Login Registrati
La crisi come opportunità. Per le donne

La crisi come opportunità. Per le donne

D COME DIFFERENTI / 3 - La politica economica ha finora ignorato le disuguaglianze di genere. Occorre un pink new deal che veda nelle infrastrutture sociali l’obiettivo e la soluzione della crisi

Bartolini Tiziana Martedi, 27/03/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2012

Marcella Corsi insegna economia all’Università La Sapienza di Roma. Fa parte della Commissione di genere della Società Italiana degli Economisti e figura tra le fondatrici del web-magazine inGenere. L’abbiamo intervistata per fare il punto sulle proposte in campo per uscire dalla crisi e su quanto tre donne oggi importanti per l’economia e il lavoro in Italia - Camusso, Fornero e Marcegaglia - stanno facendo o potrebbero fare.



L'Italia è un paese che registra posizioni piuttosto arretrate come presenze femminili nel mondo del lavoro sia come quantità di donne occupate sia come posizioni dirigenziali. Il fatto che, oggi, troviamo tre donne - Camusso, Fornero e Marcegaglia - in ruoli chiave per il lavoro e il welfare è uno 'strano caso', oppure ...?

In parte é una pura coincidenza, ma non é infrequente il ricorso alle donne per “sbrogliare le matasse”, nella vita pubblica come in quella privata. Non dimentichiamoci che subito dopo il fallimento di Lehman Brothers sono state chiamate tre donne a rimettere in ordine Wall Street: Sheila Bair alla guida del Fdic (Federal Deposit Insurance Corporations), uno dei primi regolatori pubblici americani a lanciare l'allarme sui conti delle banche; Mary Schapiro presidente della Sec (Securities and Exchange Commission), l'organo di controllo della borsa; Elizabeth Warren al timone del Tarp (il Troubled Asset Relief Program), lo strumento per il salvataggio dei colossi statunitensi in crisi. Le hanno chiamate le tre sceriffe di Wall street e molti si sono chiesti che cosa sarebbe successo se a Wall Street avessero comandato le donne.

A mio modo di vedere, adottare un punto di vista di genere, nella politica come nell’economia, non comporta necessariamente il riferimento alle presunte differenti caratteristiche che gli uomini e le donne “portano con sé” nello svolgimento delle loro funzioni. Non ritengo, in particolare, che l’alternativa all'archetipo maschile competitivo e aggressivo sia necessariamente l’archetipo materno e protettivo del femminile. Come ha sottolineato di recente Julie Nelson, una famosa economista femminista, in un articolo che abbiamo pubblicato su inGenere, ci sono uomini che sono attenti, protettivi ed etici, e ci sono donne che sono amanti del rischio, guidate dai propri interessi e opportuniste come qualsiasi uomo. Il vero problema è che quando noi concepiamo il mondo degli affari come il regno del maschile e del testosterone, non solo ci lasciamo sfuggire tutte le donne di talento, ma tendiamo a non vedere il valore - e la necessità - di ciascun aspetto della vita generalmente stereotipato come femminile o materno. Diventa troppo facile, ad esempio, denigrare la prudenza o i problemi etici come qualcosa di effemminato e debole.



Detto questo, secondo lei questa triplice e straordinaria compresenza può lasciare tracce significative nei provvedimenti indispensabili per affrontare questa difficile fase?


Non vedo al momento particolare sintonia tra Camusso, Fornero e Marcegaglia rispetto alle regole da far valere per migliorare il funzionamento del nostro mercato del lavoro. In realtà, mercati efficienti richiedono una grande regolazione sociale. Questo avviene tramite una dose di norme etiche e culturali, la formazione di standard e codici di settore, nonché attraverso una chiara azione governativa. La crisi finanziaria ci ha mostrato gli effetti distruttivi prodotti dagli eccessi di avidità, opportunismo, e da una mentalità in cui chi vince prende tutto. Personalmente, mi auguro che le tre sceriffe nostrane possano contribuire a generare un clima di fiducia, non disgiunto da una dose appropriata di cautela e protezione; i meccanismi che regolano i mercati (azionari e non) cambieranno veramente soltanto quando valori come la cautela e la preoccupazione per gli altri, spesso stereotipati come dimensioni femminili, saranno incoraggiati a livello settoriale sia per gli uomini che per le donne.



