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LA DONNA, LA TERRA E LA NATURA CELEBRATA DALLA POESIA PALESTINESE

LA DONNA, LA TERRA E LA NATURA CELEBRATA DALLA POESIA PALESTINESE

In Palestina le donne abbracciano gli alberi quando qualcuno viene a saccheggiare le loro case, la propria terra, i propri territori. Li abbracciano perché amano ciò che è loro, li abbracciano per salvare un popolo intero e la sua tra

Mercoledi, 16/10/2013 - Due poeti che rappresentano il popolo palestinese. Murad al-Sudani rappresenta l'abbandono della forza, Yousef al-Mahmoud rappresenta la rabbia. La religione nella loro terra è sentita e vissuta in maniera molto forte. La religione ha fornito molto alla tradizione orale, per esempio è stata fondamentale già alla fine dell'Ottocento, il periodo della Nakba, che significa "catastrofe", l'estromissione di gran parte degli abitanti arabi della Palestina dai confini dello Stato d'Israele, nato all'indomani della fine del mandato britannico.

L'amore di Murad è forte, legato alla terra, ha stile conservatore, usa un linguaggio antichissimo e profondo. Il libro di Yousef invece è apparentemente più semplice e più diretto ma si tratta di un linguaggio d'amore perché senza amore non esiste civiltà.

Nella poesia di Yousef si sente la ferita di un popolo. Eppure Yousef usa anche molto il futuro a testimoniare la voglia di resistenza alla vita e al dolore che ogni giorno il poeta mette in atto insieme al suo popolo. Proiettili, sangue e quotidianità come anche la natura, i sassi, gli uccelli sono le immagini ricorrenti della sua raccolta, sospesa tra la vita reale o vissuta e tra la vita altrettanto reale della natura, ma stavolta sognata. E' una poesia da leggere ad alta voce. Sono poesie che si potrebbero definire dolcemente rabbiose.

Murad presenta la tematica del narcisismo come orgoglio e amore per la propria terra. Usa il verso libero. Non è una poesia intimistica ma i simboli dei suoi versi presentano la poesia come dono o come amuleto contro i nemici, i furbi, gli ipocriti, i traditori.



Ha affermato Murad al-Sudani in una recente conferenza: “Poesia Amore Felicità sono i tratti fondamentali della mia poesia. Che cosa unisce italiani e palestinesi? Ci unisce il libro, la scrittura, la poesia, la conoscenza. Nonostante la sofferenza e l'occupazione, noi cantiamo con la volontà di vivere meglio, cantiamo con l'amore, con la speranza di avere diritti e uguaglianza. Perché la Palestina è una terra che significa oggi la giustizia, rappresenta oggi la libertà e la giustizia.

In Palestina le donne abbracciano gli alberi quando qualcuno viene a saccheggiare le loro case, la propria terra, i propri territori. Li abbracciano perché amano ciò che è loro, li abbracciano per salvare un popolo intero e la sua tradizione. Nella Dichiarazione di Autodeterminazione del Popolo Palestinese la donna è la guardia del fuoco della patria. La donna è una parte fondamentale dello Stato. A lei è affidato il compito di proteggere la propria terra e i propri figli. La donna in Palestina è fortemente coinvolta in tutti i processi di riconoscimento dei diritti. Ha raggiunto un buon livello nella guida del paese, è preparata politicamente, ci sono donne molto significative per la libertà della Palestina. Senza dimenticare che le madri educano e consapevolizzano i bambini e i giovani. Le donne sono quelle che continuano a mandare avanti la famiglia e la casa quando il martire passa anni in carcere, subisce torture. Le donne si occupano non solo dei figli ma anche di sorreggere e consolare il martire stesso e di insegnare ai figli il rispetto per il loro padre e per le sue idee e il suo operato. Comunque anche in Palestina ci sono molte associazioni sulle questioni femminili: l'Associazione donne lavoratrici, l'Unione generale delle donne, l'Associazione donne contro la violenza, le donne sono presenti nei comitati d'autorità e nei comitati di resistenza popolare”.





