Venerdi, 01/11/2019 - Una donna morente sulla barca, le sue stoffe pregiate bagnate dall'acqua del lago e una mano che stringe una catena. È la rappresentazione pittorica di John William Waterhouse delle storie di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda, ma in questo caso il primo piano è sulla donna che rinuncia a vivere di riflesso, come uno specchio, che getta via la sua tela, che rompe le sue catene nonostante tutto. Di questa donna bellissima abbiamo anche dei poemetti di autori come Malory e Tennyson. Nel romanzo di Malory, però, la dama cede per amore, nel poema di Tennyson, invece, per desiderio di libertà. La dama di Shalott è una giovane donna che vive nel regno di Artù. Vittima di una maledizione, per cui morirà non appena i suoi occhi vedranno Camelot, vive rinchiusa in una torre isolata. Poiché la torre non è molto distante dalla fortezza del re, la dama è costretta a vedere la vita che scorre all’esterno della sua dimora attraverso i riflessi di uno specchio. Vive, dunque, esclusa dal mondo e dalle sue emozioni, impiegando il proprio tempo a tessere una tela dai colori vivaci. Un giorno sente provenire dall’esterno uno scalpiccio di zoccoli: è Lancillotto che, canticchiando, sta passando di lì in sella al suo cavallo. La dama, stanca della sua condizione di vita, decide di guardare fuori dalla finestra e insieme al cavaliere vede anche Camelot. La maledizione si avvera, il suo destino si compie. Morente, la dama di Shalott esce dalla sua prigione, si adagia in una barca e si abbandona alle acque del fiume. La corrente la conduce proprio a Camelot dove viene accolta, morta, da Lancillotto che rimane colpito dalla sua bellezza. E diremmo noi, dalla sua forza di spezzare le catene, la sua prigionia, anche attraverso la morte.
Sento ancora oggi storie di donne che, pur di allontanare discussioni furiose nelle loro pareti domestiche, hanno tessuto tele, chiuse in una gabbia apparentemente dorata. “Ma quella era non vita” mi dicono in una delle riunioni di “Donne in fermento”, “e allora ho detto basta, con una forza più forte della mia forza, ho abbandonato tutto, anche le mie tele”.
Sembra un racconto dell'800, come quello dipinto da Waterhouse, e invece avviene ancora nelle nostre tiepide case, nelle case del Sud.
Storie drammatiche che si ripetono ancora oggi, anche se ci sembra impossibile, storie come quella della Signora di Shalott una favola senza lieto fine, i cui temi principali sono il destino e la libertà.
La libertà, ci sussurra la Lady, è un lusso, un bene costosissimo, ma conviene sempre provare a riscattare, anche se sappiamo che costa sangue e dolore, pagando con la nostra stessa esperienza di vita, che diventa più tortuosa, povera, confusa, ma che stacca giorno per giorno anelli di catene.
Lascia un Commento