Gli economisti concordano nel dire che l'aumento delle lavoratrici porterebbe incrementi significativi al PIL contribuendo in modo decisivo a superare la stagnazione. Perchè l'Italia non sceglie questo come obiettivo strategico? Perchè neppure adesso, che tre donne hanno diritto e dovere di parola pubblica?

Sia Camusso che Fornero hanno dato grande risalto alla questione dell’occupazione femminile nei loro interventi pubblici. Meno attenzione sembra esserci dal lato Confindustria. È tuttavia evidente che passi concreti non ne sono stati ancora fatti.

Come è noto, l’occupazione delle donne in Italia è bassa, soprattutto delle giovani, soprattutto al Sud; siamo al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione, meno di una donna su due è occupata. Per rilanciare la crescita si pensa alla vecchia ricetta di far ripartire le opere pubbliche. Queste sono necessarie, soprattutto se mettono l’ambiente al riparo dai soliti disastri annunciati, ma ancor più rilevanti sono per le donne le infrastrutture sociali. Queste possono creare molta occupazione, spesso di tipo qualificata. Asili nido, tempo pieno nelle scuole dove si faciliti l’integrazione tra tutti i bambini e ragazzi, sono investimenti per il futuro. C’è a ben vedere una grande domanda di servizi nella società e ancor più ce ne sarebbe se aumentasse l’occupazione femminile. Le donne che hanno un lavoro e un reddito creano altro lavoro, perché hanno bisogno di comprare tempo e molte cose che venivano fatte in casa sono ora acquistate fuori. Le infrastrutture sociali sono parte fondamentale per aiutare le famiglie a garantire a tutti, a qualunque età, una vita dignitosa. Ecco perché dovrebbero diventare una priorità per i nostri decisori politici, uomini o donne che siano



Secondo lei usciremo dalla crisi, e come ne usciremo? E le donne?


All’inizio sembrava che la crisi riguardasse di più gli uomini. L’ipotesi era basata sulla consapevolezza che i settori più colpiti fossero quelli caratterizzati da una maggiore presenza maschile, mentre quelli tipicamente femminili sembravano più al riparo. A riequilibrare la distribuzione delle sventure sono intervenute un po’ dappertutto le politiche pubbliche attraverso piani di austerità generalizzati che hanno colpito l’occupazione statale, dove per lo più sono impiegate donne, e la capacità di comprare servizi da parte delle famiglie, servizi, ancora una volta, tipicamente svolti da donne. Su inGenere abbiamo dedicato un intero dossier alla comprensione di come tutto ciò si sia realizzato in Europa.

Siamo anche scese in piazza, con SNOQ l’11 dicembre, per proporre una nostra via per uscire dalla crisi, chiedendo a tutte le forze politiche di siglare un pink new deal - un nuovo patto per lo sviluppo. Tra i tanti temi sul tappeto vorrei ricordarne alcuni.

1. Bisogna cambiare, secondo noi, l’organizzazione del lavoro introducendo più flessibilità. Finora abbiamo conosciuto solo la flessibilità “cattiva” che ha voluto dire precariato e salari bassi. Non è questa la flessibilità che fa crescere il paese. Ci vuole una flessibilità positiva, una nuova organizzazione del lavoro che guardi al prodotto e alla qualità del risultato e non alla presenza e alla fedeltà all’impresa: orari flessibili, telelavoro, part-time temporaneo e così via. Le donne non vogliono lavorare di meno, vogliono lavorare meglio. Bisogna aiutare le imprese, soprattutto le piccole imprese, a sostenere i costi di questa nuova e migliore flessibilità, con strumenti idonei.