Mentre Yousef al Mahmoud ha detto: “L'amore è tutta la mia poesia. Tutta l'Italia ha sostenuto con amore la nostra patria e la nostra libertà, la nostra autodeterminazione. La mia poesia vuole essere amore, come punto d'incontro per tutti i popoli. Più forte è l'amore più riusciamo a spegnere la guerra. L'amore è la speranza per un mondo migliore, per la libertà e la pace per tutti”.



Yousef al Mahmoud



Poeta e giornalista è nato nel 1965 in Palestina, lavora nella Casa della poesia palestinese, di cui è uno dei fondatori. Ha lavorato come redattore per diversi giornali palestinesi ed è uno dei fondatori della radio-televisione palestinese. E' stato presentatore, redattore e direttore dei programmi culturali radiofonici per La voce della Palestina. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: "Canto alle porte del mattino", "La pietra della bestia" e "Sulla cima di un garofano”. Poesie palestinesi a cura di Odeh Amarneh, è stato pubblicato nel 2012 in Giordania, sotto il patrocinio della “Unione generale degli scrittori palestinesi”. E' la prima opera del poeta tradotta in italiano. Edita dalla Editrice Camenia, Roma, 2013.



SULLA CIMA DI UN GAROFANO



La produzione letteraria di Yousef al-Mahmoud, autore riconosciuto e stimato in tutta l'area del Mashreq, si inserisce nel filone di una nuova generazione di scrittori palestinesi emersa nell'ultimo decennio. La loro poetica affonda le radici nella tradizione palestinese. Qui sono ricorrenti le immagini e le metafore della terra, la sua indimenticabile vegetazione, la tristezza e la disperazione per una storia così crudele che obbliga il poeta a tenerla sempre presente.

E' forte il legame che lega i palestinesi alla loro terra e questa unione si pone a fondamento di tutta la raccolta di poesie. Poesie d'amore prima di tutto. Amore intimo, profondo, carnale per una terra che non è solo un territorio geografico e politico ma è soprattutto ambiente umano e elemento naturale, definito e sentito con sempre diverse espressioni come aspro, docile, selvaggio. Il lettore ha così modo di cogliere la sua bellezza, i colori, le sfumature, i suoni e i sapori che la caratterizzano. Questi a loro volta destano sentimenti nostalgici, dolci, duri, impossibili, forti.

Il profondo amore di un contadino per la sua terra diventa l’emblema di un popolo che è un tutt’uno col suo Paese. I commuoventi richiami ai fiori e agli animali selvatici rappresentano il simbolo della Palestina stessa, come può essere un fiore di cardo, spinoso e diffidente, indurito dalle asperità, ma forte. Rabbia e forza d’animo, disperazione e fermezza, dolore e voglia di resistere, sono sentimenti sì contraddittori ma anche necessari e indispensabili a tessere la trama dei versi. Allora la poesia diventa un’infinita, un’eterna corale, perché è un popolo intero a cantarla, un solo popolo che si identifica in questi versi.

Con l'uso sapiente delle parole, l'autore disegna un quadro di colori, li vediamo distesi avanti a noi, assaporiamo il gusto dei frutti e delle spezie che ci vengono squisitamente offerte, sentiamo i profumi e gli odori dei fiori che il vento dolcemente fa arrivare a noi, colori che vanno dal nero al bianco, dal rosso al verde, una terra ricca di cardi, ginestre, gelsomini, margherite, melograni, garofani, menta, finocchio, timo, mandorle, fichi, ulivi, albicocchi. Al suo interno corrono gazzelle, cavalli, tigri, lupi; si può vedere la notte, la luna, la terra arsa dal sole, la pianura verdeggiante, le montagne, le colline, le valli e il mare in tempesta. È questa la Palestina, la terra che ispira le poesie di Youssef al-Mahmoud.

Tanta bellezza fa da cupo contrasto con la guerra e il conflitto, con l’assedio militare, con l’occupazione straniera e la mancanza di giustizia, pace e libertà. Ci chiediamo: come può essere tutto questo? Eppure le poesie di Youssef al-Mahmoud rievocano le parole di Yasser Arafat: "La rivoluzione non è soltanto il fucile, ma la zappa, il bisturi del chirurgo, la pennellata di un artista e la penna di un poeta".

