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La dignità perduta 'del' e 'nel' lavoro

La dignità perduta 'del' e 'nel' lavoro

Conversazione con Giuliana Valente - Signora riservata, quasi schiva. Donna dal vissuto politico è un pezzo di storia del Novecento d’Abruzzo. Conversazione con Giuliana Valente

Di Sabatino Guendalina Domenica, 15/09/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2013

Signora riservata, quasi schiva. Donna dal vissuto politico è un pezzo di storia del Novecento d’Abruzzo, della città e della provincia di Teramo. Capogruppo del Pci nel Consiglio comunale di Teramo dal ’65 al ’70 e dall’85 al ’90. Consigliera regionale in Abruzzo dal ’75 all’85, responsabile del settore sanità. Vice-presidente del Consiglio regionale, attività istituzionali nel Paese e all’estero, i rapporti con la Presidenza della Camera. Componente del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo. Nel 2007 il Presidente della Repubblica le conferisce l'onorificenza di Cavaliere dell' "Ordine al Merito della Repubblica Italiana". Giuliana Valente, famiglia antifascista, padre e fratello partigiani, a undici anni è nella Resistenza come “postina” dei gappisti teramani. Più in là, dopo l’esperienza di responsabile del Movimento studenti per la pace, dopo la maturità classica, entra nel Partito Comunista Italiano. Scelta di vita. Scelta di classe. Ancora oggi il rapporto con le lavoratrici delle campagne e delle fabbriche. Primi anni Cinquanta. Entra nel comitato federale della federazione di Teramo. La giovane dirigente dialoga con il Segretario arrivato dalle Marche del quale mi racconta il rigore e l' autorevolezza, la cultura e l’attenzione verso il genere femminile: le donne comuniste in Europa, la loro elaborazione, e la condizione delle donne in provincia di Teramo, mezzadre e coltivatrici dirette. "Con l'UDI avevamo iniziato un dibattito in Abruzzo su questo tema. Volevamo capire se le donne che avevano partecipato alle lotte del Fucino e del Vomano esprimevano la loro solidarietà al lavoro degli uomini, o se queste vicende non contenessero già i segni della donna in lotta per la propria emancipazione. Fu un dibattito difficile perché l'iniziativa politica del partito era soprattutto sulle questioni economiche e sociali, che in quel momento erano drammatiche."



In Italia l'industrializzazione del Nord-Ovest annunciava il boom economico, ma l'Abruzzo e la provincia di Teramo vivevano la povertà e l'emigrazione di una terra prevalentemente contadina, come il resto del Mezzogiorno. La fabbrica rappresentava l'affrancamento dalla miseria.

“Negli anni Sessanta era la speranza. Nel Meridione le donne lavoravano nei campi e in casa per i produttori di abbigliamento e di scarpe. Orari estenuanti, assenza di contratti. Lavoravano in nero, senza diritti, per un reddito aggiuntivo che consentiva di muovere i propri passi verso l’autonomia economica. In quel periodo ero impegnata in Abruzzo ad organizzare la lotta delle lavoranti a domicilio e delle raccoglitrici d'uva, vessate da un caporalato maschile crudele; mentre nel Mezzogiorno organizzavamo le donne che lottavano per l'acqua, per il lavoro, per la terra. Sviluppo, lavoro e diritti erano la centralità del movimento operaio."



Tra gli anni ‘60 e ‘70 la regione vive una notevole industrializzazione. Le donne escono dal ruolo domestico esclusivo.



"Le grandi fabbriche come la Monti, la IAC, la Sit Siemens, l’ACE, occupavano migliaia di donne che incontravo anche nei borghi di provenienza per discutere delle loro condizioni di vita dentro e fuori la fabbrica. Il pubblico impiego iniziava la sua femminilizzazione."



Una conquista sociale senza precedenti.

"Ma anche la difficoltà del doppio lavoro: domestico ed extradomestico, quindi le grandi battaglie nazionali per i servizi sociali."



Nel decennio'75-‘85 sei sui banchi del Consiglio regionale d’Abruzzo.

“Anni importanti, di grande partecipazione democratica, la Regione fu una palestra di democrazia aperta al contributo di tutti, indimenticabili gli incontri capillari con le donne nei quartieri, nei borghi, per la stesura delle leggi sui nidi e sui consultori che volevamo rispondessero alle loro reali esigenze. Le due leggi furono un grande risultato unitario delle donne di tutte le forze politiche.”



Negli anni Ottanta l’Abruzzo è una delle regioni più industrializzate del Meridione d'Italia. Cerniera Nord-Sud grazie al fenomeno della diffusione straordinaria delle piccole aziende contoterziste dell’abbigliamento, la Val Vibrata, area pilota, è al centro della stampa internazionale come Valle del nuovo miracolo economico.

“Tantissimo lavoro in quella ‘Valle dell’Eden’ ma anche nella realtà del Chietino. Uno sviluppo non guidato, sottosalario e lavoro a domicilio. Ma c'erano la creatività, la speranza, il futuro."



Infatti in Val Vibrata si affermavano le aziende con marchio proprio che esportavano e rispettavano i contratti di lavoro.



"Nella contraddizione di uno sviluppo economico distorto, l'industrializzazione aveva dato risposte alle nuove generazioni femminili.”



Negli anni Novanta, con la delocalizzazione, inizia la parabola discendente, le imprese per sostenere la concorrenza nazionale ed internazionale decentrano fasi produttive soprattutto verso i paesi dell’est per abbattere al massimo i costi di produzione.



“E arriviamo alla crisi attuale e alle nuove contraddizioni dell'economia globale: da una parte l’industria abruzzese perde migliaia di posti di lavoro, sia nella fascia costiera sia nelle zone interne, dall'altra proliferano le fabbrichette cinesi altamente competitive: basso costo della manodopera, orari impossibili, lavoro sommerso."



E nel resto d’ Italia cosa succede? Chi paga il prezzo più alto della crisi?

“Vi sono indubbiamente oasi con imprenditori illuminati che intervengono nel privato delle famiglie operaie con l'aiuto ai figli: i testi scolastici, le cure mediche. Ma la crisi è forte ed è di tutti, la donna lavoratrice la vive più a fondo. I cortei sono pieni di donne nelle manifestazioni contro la chiusura delle fabbriche, combattono perché sanno che la cassa integrazione non è il futuro. Purtroppo la televisione passa i servizi solo per alcuni istanti, e scarsa è l’attenzione di quotidiani e riviste, poi silenzio assordante sulla loro vita come se fossero esseri invisibili. Le riviste femminili, la solidarietà delle istituzioni, dei sindacati, dei partiti, le relazioni umane non risolvono ma aiutano a creare prospettiva.”



Come cambia l’esistenza sociale delle donne?

"In Abruzzo dove c'è stata una grande espansione del lavoro femminile, le donne licenziate diventano badanti, stiratrici, baby sitter, ma anche questo lavoro comincia a diventare difficile, e allora i mille mestieri senza professionalità. Ieri erano protagoniste della vita produttiva, oggi le donne sono precarie e sole. Siano esse giovani o ultracinquantenni. La combattività è diventata solitudine, perdita della dignità e della speranza. La tristezza di non poter fare una famiglia o il futuro incerto dei figli sono problemi che si perdono in quelli più generali, ma che non vengono affrontati dal punto di vista delle donne."



Che fare?

"Se diciamo che le donne sono una risorsa dobbiamo avere politiche e impegno nei loro confronti. Intanto presterei più attenzione alla nuova imprenditorialità femminile dell' agricoltura e del piccolo artigianato.”



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