2. Flessibilità nel lavoro quotidiano implica anche flessibilità nei tempi della vita: l’età di pensionamento dovrebbe essere resa variabile, come nel modello scandinavo, perché chi vuole possa lavorare più a lungo, tenendo conto che, guardando ai dati INPS, sono soprattutto le donne che vogliono lavorare di più per poter compensare le interruzioni lavorative. È però importante che i risparmi ottenuti lavorando più a lungo debbano andare ad alleggerire il costo del lavoro e a favorire nuova occupazione, altrimenti avremo lavoratori anziani, sfiduciati e stanchi, che sognano il riposo e giovani senza lavoro che del riposo non sanno che farsene.

3. La condivisione del lavoro all’interno della coppia è troppo sbilanciata. Una parte del lavoro può essere scaricata sul mercato o sullo Stato, ma anche gli uomini devono fare la loro parte e spesso la vogliono fare. Bisogna dare segnali forti, direi coraggiosi, che crescere figli è un compito di tutti. Il congedo di paternità obbligatorio, anche se breve, è per noi un passo obbligato in questa direzione.

Per concludere, vorrei ricordare che la crisi può essere una grande opportunità di cambiamento. Tutta la politica economica ha finora ignorato le disuguaglianze di genere e potrebbe tendere ancora di più ad ignorarle, considerando occuparsene un lusso da tempi prosperi e non di crisi.

Sta perciò a noi, come cittadine attive, pretendere che ogni amministrazione debba dichiarare che cosa vuole fare contro la disuguaglianza di genere e, soprattutto, quanto vuole spenderci; nelle politiche di tagli che ci aspettano dobbiamo sapere se le riduzioni di spese incideranno di più sulle donne che sugli uomini. Se le politiche di austerità devono essere eque, anche questa è una forma di equità.





A cura di Tiziana Bartolini



________________________________________



Non rubiamo il futuro alle giovani



Mimma Ferruzza è una mamma di 53 anni. Vive a Castellana Sicula, patria di Maria Domina e Antonietta Profita, impegnate in prima linea nelle lotte contadine degli anni '40 e '50. Mimma è stata assessora all'Ambiente, al Territorio e all'Ecologia negli anni '80 e con Nina Di Gangi, allora Vice sindaca, è stata tra le prime amministratrici del territorio madonita.



Camusso, Fornero, Marcegaglia. Che effetto ti fa vedere tre donne così in alto?


Per me è un trio più vicino alla gente che comunica bene con la gente. Le nostre tre donne parlano un linguaggio comprensibile a tutti. L'effetto di vedere tre donne ai vertici, è una cosa bellissima! La loro presenza dimostra che le donne non sono soggetti inferiori, nella fattispecie all'interno del gruppo dirigente, ma sono competenti e competitive, al pari o in certi casi superiore agli uomini.



Dei loro provvedimenti, delle loro decisioni o proposte che valutazione dai?


Vedo Camusso, che proviene dalle esperienze delle lotte e delle conquiste sociali, coerente e determinata, tenendo presente che il sociale e i deboli sono al centro di ogni scelta da fare. Marcegaglia mi sembra meno propositiva, ma non so se il mio è un pregiudizio o una mancanza di conoscenza reale di lei. Di Fornero non mi è piaciuto il pianto, comunque mi sembra sicura e determinata ma una sua valutazione mi pare ancora prematura, mentre delle altre posso esprimere una valutazione positiva. É evidente che portano avanti le loro scelte con determinazione e competenza, non scendendo mai a compromessi e dando una immagine di donne forti, sicure e reali allo stesso tempo, esse fanno la differenza con gli uomini.



Che messaggio vorresti mandare loro?


Penso che tra i loro doveri ci sia quello di pensare alle giovani generazioni, di trovare delle proposte serie e attuabili per il loro futuro perché la scarsa occupazione è un dramma. Non so come, ma credo che per il lavoro e la politica urgono soluzioni senza le quali il futuro è impossibile per tutti. Dico a loro: “Ricordatevi in ogni momento che ci sono giovani che attendono risposte concrete e di speranza! Non rubiamogli ancora il futuro e con esso il presente!”

Mirella Mascellino





Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®