La crisi umanitaria di chi cuce i nostri vestiti - di Federica Gentile
Il calo di acquisti dovuti alla pandemia provoca disoccupazione tra persone già ampiamente sfruttate
Venerdi, 03/07/2020 - La pandemia ha esacerbato una serie di crisi, ed evidenziato le tremende disuguaglianze che caratterizzano la nostra economia e societa’. Perciò, come dichiarano a Open Democracy, se oggi ci sono 40-60 milioni di lavoratori (ma soprattutto lavoratrici) che cuciono i nostri vestiti per la moda “fast” (H&M, Zara, etc) che sono in piena crisi umanitaria, non prendetevela con il Covid 19.
Con il calo di acquisti dovuti alla pandemia, molti marchi hanno cancellato ordini per miliardi, lasciando quindi a casa molti e molte di coloro che producono i nostri abiti. Si tratta di persone già ampiamente sfruttate, che in vari paesi del Sud del mondo, la cui economia dipende in modo notevole dal settore tessile, stanno lottando per vedere i propri diritti riconosciuti, e per un salario minimo – e si parla di pochi dollari al giorno.
Il Business and Human rights Center ha quindi creato un Covid-19 action tracker da cui si evince che il 40% dei brands (su 35 intervistati) non si è pubblicamente impegnato a pagare per gli ordini già completati, chi lavora nel settore in Cambogia e ha visto le proprie ore di lavoro diminuire e riceve in media il 67% del salario. Giusto per inquadrare meglio la situazione in Cambogia: per la maggior parte sono donne a lavorare nel settore tessile, e si tratta di circa 500.000 lavoratrici che ricevono in media un salario di 160 dollari al mese (quando lavorano a pieno regime), le cui condizioni di lavoro sono pessime (mancanza di aerazione nei laboratori dove lavorano, molestie, lunghissimi orari di lavoro) e il cui salario spesso non basta ad evitare problemi di malnutrizione, come riportato da The Fashion revolution.
A fronte di una situazione già drammatica in tempi normali, il Covid 19 ha esacerbato i problemi: tra le compagnie incluse nel tracker, il 23% ha chiesto ai propri fornitori uno sconto per ordini già piazzati. Siccome questi fornitori sono in tempi normali sotto pressione per produrre a costi bassissimi, spesso non possono fare altro che rivalersi su lavoratori e lavoratrici per non perdere le commesse – ecco spiegato come mai
le t-shirts in molte catene di fast fashion costano così poco: ci sono costi umani che non sono inclusi nel prezzo che paghiamo per determinati abiti.
Articolo di Federica Gentile pubblicato il 26 giugno in Ladynomics
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