi progetti di fronte a nulla. Accusato, sin dall’inizio, di voler emergere, di fare il protagonista, di mettersi in mostra, non ha risposto e ha continuato a lavorare con i suoi figlie con la sua famiglia tutta, raccogliendo una grande alleanza solidale di chi ne ha intuito l’autenticità.
Nel libro “Ciao Giulia“ sottolinea in modo credibile quanto abbia imparato da sua figlia e in copertina le dedica un messaggio che non può che far piacere ripercorrere e fare nostro, per augurare buon lavoro alla Fondazione. “Cara Giulia, tu avresti voluto una società fatta di persone che reagiscono positivamente alle difficoltà, che non si lasciano mai sopraffare dalla negatività e dalla violenza. Questo significa restare umani”.
Paola ortensi
Lascia un Commento