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La festa dei lavoratori e la morsa del sindacato parastatale in Egitto

La festa dei lavoratori e la morsa del sindacato parastatale in Egitto

Accusato di non rappresentare gli interessi dei lavoratori, il sindacato nazionale dei lavoratori è di nuovo sotto i riflettori, grazie anche ai tanti lavoratori e lavoratrici che sono scesi per le strade per manifestare.

Mercoledi, 04/05/2016 -
Il Cairo. Ufficialmente le celebrazioni per il Primo maggio sono iniziate la settimana scorsa quando il presidente Al Sisi e le massime cariche dello Stato hanno partecipato ad un convegno tenutosi al Cairo.

In quell’occasione Al Sisi ha tenuto il primo discorso televisivo per ricordare la giornata dedicata a tutti i lavoratori e lavoratrici del Paese. “Ma di quale lavoro ha parlato?” è la domanda che molti egiziani ed egiziani si sono fatti. Al di là della spettacolarizzazione dell’evento, trasmesso a rotazione su tutti i canali nazionali, in verità c’è poco da festeggiare.



Negli ultimi anni sono aumentate le proteste per le condizioni pessime di lavoro, ma soprattutto è cresciuta la sfiducia nei confronti del sindacato nazionale ETUF (Egyptian Trade Union Federation) che fondato nel 1957 a fatto ben poco a favore dei lavoratori, trasformandosi una delle voci di propaganda dei governi che si sono alternati in Egitto a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Nel 2014 sono stati più di 700 gli scioperi secondo il centro El Mahousa per lo Sviluppo Socio-economico.



Nel 2015 ci sono stati 1.117 scioperi su tutto il territorio nazionale secondo dati diffusi dall’associazione Demo Meter. E non è un mistero che molte delle manifestazioni di piazza e degli scioperi organizzati in questi anni siano stati repressi dagli apparati di sicurezza egiziani. E questo primo maggio non ha rappresentato un’eccezione visto che gli arresti sono stati molti.

In una situazione del genere, appesantita tra l’altro dalle misure di austerità imposte a partire dall'anno scorso e dal collasso del settore turistico in seguito agli attentati terroristici che hanno colpito l'Egitto nei mesi scorsi, la vita degli egiziani e delle egiziane non ha fatto altro che peggiorare negli ultimi anni.



E con lei anche le condizioni di lavoro sono andate deteriorando. Secondo i dati ufficiali nei primi mesi del 2016 la disoccupazione si è attestata intorno al 12,77%. È una percentuale alta, se si pensa che l’Egitto è abitato da più di 93 milioni di abitanti, dei quali più del 50% è composto dagli under 30 anni, la forza motrice del Paese.



Dal punto sindacale poi la situazione è molto grave. C’è il sindacato nazionale dei lavoratori (ETUF) f che raccoglie quasi sei milioni di membri.

Ma che ne è dei restanti lavoratori e le lavoratrici egiziani?



Da anni si chiede la creazione di nuove firme sindacali. E da anni gli stessi sindacati indipendenti chiedono di essere riconosciuti dal governo, ma senza alcun risultato. La beffa vuole che lo stesso ETUF abbia iniziato una causa presso il tribunale amministrativo de Il Cairo per chiedere lo scioglimento delle federazioni sindacali indipendenti ed il cui verdetto è atteso a giugno.

Nulla è valsa poi la denuncia fatta all’inizio di aprile da parte dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che ha espresso preoccupazione “per le minacce ai diritti umani ed ai diritti sindacali sotto l’attuale presidenza”, citando anche “la responsabilità del governo nel garantire l'applicazione delle convenzioni internazionali sul lavoro, quali quella inerente la libertà di associazione e la protezione del diritto sindacale (convenzione 87) e l’applicazione dei principi di organizzazione e di negoziazione collettiva (convenzione 98) ratificate nel passato” ma mai di fatto applicate nell’ordinamento nazionale. Va ricordato che ad oggi, secondo la legislazione sindacale egiziana, l’ETUF è l’unico sindacato legalmente riconosciuto in Egitto.



Foto di Hossam el-Hamalawy, “Sindacato indipendente in protesta 01/05/2016 a Il Cairo”.

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