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La doppia vita di Amal

La doppia vita di Amal

Viaggi svelati - Gioca nella prima squadra di hockey femminile dell’Arabia, ha un fidanzato, un telefonino, il piercing e un tatuaggio. Ma i fratelli non lo devono sapere: è una questione d'onore

Marzia Beltrami Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2006

Intelligente e sveglia, Amal non è per niente un’emiratina come le altre. Ha 23 anni e come molte sue concittadine non guida e esce di casa solo se scortata dall’autista, lavora in un college e i suoi fratelli tengono lei e l’onore famigliare sotto stretto controllo. Però, a differenza della maggior parte delle sue coetanee, niente riesce a fermarla quando decide di fare qualcosa di diverso: segue un MBA per sole ragazze, ha un piercing sulla lingua e un tatuaggio che la madre non ha mai visto, va a cavallo e gestisce un sito web per aspiranti scrittori. Ha un fidanzato segreto, oltre a un cellulare segreto. Una doppia vita a tutti gli effetti. Ci incontriamo un venerdì mattina in un angolo appartato di un bistrò.
Stupiscimi Amal, che hai combinato in questi ultimi mesi?
“Oh niente Faccio parte di una squadra di hockey per sole ragazze.”
Una squadra di hockey femminile in una città dove la temperatura non scende mai sotto i 20 gradi, dove ci sono più cammelli che persone, dove le donne non possono nemmeno mettere il naso fuori casa? Come ci siete riuscite?
“Di solito siete solo voi occidentali a stupirvi di questa faccenda, forse credete davvero che le donne da noi non abbiano vita sociale. E’ semplice: ad Al Ain c’è uno stadio del ghiaccio e Fatima Al Baloushi pattinava ormai da 10 anni, ma voleva diventare professionista. Waheed, il manager della squadra di hockey maschile, ha creduto nella sua idea di formare la prima squadra di hockey femminile dell’Arabia. Ora nella squadra ci sono 25 ragazze, anche se non è stato facile trovare atlete disponibili. Però Sua Altezza Sheikh Falah, il presidente del club, ci appoggia completamente, sia moralmente che economicamente: ci paga 500 euro al mese solo per allenarci.”
E voi, in cambio, che fate?
“Noi ci alleniamo duramente, quattro volte a settimana, a porte chiuse: genitori delle ragazze non vogliono che nessuno ci veda. E poi Sheikh Falah ha imposto come regola che non possiamo essere fotografate. Questo fa stare tranquilli tutti quelli che temono per il nostro onore: non vedrete mai sui giornali le nostre immagini, nemmeno se dovessimo partecipare ai Mondiali.”
Ma I tuoi genitori che ne dicono, Amal?
“Mia madre mi ripete le solite cose ‘Sei una donna, Dio vuole proteggerti e la casa è il luogo dove sei sicura. Sei fragile, non dovresti fare questo sport. Non potreste almeno avere un allenatore donna?’ Eppure lei non mi vieta di fare hockey, anche se credo che i miei fratelli si opporrebbero se lo venissero a sapere e lei dovrebbe cedere. Paradossalmente mia madre da giovane era più libera di noi oggi, frequentava i nightclub con papà e si vestiva in modo meno conservatore. Oggi sono i miei fratelli a preoccuparsi tanto di proteggere il nostro onore e ci impongono regole e restrizioni. A mio padre invece importa solo che non ci facciamo male: nell’Islam è haram, immorale, autoinfliggersi dolore.”
Interessante. E che reazioni incontri nella gente della tua città?
“Al Ain è una cittadina conservatrice. Le mie coetanee spesso mi chiedono perchè mai io pratico uno sport così rozzo e maschile. La maggior parte di loro ambisce solo a sposarsi e fare figli, quindi non hanno tempo per lo sport. Poi c'è il fattore onore: al Al Ain è ancora in vigore il codice dell’onore tribale beduino. Se il tuo sangue è arabo puro, devi stare attenta a come ti comporti e a quello che la gente dice di te; si rifletterà sull’immagine della tua famiglia. Le regole del gioco sociale dipendono dalla purezza del sangue che ti scorre nelle vene. Le mie compagne di squadra sono palestinesi, pakistane…Le ragazze della tribù al Balushi non vengono considerate arabe, la loro famiglia viene dal Balucistan, sono persiane. Io sono l’unica emiratina pura. Per me, la posta in gioco è alta e mia madre me lo ricorda sempre: ‘Le tue compagne non hanno il tuo stesso status, non sono arabe pure e le loro famiglie le lasciano fare certe cose, ma noi siamo diverse e non dovremmo comportarci così.'"
Quindi l’Islam non c’entra con le reazioni ostili e le resistenze che la vostra squadra incontra...
“No, assolutamente. Quello che conta è solo la reputazione, l’onore, le tradizioni. L’Islam viene stravolto per giustificare le usanze locali, ma questa è un’altra storia. “
E la vostra sfida più grande, quale sarà, Amal?
“Considerato che siamo le pionere dell’hockey in Arabia, la nostra maggiore preoccupazione al momento è trovare altre squadre femminili con cui misurarci: non esistono!”
(10 ottobre 2006)

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