Il linguaggio mescola saggiamente nomi di elementi naturali comuni ad espressioni auliche, raffinate, sorprendentemente eleganti. Il contrasto è dato dalla semplicità e dalla ripetitività di alcune parole oppure dall'uso di espressioni che possono portare a più significati, a doppi sensi, a sinonimi, dall'accostamento di parole semanticamente opposte: terra e cielo, pietre e stelle. Il contrasto rende a meraviglia il conflitto che ogni uomo ed ogni donna vivono in Palestina.

L'arte pervade tutta l'opera di Yousef al-Mahmoud. Se, come dicevano, la musicalità la fa somigliare a un canto, l'uso della lingua avvicina l’opera poetica alla pittura: l'autore per il suo lettore sembra distendere su una tela i paesaggi, tratteggiare con le parole i contorni di un mondo nel quale si ha la sensazione di immergersi completamente. Così anche chi è lontano o non ha vissuto quei luoghi (per esempio i profughi) ha la possibilità di abbracciare i dettagli, respirare l'aria, i profumi, gli odori e capire il legame primordiale capace di tenere uniti gli uomini.

Jabra Ibrahim Jabra sosteneva che “tutti i palestinesi sono per natura poeti. Forse non scrivono poesie, ma sono poeti, perché conoscono due cose importanti: la bellezza della natura e la tragedia. Chi associa queste due cose non può che essere un poeta”.



Il sole alla mia destra



Se fossi un pastore

dagli occhi blu come l'inchiostro

confusi come campi lontani.

Vagherei tra le colline

col sole alla mia destra

e la luna di fronte

Il mio bastone verde,

rubato un giorno

ai rami dell'alba,

sul quale incisi il nome del mio amore

con le dita di una stella.



Dal mio flauto

si sprigionerebbero farfalle

riempirebbero i campi e le valli

Il suo suono

sveglierebbe le jinn dalle spaccature della

montagna

e cullerebbero i fiori di ginestra



Ogni giorno,

tornando la sera,

trascinerei una lunga corda di stelle

dietro di me brillerebbero gli occhi del gregge

Esalerei il profumo della campagna,

dalla mia treccia cadrebbero fiori come pioggia

e respirerei il profumo del fuoco

Ascolterei il sibilo dei diavoli

nelle fantasie delle donne

mentre mi guardano

da dietro i fiori ondeggianti delle finestre...

e quando ti chiamerei

si abbraccerebbero le mele.



Lasciaci ricordare i nostri nomi



Cos'è che è impazzito nel mese d'agosto?

Cos'è che ha fatto cadere gli uccelli?

Da un albero addormentato su una terra di nuvole?

Chi è che ha divorato il gelsomino, questo

candore,

e ha sedotto la terra con tale mistero?

Chi è che ha imprigionato il mio nome

dietro alberi veri?

Chi è che ogni volta che mi assento

mi segue nell'assenza?





Murad Al Sudani



E’ nato a nel 1973 a Deir al Sudan (Ramallah), Palestina. Laureato in letteratura araba all'università di Bir Zeit nel 1995 e specializzato in studi arabi contemporanei nel 2012. Dal 1996 al 1998 ha ricoperto importanti cariche all'interno di università palestinesi ed è stato capo redattore di diverse riviste letterarie come: Al-Shu'ara', Aquas e majalat al Asra'. Attualmente è il segretario dell'Unione generale degli scrittori palestinesi e della Casa della poesia palestinese. È autore di importanti opere poetiche come: Sudah al wa'r (L'urlo della campagna) e Al-siraj 'alian (La lampada lassù) e I segni del narciso (2002, al-Zehira), prima opera del poeta tradotta in italiano. E’ edita in Italia dalla Camenia Editrice, Roma, 2013.



