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La cultura della qualità nell’alimentazione

La cultura della qualità nell’alimentazione

Percorsi cooperativi - Migliorare le abitudini di consumo alimentare, rispettare le lavoratrici e curare i clienti. Sono gli obiettivi primari di CIR food, una cooperativa sostenibile e socialmente responsabile. Intervista a Chiara Nasi

Maria Fabbricatore Venerdi, 28/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2014

CIR food Cooperativa Italiana di Ristorazione è una delle maggiori aziende italiane ed europee del settore con 11mila dipendenti di cui 1.200 cuochi. È presente in 16 regioni e 70 province con quasi 500 milioni di euro di fatturato e sviluppa la propria attività in tutti i segmenti della ristorazione collettiva (scuole, ospedali, aziende, case di riposo, militari e comunità), della ristorazione commerciale con ristoranti self service e pizzerie, dei buoni pasto e banqueting. Abbiamo intervistato Chiara Nasi, avvocata e Presidente dal giugno 2013 dopo aver ricoperto, in 18 anni, vari incarichi sempre nella stessa impresa.



Lei è Presidente di CIR food da meno di un anno, che esperienza sta vivendo?

Prima di assumere questo incarico ho fatto un percorso abbastanza lungo all’interno di questa cooperativa. Ho ricoperto diversi ruoli da responsabile dell’ufficio legale, a direttore del personale, negli ultimi due anni ho affiancato come vice presidente il mio predecessore, che mi ha consentito di vivere, sperimentare e capire l’azienda a 360 gradi, per essere pronta a prendere il comando. È una eredità pesante, perché il precedente presidente Ivan Lusetti ha fatto la storia di quest’impresa con 30 anni di successi e la mia volontà è il raggiungimento di obiettivi altrettanto importanti. Questo ruolo mi carica di responsabilità, ma anche di tante soddisfazioni.

Come concilia la famiglia con i molti impegni che una impresa come la vostra richiede?

Da presidente non è cambiato tanto, perché gli impegni erano molti già prima, quando ero direttore del personale con 11mila dipendenti in tutt’Italia. È chiaro che ora ho più responsabilità e devo essere sempre presente quando vengono prese delle decisioni importanti, o si determinano linee guida e strategie per la cooperativa. Lavorando su un vasto territorio e volendo parlare direttamente con i nostri dipendenti e con tutti i nostri soci devo muovermi molto. Quando però sto con la famiglia mi dedico a loro staccando la spina. Ho un figlio che ha sette anni, probabilmente dovrei dedicargli più tempo, lo so, ma cerco di investire sulla qualità dei momenti che con lui trascorro. Bisogna anche avere una famiglia preparata, a volte sono più preparate le aziende ad avere delle manager al femminile che non le famiglie, perché sono le donne a sentire maggiormente la responsabilità della casa e della famiglia, ma se c’è collaborazione ci si riesce. Noi siamo un’impresa al femminile, abbiamo il 90% di lavoratrici e siamo portati ad andare incontro alle esigenze delle donne.

“Bisogna preparare le famiglie”, mi sembra una chiave di lettura interessante…

Perché il marito e la famiglia devono assecondare, non ostacolare e non far sentire in colpa per le assenze, e in questo io sono molto fortunata del sostegno che mi viene dalla cerchia familiare.

Qual è la cosa che la preoccupava maggiormente quando ha preso questo incarico?

Molto banalmente è la solitudine del capo quella che mi preoccupava. Il fatto di essere da sola al comando e di prendere decisioni molto delicate a volte anche dolorose. Questa paura è stata mitigata dal fatto che comunque sono circondata da persone capaci, competenti: la mia direzione, il consiglio di amministrazione e i manager che ci sono in questa impresa condividono con me le scelte. Ci tengo a sottolinearlo in CIR food c’è molta condivisione, partecipazione, si fanno delle discussioni importanti per poi prendere delle decisioni nell’ottica di valorizzare il bene comune e non gli interessi del singolo.

