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La fabbrica e il lavoro, ieri e oggi

La fabbrica e il lavoro, ieri e oggi

Una Repubblica (af)fondata sul lavoro/2 - 'Dita di dama', un romanzo intenso di Chiara Ingrao che è esercizio di memoria

Bartolini Tiziana Lunedi, 24/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011

“Sentivo il bisogno di raccontare un’esperienza che è stata troppo dimenticata: il rapporto fra mondo del lavoro, le lotte nei luoghi di lavoro e i percorsi di libertà individuale. Degli anni settanta si parla come degli anni della violenza e del terrorismo ed è stata cancellata un’eredità di percorsi di libertà, individuali e collettivi, nella dimensione pubblica e nei rapporti personali, oltre che nel lavoro”. “Dita di dama” (ed. La Tartaruga) è un romanzo intenso che Chiara Ingrao (www.chiaraingrao.it) scrive ricordando storie che conobbe direttamente o andando a ricercare persone che incontrò quando faceva la sindacalista. E’ una storia di fabbrica e non solo, che narra della vita di due ragazze, una studentessa, una operaia, tra il ‘69 e il ’72 - in tempi “allegri e feroci, e più veloci della luce”. Uno stile diretto e dinamico dipinge efficacemente il clima sociale e politico e le esperienze di chi, in quanto classe operaia, con le sue lotte ha conquistato leggi innovative ed ha determinato importanti cambiamenti negli equilibri sociali. “Il mio è stato un esercizio di memoria fatto con gli occhi aperti anche sul mondo di oggi” ci spiega l’autrice, della quale abbiamo voluto raccogliere alcune riflessioni, a partire dalle giovani protagoniste del romanzo. “Guai a toccare i metalmeccanici, nel sessantanove. Dovevano vincere: se vincevano loro, vincevamo tutti”. Questo passaggio, nel libro, restituisce la forza ideale che esprimevano quelle lavoratrici. “La lotta dei metalmeccanici non ha costruito solo diritti sindacali, ma ha fatto cultura affermando l’idea della dignità della persona nel lavoro. Questo è un valore che non si può perdere mai, anche se cambiano le condizioni materiali o l’organizzazione del lavoro. Quella forza ideale è un’eredità viva, nonostante i metalmeccanici siano quantitativamente molti di meno, più deboli e divisi. Tanto è vero che alla manifestazione FIOM del 16 ottobre 2010 hanno aderito anche i lavoratori precari o del terziario. Bisogna ricordarsi che il lavoro industriale era sparito dalla scena. E’ merito dello scatto di orgoglio degli operai della Fiat di Pomigliano e di Torino (anche se sconfitti nei referendum) se la dignità nel lavoro è tornata al centro del dibattito. E’ chiaro che la fabbrica, come la vedevamo noi, non può più essere il centro del mondo perché il lavoro materiale ha un peso più ridotto. Ma è anche vero che il diritto ad essere rispettate come persona vale per l’operaia come per la precaria perché il lavoro e il lavoratore non possono essere trattati come una merce. Oggi, come allora, il nodo centrale è ‘io sono una persona, non sono una macchina’ e vale quando per il lavoratore della Fiat e per la giovane del call center”. A sancire questi principi è lo Statuto dei Lavoratori, proprio quello che oggi il Governo vuole cancellare. C’è un passaggio molto significativo nel romanzo, quando‘Aroscetta porta in fabbrica la Gazzetta Ufficiale con la legge appena approvata dal Parlamento. “Attenzione, se si perde la cultura dei diritti si perde anche la materialità dei diritti. Quelle ragazzine della Voxson, che non sapevano niente di politica, avevano capito che erano vessate non solo per i ritmi di lavoro, ma anche perché era lesa la loro dignità come persona: se ti controllo nei tempi in cui vai al gabinetto ti tolgo dignità. Grazie allo Statuto dei Lavoratori riescono a cacciare le guardie; non essere più vigilate per loro è un’affermazione di rispetto della dignità della persona. Non si può tollerare che nei luoghi di lavoro ci sia una sospensione dei diritti sanciti dalla Costituzione. E questo vale per tutti e tutte”.









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