I SEGNI DEL NARCISO



La poesia araba è considerata oggi la più alta rappresentazione della letteratura. Molti sono i poeti, di fama nazionale e internazionale, attivi nel mondo arabo. Mentre invece in “occidente" da diverse decine di anni si trascura la poesia, nel senso che non è più considerata il fulcro della cultura e della tradizione dei nostri tempi oppure è una poesia troppo artefatta, lontana ormai da un’estetica e da un impegno civile interrotto da parecchi anni. Di contro la letteratura araba moderna è figlia di un periodo storico-culturale chiamato dagli arabisti, Al-Nahdal, epoca che va dalla seconda metà del XIX secolo fino alla metà del secolo seguente, che sancisce la fine dell'era della decadenza, o meglio, del Inhitat.



E' proprio in questo periodo che la lingua araba classica si riappropria del ruolo centrale, perduto durante l'epoca della decadenza, all'interno delle società arabe e riesce a sviluppare una nuova letteratura arricchendola di nuovi termini. Il profondo legame con la religione ha influito a renderla ancor più elegante e a mantenerla “pura” nella sua struttura ancestrale. E’ questo che rende la poesia, ancora oggi, tanto amata dal pubblico. La lingua, che viene usata per comporre i versi, resta ancorata ad un retaggio al quale ogni arabo si sente legato. Non sono da trascurare, inoltre, le difficili vicende politico-sociali che vivono le popolazioni del bacino mediterraneo. Soprattutto la questione palestinese, nata nel 1948 con la fondazione dello stato d'Israele, ha giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo della letteratura di questa regione. E' proprio in tale situazione che la poesia trova terreno fertile per raccontare il dramma dei territori occupati. Murad Al Sudani nei suoi versi ci racconta tutto questo.



Quanto allo stile, questa raccolta di poesie, potrebbe essere collocata all'interno del movimento neoclassico della letteratura araba moderna, in quanto il poeta spesso fa riferimento all'epoca preislamica (Jahiliyya). Tutte le poesie presenti nell'intera opera sono scritte in verso libero, tranne due dove è usato il metro della qasida araba.



Il filo conduttore è il narcisismo “legato alla terra”; un narcisismo che solo apparentemente è individuale, perché il narcisismo, qui descritto, racchiude l’unione salda e l'orgoglio per la propria terra che ogni palestinese sente più di tutti gli altri sentimenti. La natura simbolica si mescola alla speranza, all'amore e alla giustizia, per augurarsi un futuro di libertà.



I canti della terra



Un luccichio le tue stelle, terra mia,

decora la luce la notte dei tuoi occhi

e il mio cuore risveglia la gioventù,

tremando nello starle vicino e nell'incontrarla.

La lontananza non interessa più al mio cuore,

perché la mia distanza è un'oscurità che non si

illumina

ma un'apertura di dolcezza, la mia voce

che il pianto trasforma in timidezza.

Sul far del mattino il cavallo della poesia viene a me

canticchiando una sottile melodia.

E' l'ombra del mio sonno

sui suoi palmi agita la preghiera.

Mi intrattiene con il canto

e mi allontana quando mi colpisce la timidezza.

Mi accarezza nelle sere la paura

e mi accende con i suoi occhi il desiderio.

Nelle mie tristezze c'è posto per la mia poesia,

ma si rifiuta di spartire con me l'agiatezza.

Le mie strade sono affollate

la mia luna culla il cielo,

e ho nel respiro degli alberi una linfa.

Agita il verde del tuono la sua crescita.

E ho, per le molte parole, una ferita

che ha nel lampo della chiarezza, la luce.

Ma la mia carovana sono le gazzelle indecise del quartiere.

Fa paura al loro leggero sonno un latrato.

Scappano nell'aperta campagna pensierose

e dietro la loro fuga erba e acqua.



Una donna



Le ho parlato d'amore

ed ha colto il mio fuoco.

Le ho donato il calore del brio sentimentale

e la diffidenza nella sofferenza.

Sono saltato sul suo riso,

ho raccolto la sua dolcezza,

il sibilo della sua raffinatezza,

le leggerezza del suo sonno,

e il ritmo dei battiti del suo cuore.

La sua disattenzione come i bottoni di un vestito.

Le nuvole piumate,

le sue finestre infuocate,

il giglio del cuore,

i grani dello scherno,

la cornalina,

la sofficità dei fiocchi della sua verde neve,

il gemito dei miei giardini,

il succo delle passioni,

e il corallo dell'affanno.





di Loredana Massaro

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