Abbiamo chiesto anche alle altre presidenti se la forma cooperativa regge nella crisi. Nel vostro caso, visto che siete tra le più evolute in Italia, come rispondete? Come resistete all’impatto e ai cambiamenti sociali ed economici?

Sono profondamente convinta anch’io di questo. Guardando alla nostra impresa sono sicura che sia una forma vincente, prima di tutto per gli aspetti valoriali, che ci distinguono anche dal resto delle altre società. Per noi è importante dare valore alle persone, alla loro partecipazione e non è facile per un’impresa così grande e così parcellizzata sul territorio. Noi ad esempio facciamo numerose assemblee per il budget e per il bilancio, cercando di andare in tutti i territori per coinvolgere i nostri soci che sono circa seimila e raccontare quello che stiamo facendo in una logica di ascolto e incontro. Gli altri valori a cui facciamo riferimento, per noi importanti, sono il rispetto delle regole, la legalità, la solidarietà. Prima le cooperative venivano guardate con un pochino di diffidenza e magari accusate di non pagare le tasse, o di essere “politicizzate”. Diciamolo una volta per tutte: le cooperative fanno impresa, ma la fanno sul serio, in modo corretto e anche mantenendo vivi dei valori che sono oggi più che mai fondamentali. Inoltre da un recente rapporto Eurispes sulla cooperazione che analizza cosa è successo durante la crisi emerge che sono state proprio le cooperative a far registrare una dinamica decisamente diversa da quella delle altre imprese, perché tra il 2008 e il 2012 hanno aumentato la produzione (+8,2%), gli investimenti (+10,6%) e soprattutto gli occupati (+8%).

Il 90% della vostra cooperativa è al femminile, quindi è massima l’attenzione che voi date alle donne?

La numerosa presenza di donne è legata anche alla tipologia del lavoro che offriamo. La nostra attività, concentrandosi soprattutto su un servizio di ristorazione nella pausa pranzo, richiede in produzione molte persone per un tempo ridotto. Il lavoro part time è ancora quello più ambito dalle donne per il doppio impegno di cura e di famiglia che le vede protagoniste e anche perché gli uomini preferiscono un lavoro a tempo pieno e maggiormente retribuito. In merito all’attenzione alle politiche femminili e familiari vorrei ricordare che CIR food ha la stessa retribuzione paritaria tra uomo e donna di pari qualifica, registra un elevato numero di part time anche negli uffici e sono sempre in continuo aumento il numero delle maternità. Anche i colleghi che lavorano con noi sono altrettanto sensibili e rispettosi delle esigenze delle donne e attenti alle questioni di genere. Per fare una battuta: “in CIR food il bollino in minoranza è quello azzurro”. Noi amiamo comunque pensare ad una cultura del merito, in cui non ci sia distinzione di sesso e di età, ma chi è capace e disponibile a crescere viene premiato. Siamo tutti propensi a mandare avanti le persone meritevoli a prescindere dal genere che non può essere una pregiudiziale.

Se scegliete il merito come pregiudiziale anche il livello di professionalità deve essere alto per la competitività con le aziende sia italiane che europee, cosa ne pensa?

Abbiamo a che fare con le multinazionali che conoscono molto bene svariate modalità per svolgere certi lavori. La professionalità ci vuole perché il servizio che offriamo è molto delicato. Nonostante sia un “servizio”, e la parola di per sè può evocare un lavoro umile, non lo è affatto perché noi abbiamo in mano la salute dei nostri consumatori. Curiamo la qualità del cibo e delle materie prime. Spesso i nostri clienti sono fasce deboli, bambini, anziani e degenti. Noi ci definiamo una cooperativa sostenibile e socialmente responsabile. Abbiamo già da tempo attivato una campagna di sensibilizzazione che si chiama “pubblicamente a tavola” che difende il diritto ad una mensa di qualità accessibile a tutti, sostenibile nei costi oltre che sul piano nutrizionale e ambientale. È uno slogan importante, che ripetiamo continuamente perché è fondamentale che, oltre a noi, ci credano tutti gli attori della filiera, i nostri committenti, i nostri produttori, le famiglie, i nostri clienti e gli utenti finali.



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