- Dall’enciclica del papa fino all’appello dei Premi Nobel. Difendere il Pianeta, l’ambiente e i poveri prima che sia troppo tardi
Stefania Friggeri Domenica, 06/09/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015
“Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. Dio li benedisse e disse loro “siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la Terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla Terra”. Ma che uso ha fatto l’uomo delle ricchezze della natura? Ce lo ha detto papa Francesco durante il secondo incontro mondiale dei movimenti popolari (Bolivia 2013): “la casa comune viene saccheggiata, devastata, umiliata impunemente”, aggiungendo che la codardia nel difenderla è un peccato grave” perché ne segue la morte di milioni di persone, sfruttate economicamente e sottomesse politicamente.
No, ormai di fronte alla catastrofe umanitaria del finanzcapitalismo mondiale non basta più l’analisi eurocentrica espressa dalla “dottrina della Chiesa” in risposta all’avanzare delle idee socialiste poiché la crisi ormai è globale e coinvolge la sopravvivenza della vita stessa sulla Terra. Bergoglio non è un marxista ma, di fronte alla cieca avidità di potere che ha portato l’umanità sull’orlo del baratro, ha ripreso il percorso di Porto Alegre: “La proprietà, in modo particolare quando tocca le risorse naturali, deve essere sempre in funzione dei popoli”. Parole che nella loro semplicità ed evidenza solare amplificano l’eco della riscossa degli indios e di tutti i movimenti latinoamericani che si sono impegnati a difendere madre natura contro gli interessi di forze senza volto, attive nel promuovere un’economia di rapina, indifferenti al degrado ambientale, fondate sul potere, sulla cultura dello scarto.
L’idea di mettere in evidenza la connessione tra la crisi climatica, il capitalismo di rapina e le istituzioni finanziarie si era già affermata negli ultimi decenni attraverso l’impegno di migliaia e migliaia di comitati, di associazioni, e la mobilitazione di milioni di militanti di tutte le età, di tutti i continenti, di diverse collocazioni sociali. Un’elaborazione diversificata ed originale di modelli spesso locali e sperimentali, ma convergente sugli obiettivi primari dell’amore per la Terra e la giustizia sociale. Si veda ad esempio, in concomitanza con l’inizio dell’Assemblea sul clima, la grande manifestazione promossa nel settembre 2014 da “350.org”, l’organizzazione di livello mondiale i cui attivisti hanno riempito a milioni le piazze di 188 paesi. Presente anche Naomi Klein che nel suo ultimo libro svolge la tesi secondo cui è impossibile combattere il cambiamento climatico senza sfidare il capitalismo globale. E grande rumore ha suscitato nei primi anni duemila il famoso saggio di Jared Diamond “Collasso; come le società scelgono di morire o vivere”, dove l’autore, attraverso un esame ed un’analisi approfondita, ha cercato di trarre degli insegnamenti per il futuro dell’umanità. Scrive Diamond: “A lungo l’opinione prevalente su queste fini misteriose (della civiltà Maja e dell’isola di Pasqua) ne ha individuato l’origine, almeno in parte, in problemi di tipo ecologico, ovvero nei danni che le società coinvolte hanno causato alle risorse naturali da cui dipendevano. Questo sospetto di suicidio ecologico non voluto, o ecocidio, ha trovato conferma in alcune scoperte effettuate negli ultimi decenni… Il rischio di tali tracolli improvvisi di interi gruppi sociali è oggi ragione di preoccupazione crescente: disastri di questo tipo si sono già verificati in Somalia, in Ruanda e in altri paesi del Terzo Mondo”.
A Lindau, sul lago di Costanza, si è riunito come ogni anno un nutrito numero di Premi Nobel che hanno concluso il loro incontro lanciando il seguente appello (ne avevano lanciato un altro 60 anni fa per invitare l’umanità a sospendere la produzione di armi nucleari): “La nostra sempre crescente domanda di cibo, acqua ed energia presto supererà la capacità della Terra di poter soddisfare le capacità umane, e porterà ad una completa catastrofe per l’umanità”. E ora si alza la voce di papa Bergoglio che, con l’enciclica “Laudato sì”, chiama l’uomo alla responsabilità di difendere insieme la Terra e i poveri, che sono le prime vittime di una politica di rapina dei beni della natura, della deforestazione, del riscaldamento globale, dell’estinzione selvaggia delle piante e degli animali. Con un linguaggio semplice e diretto Papa Bergoglio lancia severe critiche alla finanza, al mercato divinizzato, all’uso perverso della tecnologia ma non tralascia di parlare anche all’uomo comune cui si rivolge con particolari minuti dal tono pedagogico: “L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza indiretta ed importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili e così via”. Benché i motivi di allarme fossero noti da tempo non v’è dubbio che l’origine argentina di Bergoglio lo abbia reso particolarmente sensibile, rispetto ai suoi predecessori, alla tragedia che incombe sulla “casa comune”. Nei secoli scorsi, quando il progresso scientifico e tecnologico dell’umanità era compatibile con la prosecuzione della vita sulla Terra, la lettura della Bibbia ha contribuito ad avvallare nell’uomo un sentimento di “ubris”, di superiorità e di prepotenza rispetto a tutti gli esseri viventi. Benvenuta dunque questa tardiva resipiscenza da parte della massima autorità del mondo cattolico nel rileggere in modo responsabile il rapporto uomo-natura. L’eco di tante voci, anche molto autorevoli, è rimasto finora inascoltato, ma la voce del papa che si allarga in tutto il mondo forse potrà raggiungere chi è ignorante od indifferente, forse potrà spingere i grandi della Terra ad intervenire. Perché oggi non basta difendere la vita nel ventre materno, oggi occorre difendere le condizioni che rendono possibile la vita sul Pianeta.
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